Con Ruralpini alla riscoperta dei tesori caseari lariani

Il “paesone” di Garzeno, in Valle Albano, nel comasco, conserva dei piccoli gioielli caseari, che ancora una volta, il professor Michele Corti riscopre e rilancia attraverso il suo interessante sito ruralpini.it. Stavolta è innanzitutto il turno dei formaggi caprini, e il comprensorio è di una bellezza fuori dal comune , a strapiombo sul Lago di Como, circondato dalle morbide alture e dai pratoni a pascolo che caratterizzano la zona.

Alpe Sumero (Cremia) : il gregge di capre Lariane (ceppo di Alpina comune) si avvia al pascolo serale alle falde del Monte Bregagno (vista sul Lago di Como)Una zona che produce formaggi artigianali che a guardar bene non sono solo di capra (anche vaccini e misti) ma in cui è il prodotto caprino a caratterizzare di più il luogo. Un prodotto mai sufficientemente sostenuto e promosso dagli enti locali verso una valorizzazione fattiva.

Formaggi quindi grandi nella qualità e “piccoli” nelle dimensioni produttive, destinati oltre che ad un consumo locale, a premiare quei rari e stoici intenditori che arrivano sin qua (in genere dalla regione stessa) per godersi, oltre che una formidabile passeggiata, anche queste meraviglie casearie.

A lanciarli verso un pubblico più ampio non riuscì (non che lo volesse) neanche il compianto Luigi Veronelli che ne parlò con toni enfatici già nel lontano 1968 (e lo stesso Corti ce lo rammenta nel suo pezzo), sottolineando come “negli alpeggi comunali si producono formaggi grassi e magri sia bovini sia caprini, tali – e soprattutto i caprini – che, fossero in Francia, avrebbero fama, e commercio, mondiali”.

La notizia, quindi, in questa apparente non-notizia, sta proprio nel fatto che oggi (in questa povera Italia-che-va-sempre-di-corsa, e in cui se non fai promozione e non ti abbassi verso il mercato in genere chiudi) questi formaggi ancora esistano, o meglio resistano, nonostante non abbiano sfondato (per loro fortuna) sul fronte del grande pubblico.

Con  Milano a un tiro di schioppo e la primavera finalmente arrivata, con le città che non offrono più quasi nulla di buono che non si possa fare anche in un giorno feriale, la proposta contenuta implicitamente nel pezzo di Corti è quella di muoversi verso prodotti, culture e gente che ripagheranno i visitatori con la loro semplicità e i grandi insegnamenti (gastronomici, ecologici e talvolta filosofici) che sapranno naturalmente dare.

Il racconto di Corti presenta dapprima i formaggi da latte misto, dal “Basciarino” (prende il nome dalle casere di stagionatura della Valle del Liro), al cosiddetto “Lariano d’alpe grasso” o semigrasso che i grassi li ha buoni (polinsaturi) in quanto, a dispetto del nome, è un formaggio che arriva dai pascoli alti. E poi lo Zìgher, consimile della leggendaria Maschèrpa stagionata (ricotta grassa) derivante dalla lavorazione del vero Bitto della tradizione. Tanto lo Zìgher quanto la Maschèrpa è ottenuto da un siero molto ricco di grasso e proteine, in cui il casaro aggiunge – prima della caseificazione e al fine di migliorarne resa e qualità – un bel secchio di latte (di capra intero), tanto per “gradire”.

Ma la parte più gustosa del racconto, e della visita in queste montagne (per chi la farà) è quella che riguarda la produzione caprina della zona, e in particolare di Livo e Garzeno (abitati con poche anime, in cui la popolazione caprina ha spesso superato il migliaio di capi), paesi caratterizzati dalla vista di pascoli brulicanti di capre locali e a rischio di estinzione (Lariane, Nera di Verzasca, ndr) e in cui vengono ancora prodotti – oggi come un tempo – quei formaggini di capra che seppero conquistare un palato esigente come quello di Veronelli.

Si tratta di formaggini presamico-lattici (con coagulazione di qualche ora, ovvero ben più lunga della mezz’ora canonica) che possono anche superare i due etti di peso e subire una discreta stagionatura. La crosta può essere ricoperta dal caratteristico oidium lactis, e presentarsi quindi naturalmente fiorita, mentre il sottocrosta risulta tendenzialmente fondente per via del processo proteolitico.

“Lo scalzo”, sottolinea Corti, “è piuttosto basso (a differenza dei caprini presamici della Valle Intelvi nel basso Lario)” ed è interessante notare come il caprino sia diverso tra il Lario orientale e il Lario occidentale.

La panoramica del sito ruralpini si concede poi un’escursus sui più autentici prodotti caprini lombardi, dal più noto Fatulì ai semi-sconosciuti Frumagit di Curiglia e Agrìn delle Orobie.

Chi volesse approfondire potrà documentarsi sul sito ruralpini.it, cliccando qui, e magari decidere poi, vista la bella stagione, di concretizzare facendo un salto in zona. Per chi si volesse trattenere, esiste un più che accettabile alloggio (Agriturismo Ca’ del Lago) in località Consiglio di Rumo e altre soluzioni, assai più spartane, ancora più prossime ai piccoli produttori e ai loro pascoli.

31.03.2010