Parmigiano di Montagna: il consorzio si ricorda che c’è

Il marchio ''Progetto Qualità - Prodotto di montagna'' messo a punto dal Consorzio di Tutela del Parmigiano ReggianoIl Parmigiano Reggiano di montagna esiste da sempre e, a differenza dei suoi simili di pianura (che negli anni hanno deviato verso una palese industrializzazione) rappresenta da sempre il vero legame che questa produzione ha con il proprio passato e con la tradizione. Ancora legato alle razze rustiche locali – la Vacca Rossa Reggiana e la Bianca Modenese – e alle buone pratiche agronomiche e zootecniche, il Parmigiano Reggiano di montagna riceve oggi, un po' a sorpresa, il riconoscimento di un Consorzio di Tutela che a dire il vero sembrava essersi dimenticato di "lui".

È accaduto infatti che, a due settimane di distanza dall'uscita di scena del suo presidente Giuseppe Alai, il consorzio abbia deciso di lanciare un "Progetto qualità" dedicato a quello che per noi è il vero "Re" del formaggio, prodotto nelle aree appenniniche modenese, reggiana, parmense e – in parte – in quella bolognese.

In questi territori, sottolinea ora il consorzio, "si concentra una produzione che si attesta oltre le 700mila forme annue su un totale di 3.300.000", cifre che evidenziano come il Parmigiano Reggiano sia il formaggio Dop in grado di vantare la più elevata produzione montana, "per un valore al consumo superiore ai 380 milioni di euro" e un volume totale di latte prodotto pari a 3,5 milioni di quintali annui destinati alla trasformazione.

«Proprio grazie a questi valori», sottolinea il direttore dell'ente di tutela, Riccardo Deserti, «le zone appenniniche delle province di Parma, Reggio Emilia, Modena e parte del bolognese hanno mantenuto un sistema agroalimentare dinamico e in grado di garantire reddito a 1.200 allevatori e attività a 102 caseifici che assicurano migliaia di posti di lavoro in aree tra le più svantaggiate proprio in termini di economia e di occupazione».

«Questo sistema, tuttavia», prosegue Deserti, «sopporta condizioni di fragilità e costi produttivi superiori, che mettono a rischio la filiera di montagna al confronto della nuova concorrenza globale». Per assicurare la possibilità di tenuta e di ulteriore sviluppo di questo sistema, il consorzio – che da anni ha ottenuto dall'Unione Europea la denominazione "Prodotto di montagna” – il Consorzio ha definito il "Progetto qualità” che, spiega Deserti, «mira a selezionare le migliori forme di Parmigiano Reggiano prodotte dai caseifici certificati e le propone al consumatore puntando ad ottenere un riscontro di valore, e quindi di reddito, andando così a colmare il gap dei maggiori costi che grava su questa produzione».

«Il progetto», insiste il direttore del consorzio, «ha assunto una rilevanza ulteriore dopo la liberalizzazione delle quote comunitarie e la crisi del latte sia a livello nazionale che internazionale, che espone proprio le produzioni di montagna al rischio di essere spazzate via da una concorrenza che, sui prodotti generici, è sicuramente avvantaggiata da costi di produzione decisamente più contenuti».

La risposta dei caseifici non si è fatta attendere: nello scorso mese di marzo già 14 caseifici hanno aderito al "Progetto Qualità" del Consorzio, assicurando a questa iniziativa un primo lotto di 100mila forme "di montagna" in grado di fregiarsi del nuovo marchio che contraddistinguerà questa produzione di punta. Queste prime forme saranno disponibili per la commercializzazione dopo una stagionatura di almeno 24 mesi, a partire dal 2017.

«È un risultato importante», sottolinea Deserti, «anche perché l'adesione al progetto comporta importanti impegni da parte dei produttori, che si traducono proprio in quel valore aggiunto che viene assicurato ai consumatori e che può generare una maggiore redditività al prodotto di montagna».

Per ottenere la certificazione, il latte trasformato deve provenire esclusivamente dagli allevamenti della montagna, le bovine debbono essere alimentate prevalentemente con erba e fieni che per oltre il 60% debbono avere un'origine locale (il rimanente 40% – o meno – dovrà provenire dalle altre aree del comprensorio di produzione del Parmigiano Reggiano), e al ventiquattresimo mese di stagionatura, ad un anno dalla prima espertizzazione (con la quale si classifica ufficialmente il prodotto come "Parmigiano Reggiano") il formaggio è oggetto di un'ulteriore selezione, con un panel d'assaggio che ne verifica l'identità sensoriale.

«L'adesione dei caseifici» – prosegue Deserti «è un chiaro indice della volontà di investire su questa differenziazione e valorizzazione, rispetto alla quale vi sono anche i primi riscontri commerciali ed economici. Alcune primarie catene distributive hanno già manifestato interesse per la vendita della produzione certificata di montagna, e il prodotto che già rientra nel percorso di certificazione del "Progetto qualità" del Consorzio nell'ultimo mese ha ricevuto un riconoscimento di 40 centesimi in più al kg rispetto alle quotazioni ordinarie, apportando un incremento di circa 3 centesimi in più sul valore di un quintale di latte".

«Si tratta», conclude il direttore del consorzio, «di una spinta in più sul reddito di produttori che già si sono visti riconoscere un nuovo valore dall'attribuzione delle quote latte da destinare a Parmigiano Reggiano dopo la cessazione del regime e che ora, in queste aree svantaggiate, possono avvalersi di una nuova opportunità rispetto ai problemi che scontano coloro che mantengono viva tanta parte dell'economia dell'Appennino tra Parma e Bologna».

Chi voglia saperne di più sul Progetto Qualità "Prodotto di Montagna" del Parmigiano Reggiano (è disponibile anche l'elenco aggiornato dei caseifici certificati) può cliccare qui.

4 aprile 2016