Un pastore e le sue pecore, e un incontro improvviso e ravvicinato con l’orso marsicano. Sono questi gli ingredienti di un fatto di cronaca ad “alto rischio”, patito in Abruzzo la settimana scorsa da un pastore e dal suo gregge, e che avrebbe potuto portare ad un tragico epilogo, se no fossero intervenuti prontamente alcuni colleghi dello sventurato
Un episodio increscioso, la cui risonanza sarebbe sfumata nel nulla se non fosse arrivata, il 20 scorso, la precisazione del neodirettore del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, Dario Febbo, giunto a minimizzare l’accaduto sino ad affermare che «l’orso è a casa sua», come se la montagna non vedesse altre presenze con pari diritto di esistere. Benzina sul fuoco le sue parole, tanto partigianamente espresse a difesa del plantigrado che, per quanto se ne dica, da tempo immemorabile rappresenta uno dei maggiori rischi per le attività pastorali, che da sempre si svolgono nella regione; attività su cui si basa gran parte dell’economia rurale della sua montagna.
Sull’episodio, e sulle polemiche scaturite a seguito della levata di scudi “pro-orso”, riceviamo e volentieri pubblichiamo qui di seguito una lettera aperta di Nunzio Marcelli, presidente dell’Arpo, Associazione Regionale Produttori Ovicaprini
Lettera aperta al Parco d’Abruzzo, alla Forestale e al Wwf: perché una reazione così scomposta davanti ai fatti accaduti?
Un orso, in montagna, reagisce nei confronti di un pastore. Attrezzato con petardi, davanti allo scoppio dei quali l’animale normalmente fugge, l’orso invece decide di rivolgersi contro il pastore, costretto a fuggire, difeso dai cani mastini abruzzesi, e rifugiarsi nello stazzo. Questi sono i fatti accaduti qualche giorno fa sulla montagna di Chiarano, e a raccontarli è chi li ha vissuti.
Ma davanti a questi fatti, invece di informarsi meglio su quanto accaduto, sono fioccate le smentite ed i comunicati stampa. Prima la Forestale, poi il Wwf e infine anche il Parco Nazionale d’Abruzzo hanno “smentito” che quanto raccontato dal pastore, che in montagna c’era, con il suo gregge, fosse vero. Si è arrivati a parlare di “procurato allarme”, a chiedere indagini delle autorità competenti e provvedimenti “a norma di legge”.
Un pastore cerca di difendere il suo gregge, e viene messo sotto accusa. All’allevatore responsabile di quel gregge, di cui tutti hanno il numero di cellulare visto che sulla montagna di Chiarano ci va da decenni con le sue pecore, non è stata fatta nemmeno una telefonata: ma si è subito scritto ai giornali che avrebbe “smentito”. Non è stato smentito nulla, per il semplice motivo che questo è quanto è accaduto, e chi da sempre convive in montagna con i selvatici conosce bene questo tipo di reazioni, reazioni che l’orso ha avuto anche altre volte in passato, come a Scanno dove un pastore provò ad allontanare il plantigrado che si alzò in piedi e lo affrontò, salvandosi sempre grazie ai cani. È grave che persone che lavorano solo sull’orso non abbiano questa consapevolezza, ma bisogna distinguere tra ambientalisti di campo e ambientalisti da sofà o meglio da poltrona. Se qualcuno ha la coda di paglia prima o poi si brucia.
Si lanciano bordate ad alzo zero, accusando di mentire, di avere secondi fini, di tirar fuori queste “storie” proprio adesso: ma l’orso non da’ appuntamento, non aspetta le scadenze programmate dai progetti depositati a Bruxelles (qui sotto un piccolo schema – da cliccare per leggere – reperito tramite il database Life Nature, ma possono essercene sfuggiti altri, n.d.a.).
Forse vanno cercati i motivi di una reazione così scomposta. Da tempo l’Arpo (Associazione Regionale Allevatori Ovicaprini) ha richiesto un incontro con il Parco, il Prefetto, la Forestale e le altre istituzioni interessate alla tutela del territorio, per proporre alcune misure di salvaguardia che consentissero una migliore convivenza tra la presenza umana e quella dei grandi carnivori. Si era manifestata, all’inizio, una certa disponibilità. Poi tutto è rientrato, e le proposte dei pastori transumanti restano chiuse in qualche cassetto, mentre si susseguono le conferenze per illustrare le iniziative prese.
Perché ignorare in questo modo chi sulla montagna vive e lavora? Perché davanti al racconto di un pastore, si scatena un simile pandemonio di tutte le istituzioni, quando le notizie dell’orso che ormai purtroppo ha perso molti dei suoi comportamenti selvatici, tanto da presentarsi a spasso per i paesi e sui pianerottoli delle case, si sono susseguite in tutti questi mesi? Ma ora a parlare è un pastore, non fa più sembrare l’orso un simpatico animaletto da compagnia che si fa fotografare con i turisti, si torna a parlare dell’orso come predatore, come selvatico, che può avere comportamenti aggressivi: e questo, evidentemente, non va bene, tanto da scatenare la reazione di ben tre diversi enti, tutti concordi nell’accusare di menzogne, stravolgimenti, procurati allarme.
Facciamo un passo indietro e torniamo alla concretezza delle cose alla quale da sempre sono abituati i nostri pastori, vissuti a contatto con la montagna e le sue asperità: ogni cosa va valutata e sfruttata nel modo migliore, le scarse risorse vanno sempre utilizzate al meglio e con parsimonia. Torniamo al punto centrale: quali sono le strategie migliori per proteggere questo territorio, che non è fatto solo di orsi ma di un sistema complesso in cui la presenza di attività umane tradizionali ha un ruolo fondamentale, perché senza di esse si svuotano i borghi, si abbandonano i campi, si desertificano le montagne, si riduce la biodiversità. Solo uno sforzo comune, che non volti le spalle a chi da sempre sta su queste montagne, accusandolo addirittura di mentire, può portare a qualche risultato. Non dobbiamo salvare solo il presente, qualche finanziamento o garantire la continuità di apparati: dobbiamo garantire un futuro a tutta questa terra, lavorata dalle mani instancabili dell’uomo, garantire che i nostri figli, oltre a sapere che nei boschi vivono ancora il lupo e l’orso, possano trovare qui di che vivere, e continuare a mantenere questo territorio così come ce l’hanno consegnato. Altrimenti, al di là di ogni polemica, avremo fallito: tutti.
allevatore e presidente Arpo
(Associazione Regionale
Produttori Ovicaprini)
25 novembre 2011