La nascita dell'arte casearia in Svizzera potrebbe risalire alla preistoria. È quanto hanno affermato gli archeologi della Newcastle University e dalla York University dopo i primi esiti delle analisi di frammenti di vasi in ceramica rinvenuti nel corso dell'ultima sessione di scavi effettuata in sei diversi siti dislocati sulle Alpi. I vasi risalirebbero al 1° millennio a.C. (Età del Ferro) e avrebbero in sé le stesse "firme chimiche" associate al latte riscaldato di vacche, pecore e capre, a testimonianza che qualche tecnica di caseificazione doveva essere in possesso di quelle popolazioni già allora.
"I pezzi", hanno comunicato le due università in un comunicato stampa congiunto, "sono stati ritrovati tra le rovine di edifici simili a quelli utilizzati dai contadini che ancor oggi trascorrono l'estate" sui pascoli d'alta quota delle Alpi. "Anche se non ci sono prove per la produzione di formaggio in ambienti di pianura, molto poco si sa sinora sulle origini della caseificazione in alpeggio, a causa della cattiva conservazione dei siti archeologici".
I ricercatori hanno sottolineato che "lo sviluppo della produzione di latte alpino è andato di pari passo con l'aumento della popolazione e la crescita dell'agricoltura di pianura. La pressione risultante sui pascoli della valle ha costretto gli allevatori a quote più elevate".
Decodificare la produzione dei formaggi alpini
Il padovano Francesco Carrer, ricercatore associato presso la Newcastle University, ha detto: «Ancor oggi la produzione di formaggio in un ambiente montano in alta quota richiede uno sforzo straordinario. I pastori preistorici devono aver avuto una intima conoscenza della posizione dei pascoli alpini, essere in grado di far fronte all'imprevedibilità del meteo e avere le conoscenze tecnologiche per trasformare il latte in un prodotto nutriente e conservabile».
«Oggi», ha proseguito Carrer, «siamo in grado di inquadrare la produzione di formaggio alpino in un contesto complessivo più ampio rispetto a ciò che accadeva in pianura. Ma c'è ancora da lavorare per comprendere appieno il processo preistorico di caseificazione alpina, come ad esempio se il formaggio veniva realizzato utilizzando il latte di una o di più specie, e per quanto tempo veniva lasciato maturare».
«L'attuale produzione di latte sulle Alpi», ha concluso l'archeologo padovano, «ha una dimensione multi-milionaria, in termini di euro, e un'importante tradizione culturale in alcune zone della Francia, della Svizzera e dell'Italia. I formaggi alpini, come l'Emmental, la Raclette e il Gruyere hanno una fama internazionale, grazie alle ricette secolari e ai metodi tradizionali delle loro produzioni».
La Svizzera valorizza. L'Italia dei boiardi distrugge
L'Italia non è la Svizzera, si sa, ma al di là delle ovvietà o del vedere sempre più verde l'erba del vicino, appare paradossale l'accostamento di queste due vicende: da una parte un gruppo di archeologi, tra cui un italiano, il dottor Francesco Carrer, che sulle Alpi svizzere, sanciscono un'inaspettata valorizzazione dell'antica arte casearia elvetica, contrassegnandone le origini ad un'epoca remota mai ipotizzabile prima, dall'altra il formaggio che il mondo ci invidia – il Bitto storico – che rischia di perdere il nome, schiacciato dalle "ragioni del più forte": il consorzio della Dop, una Dop nata nel 1996 e che in venti anni ha saputo calpestare la metodologia classica di produzione, abbandonando la capra Orobica e il suo latte, da sempre determinanti per segnare la qualità del vero Bitto delle origini, e aprendo senza "se" e senza "ma" ai mangimi in alpeggio (in alpeggio c'è l'erba: perché portare mangimi?) e ai fermenti selezionati in caseificio (per far riuscire vendibile ogni forma, anche quella che senza fermenti sarebbe magari "scoppiata").
A tale proposito, riceviamo e pubblichiamo una lettera-invito del presidente dell'Associazione Amici degli Alpeggi e della Montagna, Plinio Pianta, che invita la popolazione tutta e la Società Civile a partecipare all'incontro del 7 maggio a Gerola Alta per definire le azioni da intraprendere per sostenere con efficacia e forza ogni azione possibile per proteggere e salvare quel Bitto che – di sicuro figlio dei pastori del neolitico – oggi rischia l'assurda prospettiva di dover ricambiare nome.
Il Consorzio di Tutela del Fomaggio Bitto storico e l'Associazione Amici degli Alpeggi e della Montagna aspettiamo la cittadinanza tutta a Gerola Alta sabato 7 maggio, alle ore 9. Ulteriori dettagli nella lettera del Professor Pianta che qui di seguito pubblichiamo:
Sondrio, 21.04.2016
La presente per invitare la Vostra associazione ad intervenire ad un incontro riservato ad una questione che riguarda uno dei prodotti più tipici ed emblematici del nostro territorio Valtellinese: il formaggio Bitto.
Non vi è qui lo spazio per riassumere una triste vicenda che si trascina da decenni e che vede contrapporsi da un lato chi difende il valore della tradizione e della tipicità del prodotto, dall’altro chi invece sposa visioni più moderniste e pragmatiche. L’incontro, del resto, non ha tanto lo scopo di prendere posizioni per l’uno o per l’altro contendente, quanto di difendere le ragioni della giustizia, aldilà di norme e regole che, laddove del tutto discutibili come nel caso in oggetto, possono e devono esser cambiate.
Per ragioni che verranno spiegate nell’incontro, queste norme e regole impediscono in questo momento ai produttori del Bitto storico, coloro che producono il formaggio negli alpeggi della zona di origine (Valli di Gerola e di Albaredo) secondo le antiche consuetudini, di chiamare con il nome Bitto il proprio prodotto. Ciò rappresenta un tradimento della storia, uno sfregio alla giustizia e un insulto per chi, rinunciando alle molte comodità offerte dalle tecnologie, si sottopone a fatiche e oneri aggiuntivi per conservare una risorsa straordinaria per il territorio Valtellinese, di cui beneficia l’intera economia locale.
Le istituzioni pubbliche preposte alla questione hanno dimostrato incapacità o mancanza di volontà nell’affrontare e risolvere il problema. Sono stati raggiunti in passato degli accordi, rivelatisi però poi sempre deludenti o fallimentari.
Come associazione che ha nel proprio mandato statutario la difesa e valorizzazione degli alpeggi e della montagna ci sentiamo in dovere di denunciare questa situazione e richiedere con fermezza alle istituzioni di trovare una via d’uscita, nell’interesse di tutta la comunità Valtellinese. L’incontro cui siete invitati ha lo scopo di verificare la possibilità di un’ampia aggregazione tra le realtà culturali e sociali che condividono un forte legame con il territorio, onestà intellettuale e desiderio di giustizia.
L’incontro si terrà sabato 7 maggio, a partire dalle ore 9, presso la casera del Bitto di Gerola, secondo il seguente programma:
– Ore 9: ritrovo alla Casera di Gerola
– Illustrazione della questione Bitto
– Visita alla Casera
– Confronto su possibili azioni comuni
– Pranzo Valtellinese (costo 25 €)
Per ragioni organizzative occorre sapere chi si ferma al pranzo. Gli interessati sono pregati di dare comunicazione al presente indirizzo mail.
Ringraziando per l’attenzione e in attesa di incontraci, cogliamo l’occasione per porgere i nostri più cordiali saluti.
Associazione Amici degli Alpeggi e della Montagna
Il Presidente
Plinio Pianta
2 maggio 2016