Se c’è una parola che merita la palma dell’abuso, in questa nostra povera Italia allo sbando, quella è “emergenza”. Non esiste cronicità o ciclicità estrema in questo nostro Paese a cui la gran parte dei media non affibbi questo consunto epiteto, quasi a garantirsi qualche lettore in più, in un mercato in cui il grande pubblico pare avere attenzione solo per questioni di carattere eccezionale
E allora, come si è parlato un tempo di emergenza-diossina, si è raccontato e letto via via di emergenza-terremoto, emergenza-criminalità, emergenza-rifiuti, emergenza-occupazione, e chi più ne ha più ne metta, eccoci ora giunti all’emergenza-neve-e-gelo di questi giorni. Certo, si tratta pur sempre di nevicate di carattere straordinario, di un anticiclone delle Azzorre latitante e di un freddo gelido siberiano, ma quanto accaduto a Roma e non solo a Roma ha dimostrato al mondo intero l’inadeguatezza di risorse e di leadership che più che a fare parevano impegnate a battibeccare tra di loro.
In tutto questo italico sconquasso, tra umani morti per gelo e incidenti e animali vittime di stalle crollate e assideramenti, se ancora c’è una regione simbolo del “disastro-fai-da-te”, questa è l’Abruzzo. Dalla regione-simbolo del terremoto più recente del nostro Paese giungono adesso due storie esemplari di gente vera, che affronta le avversità della vita con una forza interiore sconosciuta a chi è abituato a non agire, dal caldo comfort dei propri uffici e ad impugnare la pala da neve non per la neve ma per fotografi e ufficio stampa.
Le due storie esemplari ci giungono dalle montagne di Pescina e Trasacco e dalla Valle del Sagittario ed hanno avuto come protagonisti Dino Rossi e i suoi bovini e Nunzio Marcelli e le sue pecore, ognuno ovviamente con i propri collaboratori a combattere contro le avversità del momento. Nel primo caso, vista l’inefficienza del comune di Trasacco e della locale Guardia Forestale (avvisati e non intervenuti) gli allevatori sono passati alle vie di fatto mercoledì scorso, noleggiando un elicottero e salvando il salvabile delle proprie mandrie isolate nel gelo da dieci giorni. I bovini superstiti sono stati ricondotti nel loro ricovero anche se per via del freddo e della mancanza di cibo alcuni sono morti prima dell’intervento.
E così ora scoppia la polemica tra allevatori ed enti locali, ivi inclusa la Protezione Civile abruzzese. Ancora una volta il leader dei Cospa regionali Dino Rossi non perde tempo e spara a zero contro l’ennesimo caso di abbandono subìto: «Non sappiamo di chi siano le colpe, ma una cosa è certa: in Abruzzo, come in Italia, si perde tempo con le chiacchiere, cioè con i coordinamenti e finalmente quando si sono coordinati, torna il sereno, nel frattempo gli animali o le persone muoiono».
Ma «le persone», rincara la dose Rossi, «soffrono di dimenticanza e nel contempo pensano che i tempi sono cambiati, il clima è cambiato» e questo anche a causa delle affermazioni di certi «scienziati pazzi, apparsi in televisione a sostenere tesi contrarie a quel che sta accadendo». In sostanza, dice il leader dei Cospa latte regionali, è anche colpa di questi “grandi esperti” se «il rilassamento ha condizionato anche gli allevatori, tanto che gli animali vengono lasciati in montagna con l’idea che “tanto la neve non la fa più”».
Dal canto suo invece la storia che giunge da Anversa degli Abruzzi ci racconta che sono gli stessi animali, forti di risorse sconosciute a molti umani, a trarsi da soli dall’impaccio di tanta neve e a portarsi in salvo da (coadiuvati certo dai pastori), riaprendo la strada verso la propria stalla. È così che, grazie ad un sentiero tracciato nella neve da alcuni cavalli e oltre quattrocento ovini che i proprietari di un agriturismo di Anversa degli Abruzzi, isolati da tre giorni a causa del maltempo, sono riusciti domenica a raggiungere il paese. Il passaggio delle pecore, riferiscono i cronisti locali, ha fatto gioire anche i volatili, che hanno finalmente potuto alimentarsi. «Le greggi con le loro deiezioni», ha spiega all’Ansa il presidente dell’associazione ovicaprini Arpo Nunzio Marcelli «consentono infatti agli uccelli di recuperare la parte indigesta dei cereali assunti nell’alimentazione, e permettendo loro», non volendo, «di alimentarsi anche in questo momento di grave difficoltà».
11 febbraio 2012