Parmigiano di montagna: l’attacco arriva dal Governo

Tra i tanti guai introdotti dalla legge Finanziaria, quello portato alle produzioni di montagna rischia di rivelarsi letale. È quanto emerso nel corso delle recenti assemblee che la Cia (Confederazione Italiana Agricoltori) ha tenuto nei giorni scorsi nell’area di produzione del Parmigiano-Reggiano , e in cui i responsabili del sindacato agricolo hanno puntato il dito contro la riclassificazione dei comuni montani, che per rimanere tali dovranno avere almeno i tre quarti del territorio situati a 600 o più metri sul livello del mare.

E proprio in una delle provincia maggiormente vocate alla produzione di Parmigiano-Reggiano di montagna – quella di Modena – la gran parte della aziende sopra quella quota vedono decadere il loro diritto ad ottenere risorse economiche e agevolazioni sinora risultate vitali.

La notizia, per quanto di per sé grave, fa il paio con il recente conteggio delle perdite a cui il sistema del Parmigiano-Reggiano deve far fronte, e che dimostra come per ogni chilogrammo di formaggio immesso sul mercato ad un anno dalla produzione la perdita oscilli tra 1,59 (per le aziende di pianura) e 2,78 Euro (aziende di montagna).

L’ultima “ricetta” per uscire dalla crisi, poi, da poco studiata dal Consiglio Provinciale di Parma coinvolgendo buona parte del mondo produttivo, prevede – tra le altre misure – l’adeguamento dei livelli produttivi le reali richieste del mercato.

In questo gioco al massacro, c’è da prevedere che, “grazie” anche alle scellerate scelte del Governo in materia di riclassificazione dei comuni montani, a rimanere in piedi saranno, ancora una volta, i caseifici più strutturati e dinamici, certamente più elastici nell’adeguarsi ai mutamenti del mercato. Manco a farlo apposta tutti caseifici di pianura.

Che sia un caso o una strategia industrialista che si compie, il cosiddetto “re dei formaggi” ne verrà a perdere ancora una volta in termini di prestigio. E di sostanza

10 febbraio 2010