Il lupo sulle Alpi: dalla petizione svizzera al paradosso italiano

Esemplare di canis lupus italicus - foto Jasef, Creative Commons License©Come dice il proverbio, "Paese che vai, usanze che trovi", sempre che non ci si imbatta in qualche eccezione, come quando si parla del lupo, della sua salvaguardia (quasi sempre "senza se e senza ma") e della necessità di tutelare un ecosistema montano in cui tutte le specie sembrano essere prese in pari considerazione tranne quella umana. E quelle che l'uomo alleva, da oltre nove millenni.

Quando si parla di lupo, e di predatori in genere, che ci si trovi in Italia o in Svizzera poco pare cambiare nella sostanza, anche se la sostanza è fatta di diversi modus operandi. E dicendi. 

Nel Canton Ticino, ad esempio, le cronache dei quotidiani son tornate in questi giorni a trattare di predatori e di danni agli allevatori, e anche lì – dove esistono regole che di tanto in tanto portano all'eliminazione di qualche selvatico di troppo  – sta prevalendo una malcelata "coscienza animalista" che – se prenderà piede – porterà più danni della grandine.

Anche lì si sta facendo largo una teoria di comodo, da noi ben conosciuta, secondo cui il contadino sarebbe incapace di custodire le proprie greggi. A dirlo sono 25mila cittadini della confederazione che, sollecitati da gruppi animalisti, hanno firmato una petizione che avrebbe due obiettivi sostanziali: obbligare gli allevatori a proteggere gli animali e garantire maggiore tolleranza ai predatori.

Secondo stime ufficiali, assai difficili da verificare, le perdite di ovini in alpeggio ammonterebbero ad oltre 4mila capi/anno, e appena duecento di esse sarebbero occorse a causa dei lupi (o delle linci), quasi sempre in greggi non protette né da filo elettrificato né da cani da guardiania.

Secondo gli "amici del lupo", la propensione ad una scarsa tutela degli animali sarebbe incoraggiata da "generose sovvenzioni da parte della Confederazione". Questa almeno la tesi suggerita dalla Psa (Protezione Svizzera degli Animali), secondo cui i predatori sarebbero unicamente il capro espiatorio senza macchia, teoria da cui muove la contestazione degli abbattimenti che in Svizzera e in casi estremi vengono effettuati (quando un lupo uccide oltre venticinque pecore in un mese o trentanove in quattro mesi).

La petizione, depositata nei giorni scorsi alla Cancelleria Federale di Berna, richiede che i contadini che non proteggono il bestiame vengano esclusi dalle sovvenzioni. Per gli alpeggi impervi e sassosi, in cui non si possano montare le recinzioni elettrificate, sarebbe invece iniziato il conto alla rovescia verso l'abbandono.

Sul fronte italiano la musica è ben altra, con un "Piano lupi" da cui trapela in tutta evidenza il compiacimento per la rapida espansione lupina, se non altro perché attorno ad essa e ai lauti finanziamenti del progetto "WolfAlp" si accalcano enti, associazioni ed esperti che sarebbero – si dice – più interessati ai fiumi di denaro elargiti che alle sorti del leggendario predatore.

A raccontare assai lucidamente l'italica situazione, giorni fa, è giunto il post "Il paradosso del lupo", sul blog del giornalista e politico valdostano Luciano Caveri (leggi qui), segnalatoci l'altroieri dagli amici dell'associazione Alte Terre.

9 novembre 2015