È proprio vero: il lupo perde il pelo ma non il vizio. All'epoca in cui lo notammo per la prima volta – era l'ottobre del 2013 – il personaggio indossava un grembiule del'"Associazione Produttori Valli del Bitto". Ci colpirono due particolari: una faccia mai vista prima tra i componenti di quel sodalizio (e sì che i ribelli del Bitto storico li conosciamo tutti dal 2003!) e il fatto che stesse servendo del Bitto Dop, il Bitto che prima del Consorzio CTCB non esisteva neanche, quello fatto in alpeggio ma con facoltà di usare i mangimi, quello che non disdegna i fermenti in caldaia e che se ne frega di utilizzare il latte di capra Orobica, che nella ricetta originale è obbligatorio.
Insomma, due mondi in antitesi che mai potranno convivere o che per meglio dire da due decenni sono in guerra tra loro. La Dop è la brutta copia dello "Storico" – attorno a cui Slow Food ha costruito il proprio Presidio più prestigioso – e questo i nostri lettori ben lo sanno, e il personaggio di questa brutta storia ha evidentemente i piedi in due staffe. O, ancor peggio, ama giocare sull'equivoco.
Fabrizio Innocenti (qui nella foto), questo il nome della persona di cui stiamo parlando, di mestiere fa il commerciante di prodotti dell'enogastronomia valtellinese, e già che c'è invecchia vino e stagiona salumi e formaggi nelle cantine del proprio punto vendita di Ardenno, tra Morbegno e Sondrio. Il punto vendita, denominato "Cantine Innocenti" ha un proprio sito web, da cui negli ultimi mesi (di certo erano presenti sino all'ottobre del 2014) sono scomparsi sia il Bitto Dop che lo "Storico".
L'esperto non può non sapere
È evidente che un rivenditore che da decenni vive e lavora nel settore delle produzioni agroalimentari conosca passo per passo le vicende del proprio settore e della propria zona, che ben sappia delle (enormi) differenze e che non possa e non debba cadere in errore. Altri – molti altri – al suo posto, se vendessero l'uno e l'altro, ci terrebbero a precisare e distinguere. Un professionista del settore lo sa quanto differenti siano un formaggio da un altro, soprattutto se in alpeggio gli animali si nutrono (anche) a mangimi o solo ad erba, se in caldaia si usano o meno i maledetti fermenti che appiattiscono il gusto e cancellano la biodiversità, e infine se il latte di capra diventa un optional che non sta a cuore (quasi) più a nessuno, nel novero della Dop. Latte di capra che invece è decisivo per i produttori dello "Storico", sia dal punto di vista del gusto che della longevità del formaggio. E lo sa che uno di quei prodotti è Presidio Slow Food (un'appartenenza inscindibile, è evidente!) e che è tale solo se esce dalle cantine del centro del Bitto, a Gerola Alta.
Un professionista sa. Deve sapere. E se sa e mischia, se sa e confonde, se sa e induce in errore, è qualcos'altro: è un personaggio, per l'appunto. Un personaggio presenzia alle manifestazioni commerciali esponendo pannelli dedicati al Bitto della Valgerola e affettando lì di fianco Bitto Dop. Un personaggio che le forme le acquista direttamente in alpeggio dai produttori che forniscono il Centro del Bitto, unica casera in cui la severissima selezione delle forme porta ad ottenere formaggi di prima scelta (che vanno in lunga stagionatura), di seconda scelta e di terza scelta. Solo i primi vengono stagionati anche quindici e più anni, costano il giusto (la gente che non sa dice che costano cari, ndr) e possono fregiarsi della denominazione "Storico". Dalla seconda e terza scelta (ottimi formaggi, tagliati e porzionati) chi li cura e seleziona con maniacale attenzione riesce a malapena a recuperare i costi. Perché lo scarto è tanto e incide enormemente sul prezzo. Solo là, solo nella Casera del Centro del Bitto di Gerola Alta nascono le forme di "Storico". Non altrove. I formaggi acquistati in alpe e stagionati altrove sono e saranno sempre e solo dei "Grasso d'Alpe" e nulla più. E questo un professionista del settore non può non saperlo.
Quella pagina web scomparsa ma non troppo
Ed è proprio lo scarto che vediamo nelle forme aperte dall'Innocenti (evidenziato qui nelle foto) quello che più ci ha insospettito e ci indigna. Come si può proporre al pubblico un formaggio i cui difetti estetici hanno piena corrispondenza con i difetti gustativi? Perché proporre al pubblico una cosa per un'altra? Perché parlare di "Storico" e guardarsi bene ora dallo scriverlo? Perché mai alla pagina web di Cantine Innocenti una volta dedicata al Bitto storico (url: www. cantineinnocenti. net /it /bitto-storico-della-valtellina– p-27 .php) oggi troviamo il titolo "Formaggio Grasso d'Alpe" (le due immagini a confronto sono in calce all'articolo, ma chi voglia vedere sul web cosa c'era a quell'indirizzo sino all'ottobre del 2014 può cliccare qui)?
Bene, anzi male. Male perché raccontare alla propria clientela che gli stagionatori di Bitto storico sono tre (Centro del Bitto a Gerola Alta; Fratelli Ciaponi a Morbegno e Cantine Innocenti ad Ardenno) non corrisponde a verità. Il Bitto storico (ora semplicemente "Storico", leggi qui) è solo e soltanto quello che esce dal Centro del Bitto di Gerola Alta, unica struttura che opera la più severa selezione per ottenere il massimo che quella realtà può e deve ottenere. Ed è quello legato inscindibilmente all'omonimo Presidio Slow Food. Per portare a compimento nel migliore dei modi ciò che i Ribelli del Bitto fanno, nel massimo rigore e nel totale rispetto delle regole secolari di produzione. Per non scalfire ciò che merita la loro realtà, per i valori assoluti che solo il loro operato racchiude in sé e che fa di quel formaggio un formaggio unico: "il" formaggio allo stato dell'arte.
"Storico" a parole, non in fattura
All'Innocenti ci riferimmo di sfuggita e senza nominarlo, due anni fa, in un articolo che già allora trattava delle prime avvisaglie di un mercato grigio in cui i fischi vengono proposti per fiaschi. Anche allora accadeva qualcosa di simile (leggi e guarda le foto, qui): grembiule "Valli del Bitto" e forme di Bitto Dop. E non è un caso se torniamo oggi ad occuparcene: lo spunto di attualità ce lo fornisce un'iniziativa dell'AIS dell'Umbria tenutasi l'8 di maggio a Corciano (Perugia) e intitolata "L'ombra e il sole della Valtellina" di cui siamo venuti a conoscenza purtroppo solo nei giorni scorsi. A colpirci, il sottotitolo dell'evento, riferito al Bitto storico ("Verticale di Bitto Storico con i vini della Valtellina") in quanto le foto circolate per l'occasione palesavano la presenza di formaggi non riconducibili a quella realtà, per i troppi e palesi difetti.
Contattati da noi per le necessarie delucidazioni, i responsabili del'AIS Umbria ci informavano che il formaggio in degustazione in quella serata (annate 2015, 2011, 2005 e 2001) era stato acquistato da Cantine Innocenti come Bitto storico (qui la totale prova della buonafede degli amici dell'AIS, associazione che mesi fa ha visitato le Cantine Innocenti con la sua delegazione del Piemonte), fatto salvo poi di trovare indicato in fattura solamente "Bitto", seguito dal nome dell'alpeggio e dall'annata (per tre dei formaggi in degustazione) e persino "Grasso d'alpe", anch'esso con il nome dell'alpeggio e l'annata (il quarto). Non ci rimaneva che contattare i responsabili del Centro del Bitto, che ci confermavano di non aver più fornito negli ultimi sei anni Bitto storico a Cantine Innocenti e di sapere che quello stagionatore, come peraltro il Ciaponi di Morbegno continuano ad acquistare formaggi (Grasso d'Alpe) sugli alpeggi e che non avrebbero assolutamente titolo per venderlo (a loro detta) neanche come Bitto "comune" (andrebbe venduto appunto come Grasso d'Alpe).
Una vicenda eloquente per ribadire ai nostri lettori di aprire bene gli occhi e di non essere mai troppo disponibili a credere a tutto quel che si dice in giro, soprattutto quando si ha a che fare con prodotti in qualche modo "di tendenza". Certo, chi vende "fischi per fiaschi" è passibile di pesanti sanzioni (se gli enti di controllo controllassero, e finirà che "se" qualcuno "li manda", quelli andranno, ndr).
Occhio ai furbetti, ma anche alla legge
Ai "furbetti del formaggino" (e ce ne sono più di quel che si possa credere) un consiglio vogliamo ancora darlo: fate attenzione, che a vendere per Bitto del comune Grasso d'Alpe (PAT, Prodotto Agroalimentare Tradizionale) acquistandolo dai produttori fuoriusciti dalla Dop (i "Ribelli del Bitto") si incorre nelle sanzioni (precedute da diffida) di cui al Decreto Legislativo n. 297/2004 pubblicato in G.U. il 15.12.2004 e inerente le sanzioni di carattere amministrativo per le violazioni connesse alla vendita di prodotti tutelati da Dop e Igp. Vediamo quindi cosa dice la legge: "Chiunque impiega commercialmente direttamente o indirettamente una "denominazione protetta" (Dop, Igp) o il segno distintivo o il marchio registrati per i prodotti "compatibili"(appartenenti alla stesso tipo; ad esempio: olio, vino etc.) ma non in possesso di denominazione (marchio) per mancato controllo della struttura di controllo autorizzata dal Ministero delle politiche agricole è punito con una sanzione pecuniaria dai tremila ai ventimila euro".
Il ruolo del CTCB
Perché allora il Consorzio CTCB (che tutela il Casera e il Bitto Dop) non segnala queste violazioni? Perché non tutela la Dop come sarebbe obbligato a fare? Interpellato da noi su queste tematiche, Michele Corti, esperto ruralista e autore del blog Ruralpini.it, esprime fuori dai denti il suo pensiero: «Viene da credere che nel caso del Bitto, come per tante altre cose in Italia, la legge valga solo se sei "amico" o "nemico" delle lobby». «Ho visto anch'io questa documentazione fotografica, e devo dire che si tratta palesemente di finti "Bitto storico" che – basta vedere le forme – sono un insulto a quelle vere».
«Solo al Centro del Bitto», prosegue Corti, «si fa la selezione della prima, seconda e terza scelta e le forme che sono state danneggiate – dall'acaro o per altri motivi – vengono aperte a tempo debito e trasformate in "caröoi" in pezzetti messi in vendita in apposita confezione, come le fabbriche di biscotti ai loro spacci mettono in vendita i "rotti". Questa è la serietà richiesta quando si maneggia un nobile prodotto come lo "Storico"».
«Vedere il colore e le "carie" del prodotto proposto in degustazione dall'AIS Umbria e fornito dalle "Cantine Innocenti"», sottolinea l'esperto, «fa male al cuore agli appassionati. È una denigrazione dell'immagine dello "Storico"».
«Alle Cantine Innocenti», conclude Corti, «consiglierei di non scherzare con il fuoco. La diffida per contravvenzione delle norme di protezione delle Dop dovrebbe arrivare d'ufficio a questo negoziante. Fossi in lui non mi presterei ai giochi pericolosi orditi dai burattinai e, in ogni caso, non insisterei a voler trattare qualcosa di troppo grande per un commerciante qualsiasi. Se proprio vuole dilettarsi con un "grande formaggio", il signor Innocenti, continui a farlo con la maxi forma della Latteria di Delebio che campeggia nel sito web della sua azienda, fotografata con lui all'interno del suo negozio».
13 giugno 2016