Tira e molla, tira e molla, dopo aver scatenato a settembre polemiche indecenti con le sue considerazioni gratuite sul turismo in Sardegna – che erano arrivate ad offendere non pochi pastori sardi – Flavio Briatore ha salvato la pastorizia sarda dall'ecatombe. Anzi no, avrebbe fatto tutto il possibile per aiutare i pastori sardi a risolvere l'annoso problema del prezzo del latte. E di quello del formaggio. Ma anche degli agnelli e della lana. O per dirla com'è più probabilmente andata, è riuscito a far vendere del formaggio a qualche negozio di lusso della Costa Smeralda, che però adesso – come il Billionaire – è chiuso per ferie. E riaprirà nel prossimo mese di giugno.
Insomma, la faccenda è nota a tutti o forse anche a nessuno: come tutte le volte che i giornali (tanti, tantissimi) hanno parlato di qualcosa che ha fatto o detto Briatore, in pochi hanno capito cosa davvero sia accaduto (c'è da comprenderli: non dev'essere facile), cos'altro avrebbe potuto avverarsi, e distinguere tutto questo dalle fantasie. Fatto sta che i giornali ne hanno parlato, i telegiornali pure, e che – visto che ne hanno parlato – vuol dire una cosa sola, di sicuro. Che i pastori esistono ancora e che hanno mille e più problemi. E anche e soprattutto che esiste un Briatore, ammesso che questo possa interessare qualcuno.
Scherzi a parte, di tutte le cronache lette, nessuna somiglia veramente a un'altra, ed è questo il primo elemento di grande interesse, vale a dire che – se è vero com'è vero – sono i pastori sardi sono con il culo per terra (scusate il francesismo, ndr), è altrettanto verosimile che il self made man di Verzuolo, in provincia di Cuneo, non ha neanche coinvolto il suo ufficio stampa per gestire l'operazione. Dopotutto – e lui a qualcuno lo ha anche detto – "questo per me non è un business ma un'aiuto ad un mondo in difficoltà" e "il latte finisce in mano ai trasformatori, che sono due, in monopolio". O se volete anche in oligopolio, che poi più o meno a certe latitudini può anche sembra la stessa cosa.
Un'azione estemporanea quindi, a quanto pare, che più che altro è sembrata operata come per riparare alla gaffe scatenata poco più di un mese prima, quando – esprimendosi sulla presunta incapacità dei sardi di dedicarsi al turismo – il brillante imprenditore ebbe a riferirsi al mestiere del pastore con toni assai poco felici.
"Vabbé, la gente dopo poco dimentica" si sarà detto il buon Flavio: meglio agire ora che poi. Ed ecco fatto che il viaggio verso Bitti (dov'è andato a incontrare alcuni pastori di Bitti, e alcuni responsabili di cooperative di trasformazione) viene tradotto dapprima in un'ovazione di speranze, poi con i toni dell'attesa (qui e qui) ed infine con articoli che osano trionfare del nulla. Mentre altri sparano all'impazzata, i più sensati sembrano essere siti web come – udite udite – GenteVip e BlastingNews.
In sostanza, concludendo, ancora un bel niente nel concreto, con la sensazione che nulla accadrà se non a chiacchiere ("bisogna creare un marchio unico e riconoscibile, anzi un brand, come la Nutella", avrebbe sentenziato l'illustre uomo d'affari): il pecorino sarebbe sbarcato in alcuni negozi della Corsa Smeralda e si starebbe preparando ad incontrare – solo per chi se lo può permettere – lo champagne. Per gli altri, qualche bollicina a caso, giusto per far finta almeno per un giorno, come accade ai pastori – di essere diventati ricchi di quel poco che si ha, ancora una volta e chissà ancora per quanto.
Se tanto mi da tanto, siamo alla frutta. Anche perché sul campo del fare – ovvero di quelli che davvero dovrebbero fare – il progetto dell'Organismo Interprofessionale pare non piacere più a Coldiretti, che pur non esimendosi dal poter essere criticata (e non poco, ndr) mercoledì scorso ha pensato bene di lanciare il suo atto d'accusa verso l'Amministrazione Regionale della Sardegna. Ma quella è un'altra storia, con i piedi per terra, e la potete trovare qui.
7 novembre 2016