Il paradosso è servito, ed è di quelli più indigesti per il mondo rurale: mentre la scorsa settimana nel Gargano veniva annunciata la settima edizione di Mediterre (evento per la valorizzazione delle aree protette, la tutela dell’ambiente e lo sviluppo sostenibile), i lupi, che da tempo immemorabile non colpivano in Puglia, hanno ucciso cinque capre
E così, mentre a Mattinata nell’ambito di “Aspettando Mediterre” era in corso lo spettacolo teatrale “La grande foresta”, che tocca i temi del mondo rurale, del bosco e della necessità di preservare tanto l’uomo che il lupo, a quaranta chilometri di distanza, nei pressi di Vieste, il popolare predatore compiva una vera e propria mattanza.
Un episodio che poteva essere evitato se solo si fosse agito per tempo, visto che già nel corso delle festività natalizie un branco di lupi aveva portato il terrore all’interno di un gregge. Ma si sa, in questa società di animalisti da salotto è difficile che qualcuno accorra al grido di “al lupo al lupo”, anche quando esso è basato su qualche fondatezza accertata. Niente da fare: dei diritti dell’uomo a vivere di pastorizia nel parco se ne parla evidentemente solo nei teatri e non nelle sedi vocate. Assessori e presidenti degli enti locali interessati si occupano così di una wilderness che è sempre la stessa, e i cui attori sono i selvatici inseriti in una natura “musealizzata”, buona per il business dei torpedoni turistici e per le scolaresche della società mediocratica.
Venendo alla cronaca, l’allevatore, giunto sul pascolo di prima mattina ha trovato le sue capre disperse in un territorio assai più vasto di quello normalmente pascolato, ma alla conta ne mancavano cinque, che puntualmente sono state poi ritrovate morte all’interno del bosco. Capre azzannate al collo e abbandonate dove la vegetazione è più fitta, ed escrementi freschi tipicamente riconducibili alla specie lupina. Tutti indizi che lasciano poco spazio ad ipotesi alternative, e che hanno portato il veterinario della locale Asl Bartolo Baldi a definire “pura formalità” le analisi che verranno presto effettuate dall’Istituto Zooprofilattico di Foggia.
Ora a rischio c’è l’intera economia pastorale del Gargano, che da pochissimi anni era riuscita a rilanciare proprio l’allevamento delle capre autoctone garganiche e le produzioni ad esso legate, dal cacioricotta alla muscisca (carne secca aromatizzata, alla base dell’alimentazione dei pastori), alla carne di capretto, famosa per le sue straordinarie caratteristiche organolettiche.
14 gennaio 2012