La Regione Sardegna ha comunicato, con una nota stampa diramata nei giorni scorsi, che la sua agenzia per la ricerca in agricoltura – Agris – si è qualificata quarta al bando dei Progetti Speciali indetto dal Mipaaf nel 2015, a cui sono stati ammessi oltre duecento lavori presentati da importanti centri universitari e di ricerca, provenienti da tutte le regioni italiane. «Si tratta», ha commentato Elisabetta Falchi, assessore all'agricoltura della Sardegna, «di un riconoscimento che premia il lavoro dei nostri genetisti che oltre ad ottenere ottimi risultati scientifici, si sono anche preoccupati di reperire, in bandi europei e nazionali, i fondi necessari per realizzare le ricerche di base e sviluppare poi le applicazioni sul campo. È esattamente questa la qualità che vogliamo nelle nostre agenzie agricole!».
"Il progetto premiato", spiega la nota, "prevede l’applicazione delle tecnologie genomiche per un ulteriore "miglioramento" della pecora di razza sarda, con l’obbiettivo di rafforzarne la competitività ed evitare la sostituzione con razze esotiche maggiormente produttive", che stanno prendendo sempre più piede nell'isola: dalle pecore Assaf e Lacon alla capra Murciana. Stando a quanto comunicato dall'Ufficio Stampa dell'ente regionale, "il gruppo di ricerca dell'Agris ha ultimato nel 2014 un consistente programma di ricerca nell'ambito europeo che ha consentito di ottenere le sequenze dell’intero genoma di ventiquattro soggetti". Per il prossimo anno, grazie anche al contributo del Mipaaf, Agris sarà in grado di sequenziarne altri, "così da fornire", spiegano gli interessati, "strumenti per la selezione della pecora sarda per la resistenza a patologie (ad esempio: paratubercolosi e maedi visna), per il contenuto in proteine del latte e altre caratteristiche utili ad aumentare il valore e la sostenibilità delle produzioni sarde".
La propensione delle istituzioni regionali ad assecondare la tendenza alle iperproduzioni giustifica un diffuso atteggiamento di chi tra gli allevatori è ormai asservito alle logiche industriali: il pastore che vende il suo latte è interessato a produrre di più, per guadagnare di più. Il loro obiettivo non è quello di produrre bene ma di produrre tanto. La forbice tra chi alleva per vendere la materia prima e chi trasforma in proprio è destinata quindi ad aumentare, anche se la tentazione di incrementare le quantità inizia ad insinuarsi anche tra chi il proprio latte lo trasforma in azienda. Per alcuni di essi, messi di fronte alle prospettive di maggiori introiti, cade persino l'attaccamento alla razza locale, che in Sardegna è questione in grado di toccare radici profonde. In pochi purtroppo sanno che pecore come le Assaf e le Lacon implicano maggiori costi di gestione (veterinaria e alimentazione), che finiscono per annullare gli evetuali incrementi del venduto.
In sostanza, quindi, oltre ai danni diretti dovuti all'invasione delle razze cosmopolite – più volte denunciata in passato dal nostro portale (leggi qui e qui) – ecco quindi che non si possono escludere quelli indiretti. Le razze iperproduttive, ben accolte negli ultimi anni in Sardegna, hanno spinto il mondo della ricerca a modificare ulteriormente una razza ovina Sarda, che sin dagli anni Trenta del secolo scorso è stata più volte soggetta al cosiddetto "miglioramento" genetico. La domanda, ancora una volta, è: come si fa a parlare di qualità se la rincorsa è sempre e comunque sulle quantità? E poi, le agenzie agricole, che tanto s'impegnano seguendo le logiche del profitto, sono pronte a lavorare sui due binari (sempre meno paralleli) di chi trasforma in proprio e di chi produce per venderelo, il latte?
11 gennaio 2016