Corti risponde a Taricco sui diritti del lupo (e dell’uomo)

Michele Corti intento a parlare ad una capra

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, una interessante lettera aperta del professor Michele Corti, inviata in risposta delle affermazioni dell’assessore all’agricoltura della Regione Piemonte Mino Taricco sulla questione dei lupi. Per fortuna c’è chi ci ricorda che più a rischio del lupo, c’è l’uomo, la sua presenza, il suo presidio e il suo diritto a vivere in montagna e a perpetrare il lavoro che là ha svolto da sempre: quello di allevatore e produttore di formaggi.

Caro Mariotti,
ho preso atto con piacere di un vivace dibattito sul vostro giornale sul tema lupo, con prese di posizione politiche cui non è certo estraneo l’approssimarsi della scadenza elettorale, e vi intervengo volentieri. Innanzitutto ritengo che sia un bene che il lupo sia tema politico ed elettorale. Giova solo al Wwf lasciare che della faccenda si occupino gli “esperti” (di parte). Ma il lupo non è solo “affare loro” ma affare di chi vive in montagna e della montagna e di tutti coloro che credono che le Alpi non debbano essere consegnate all’utopia regressiva della wilderness.

Detto questo, sono rimasto negativamente colpito dalla “frenata” dell’assessore Taricco rispetto al problema degli abbattimenti selettivi chesti a gran voce non solo dai pastori ma anche dagli amministratori locali.

La Regione si trincera dietro i “regolamenti comunitari”, la “protezione assoluta di cui gode il lupo” e ritorna sulla manfrina della “prevenzione”. L’assessore Taricco dovrebbe mostrare più onestà e coraggio politico  e dire che non se la sente di affrontare la burocrazia del ministero romano dell’ambiente, l’intrico delle normative e… di rischiare di perdere voti animalisti alle prossime elezioni. Va detto che anche il centro-destra in Piemonte e altrove alterna atteggiamenti pro montanari e pro pastori ad ambigue “lisciate di pelo” all’ambientalismo urbano. Diverso il caso di Cuneo dove anche gli amministratori provinciali hanno assunto spesso posizioni chiare sul problema.
 
Ma veniamo al nocciolo del problema.

Taricco sostiene che vi è una “protezione assoluta” del lupo. Ma allora come mai in Svizzera paese civile, con capitale quella Berna dove è stata firmata la Convenzione che lo protegge, applica una “strategia lupo” che prevede che alla trentesima pecora sbranata il lupo sia abbattuto? Pam! Ma quali densità particolari, monitoraggi, consulenze per centinaia di migliaia di €. Qualche anno fa la “soglia” era di 50 pecore ed è stata abbassata. In Svizzera i pastori sono considerati e rispettati, mica come in Italia. E la Svezia? È un paese cui è non è certo lecito impartire lezioni di ambientalismo, ma in materia di lupo cosa fa? Intanto da anni sulle montagne tra Svezia e Norvegia i lupi si abbattono regolarmente (e non uno o due…). Ora il Parlamento di quel paese ha deciso di aprire (ovviamente in modo molto mirato) la caccia al carnivoro, constato che la sua presenza si sta facendo più invadente anche in aree sub-urbane. La convenzione di Berna vale anche per essa o no? Se vi fosse quella “protezione assoluta” messa avanti da Taricco potrebbero gli svedesi, come hanno già fatto, decidere quanti capi abbattere nei prossimi anni (si parla di oltre 200)?


È bene quindi che sulla “protezione assoluta” si faccia chiarezza. Un conto è la Convenzione un conto le “Strategie di gestione” a livello europeo e nazionale. E’ evidente che le strategie nazionali non sono uguali.  Il fatto è che alcuni paesi si sono lasciati condizionare maggiormente dalle linee guida stese dagli organismi  permanenti della Convenzione e dai gruppi di lavoro manovrati dal Wwf attraverso proprie Ong costituite da accademici, “esperti”  e… rappresentanti del Wwf stesso. Gli stati e le regioni meno “attente” finiscono per scambiare per  “leggi ferree” linee guida di carattere tecnico  che in origine sono solo frutto di indicazioni di “esperti” (di parte). Esse sono state poi legittimate a posteriori da organismi  politici disattenti o ignavi, a loro volta condizionati dalle teste di ponte ambientaliste nelle burocrazie ministeriali e regionali. Passando dalle linee guida internazionali a quelle nazionali e, infine, alla loro applicazione regionale i meccanismi di garanzia del lupo si sono fatti più rigidi e vischiosi. Questa è la complessa realtà del problema. È colpa della politica se la protezione dei grandi carnivori, si è rafforzata anche di fronte all’evidenza della crescita delle popolazioni  e del loro impatto sociale. In ogni caso essa, se vuole, può sempre recuperare sovranità. Basta nascondersi dietro un dito. 


Un cordiale saluto,



Prof. Michele Corti

Docente di sistemi zootecnici e pastorali montani Università di Milano


vice-presidente Associazione amici degli alpeggi e della montagna

18 gennaio 2010