La Sicilia del latte ovino lavora sottocosto e si prepara al fermo

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Sarà la cittadina di Valguarnera Caropepe, in provincia di Enna, ad ospitare sabato 12 novembre la protesta dell’Ups (Unione Pastori Siciliani) che arriveranno da tutta la Sicilia per manifestare contro il crollo del prezzo del latte, distribuendo gratuitamente alla cittadinanza i propri prodotti ed esponendo i motivi della loro protesta, primo tra tutti il braccio di ferro che l’industria di trasformazione sta imponendo oltre ogni limite di sopportazione.

La manifestazione è stata indetta dopo una serie di incontri tenutisi in vari centri della provincia di Trapani dalle diverse delegazioni che aderiscono all’Ups. A spiegare le loro istanze è Enzo Indelicato, vice presidente dell’Unione: «Il costo di produzione di un litro di latte ovino in questo periodo è superiore ad 80 centesimi di euro, ma i caseifici lo pagano 75 centesimi, riducendoci in ginocchio. Il blocco del latte si protrarrà almeno fino al 16 novembre». Per quella data, se non sarà trovato un accordo, gli allevatori annunciano di voler scendere in corteo a Palermo. “A mettere in ginocchio il settore”, spiega una nota dell’Ansa che appare quantomeno un poco parziale, “è stata la siccità dei mesi scorsi”. Come se non fosse vero che il latte che viene trasformato nei caseifici dell’isola è in larga parte di provenienza estera.

In questo senso la misura che dal 2017 renderà obbligatoria l’indicazione di origine della materia prima pare non tranquillizzare nessuno degli attori del sistema produttivo siciliano. Secondo Alessandro Chiarelli, presidente regionale della Coldiretti, «agli allevatori siciliani devono andare almeno 93 centesimi», per avvicinare il mercato dell’isola a quello del nord Italia, visto che al produttore siciliano sono andati in media 64 centesimi di euro contro l’euro del Nord Italia. È una disparità che va eliminata con un intervento deciso dell’assessore dell’agricoltura e l’istituzione di un tavolo che premi la qualità». Di quale qualità parli Chiarelli non è dato sapere, dal momento che il pascolamento è praticato solo in alcuni mesi dell’anno e i mangimi arrivano spesso da altre regioni, anche del nord Italia, a prezzi che non possono non aggravare i costi di produzione.

Secondo stime di Coldiretti Sicilia, inoltre, nel 2015 la già elevata importazione di latte e formaggi nell’isola è aumentata del 5% rispetto all’anno precedente. Ma la spinta che starebbe aggravando una situazione già da tempo critica sta, a detta di molti, nel ruolo di una Gdo che attua politiche di prezzo sempre più spregiudicate, senza il benché minimo interesse a diversificare la proposta ed evidenziare né il prodotto realmente locale né tantomeno quello di una residuale zootecnia estensiva.

Sulle prospettive per il comparto, una prospettiva auspicabile la delinea il presidente dell’Ups Paolo Centonze, intervistato a tale proposito dalla Gazzetta del Sud: «Senza un accordo, c’è un solo futuro possibile: riaprire noi stessi i piccoli caseifici aziendali e chiudere la filiera. Vent’anni fa ognuno di noi produceva ricotta e formaggi e il settore (in un mercato però ben diverso, ndr) non conosceva crisi».

7 novembre 2016

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