Una manifestazione zootecnica come tante altre in Sardegna – importante per l'economia rurale – ha dato vita ad una grossa polemica e ad una forte contrapposizione tra i pastori, sostenuti dal sindaco di Berchidda, e i servizi veterinari pubblici, dietro ai quali si manifestano le volontà dell'amministrazione regionale. Ancora una volta, il motivo del contendere è stato quello della lingua blu, attorno alle cui vicende già nei mesi scorsi si era registrata una forte divergenza tra gli intenti impositivi delle autorità amministrative e la richiesta di autodeterminazione di un'ampia rappresentanza del mondo agropastorale.
La vicenda, che a detta delle autorità sanitarie è deflagrata per nuovo un focolaio virale di blue tongue, ha portato al blocco della movimentazione degli ovini in un raggio di quattro chilometri, cogliendo impreparati tutti, ivi incluso Andrea Nieddu, sindaco del paese. Il primo cittadino, nel pieno di una manifestazione con duecentocinquanta capi e almeno cento persone presenti, per logico buonsenso, ha rifiutato l'ordine perentorio giunto da Cagliari, adducendo concreti motivi di ordine pubblico.
L'intera vicenda, ricostruita dalla Asl di Olbia attraverso il quotidiano web Sassari Notizie (leggi qui l'articolo "Polemiche fiera ovini a Berchidda: le precisazioni della Asl di Olbia") manifesta l'incapacità (o la mancanza di volontà) delle autorità competenti ad instaurare un dialogo ed il necessario confronto con gli allevatori.
A dimostrare la giusta sensibilità per questo – che è il punto cruciale della questione – emerge la Cia (Confederazione Italiana Allevatori) provinciale di Sassari, che ha definito "uno spettacolo indecoroso" quello registrato in occasione di "una fiera di grande prestigio per il settore zootecnico". L'associazione ha prontamente fatto proprie le istanze degli allevatori, lamentando "un eccesso di zelo da parte del servizio sanitario". In occasione della manifestazione, gli allevatori hanno osservato tutte le profilassi vaccinali previste dalla sanità animale per la movimentazione del bestiame, investendo risorse economiche per la preparazione degli animali, nella prospettiva di effettuare le proprie vendite, in fiera.
"A causa di questo scossone", hanno commentato gli allevatori, che sono pronti a intraprendere le vie legali, "abbiamo subìto danni per decine di migliaia di euro". Interpellati in merito, molti degli interessati hanno reiterato i loro legittimi dubbi sul "perché ci si ostini a cercare la malattia a tutti i costi, anche laddove ci sono allevatori virtuosi che rispettano tutte le regole".
A detta di Giovanni Canu, presidente della Cia di Sassari, «attorno alla questione della blue tongue si è creato un vero e proprio ingorgo burocratico e amministrativo, che limita la movimentazione degli animali, con conseguenze disastrose per la stessa economia agro-zootecnica». «Dal canto nostro», ha proseguito Canu, «crediamo che sia il caso di rivedere certe restrizioni sanitarie eccessive, essendo nostra impressione che tali misure tendano a tutelare non tanto la sanità degli animali quanto il potere burocratico di chi le applica, provocando attriti tra il mondo imprenditoriale e il mondo veterinario».
Mentre nessuna misura è stata adottata per combattere il culicoide – insetto vettore responsabile della malattia – c'è da rilevare che il contagio non avviene tramite contatto diretto tra gli animali bensì a causa della puntura di questa piccola zanzara. A detta degli esperti della Cia di Sassari "esistono metodi ambientali eco-compatibili, messi a punto dal Dipartimento di Entomologia della Facoltà di Agraria di Sassari e che consistono nella semplice disinfestazione delle aree maggiormente a rischio presenti nelle aziende". Adottando questi metodi di lotta, si dà la possibilità all'allevatore di combattere la malattia nella propria azienda con un enorme risparmio di risorse pubbliche.
«Dal canto nostro», prosegue il presidente della Cia, «chiediamo di modificare questi vincoli sanitari che tendono ad ingessare un settore già provato da altri problemi strutturali ed economici. Ci rivolgiamo quindi all'Assessore alla Sanità, che giorno dopo giorno continua a legittimare questo stato di cose e queste condizioni che si prestano a devianze non di poco conto, confondendo spesso l'uso con l'abuso».
«La valutazione del rischio», secondo Canu, «appare spesso esagerata rispetto alla reale situazione di pericolo, sopratutto se a ciò si affianca una propaganda mediatica che produce una determinata reazione di paura nel cittadino, in modo che questa appaia essere la ragione delle misure preventive che si desidera far accettare». «Detto ciò», conclude Canu, «ci preme ribadire che la Blue Tongue non è una patologia trasmissibile all'uomo ma una malattia come tante altre con la quale dobbiamo imparare a convivere, come succede in molti Paesi del mondo in cui ormai è considerata endemica».
13 maggio 2016