Toscana: si fa tanta accademia sul sostegno agli allevatori

“Servono politiche adeguate per salvare la zootecnia toscana”. Un po’ come dire che si è scoperta l’acqua calda. Lo ha sottolineato la Cia (Confederazione Italiana Agricoltori) della Toscana nel contesto del convegno ”Proposte a sostegno dei piccoli allevatori”, organizzato mercoledì scorso a Firenze oltre che dalla stessa Cia, da Legambiente, Aiab (Associazione Italiana Agricoltura Biologica) e Coordinamento Toscano Produttori Biologici. I dati del recente censimento Istat, parlano chiaro sullo stato di progressivo “smagrimento” del comparto regionale: dal 2000 al 2010 è stato registrato un vero e proprio crollo, con gli allevamenti bovini diminuiti del 29,8% (da 4.964 a 3.486) e i capi calati del 10,1%, mentre quelli ovini hanno subìto la contrazione maggiore, con un -47% di aziende (da 4.628 a 2.452) e un -24,9% di capi. In entrambi i casi va notato che il minor decremento del numero di animali rispetto a quello delle aziende altro non sta a significare che la maggior diffusione di una zootecnia sempre più nelle mani di mega-allevatori, a discapito dei piccoli, dell’ambiente, e della salute dei consumatori (i metodi di allevamento adottati sono in genere sempre meno condivisibili all’aumentare delle dimensioni delle stalle).

«I dati del censimento sull’agricoltura toscana», ha commentato il presidente della Cia regionale Giordano Pascucci, «evidenziano una forte criticità del settore nella nostra regione. Più di un quarto delle aziende zootecniche toscane sono infatti scomparse in soli dieci anni, la maggioranza delle quali sono piccole e piccolissime aziende, per lo più collocate nelle aree marginali e montane. Emerge così che l’agricoltura delle aree svantaggiate sta chiudendo: se la si vuol salvare occorrono politiche e risorse adeguate, a partire dalla nuova Pac (Politica agricola comune 2014-2020) che va profondamente modificata. Nessuno può rimanere indifferente di fronte a questa drammatica situazione».

«Da parte nostra insistiamo», ha aggiunto Pascucci, «nel dire che l’agricoltura toscana e la zootecnia in particolare, oltre alle difficoltà derivanti dai problemi strutturali che la affliggono, sono strozzate da troppi vincoli, da troppa burocrazia e da una Pac sbagliata che da anni le penalizza. La salvezza e il rilancio della nostra agricoltura deve diventare obiettivo di tutta la società e delle istituzioni nel loro insieme e a tutti i livelli».

«Invitiamo la Regione Toscana», ha concluso Pascucci, «a intraprendere subito iniziative per il sostegno e per il rilancio del settore zootecnico, affinché il trend negativo evidenziato dal censimento subisca un’inversione di rotta. La Regione Toscana», ha concluso il presidente Cia Pascucci, «favorisca lo sviluppo e la nascita dei piccoli allevamenti, affinché possano essere il volano economico delle aree rurali, rafforzando la filiera corta locale». Per fare questo «si rende necessario che la Regione armonizzi le politiche e le strategie assunte in materia agricola, ambientale, urbanistica e sanitaria. Serve un’innovazione normativa con una visione d’insieme, che favorisca la nascita e lo sviluppo degli allevamenti».

Sulle misure da prendere per favorire le aziende sopravvissute, i convegnisti non hanno fatto altro che ripetere dai loro comodi scranni le necessità che le aziende a centinaia hanno esposto nel tempo (mai a sufficienza ascoltate da enti e associazioni, e ora cavalcate da essi, ndr), dalla richiesta di utilizzare in azienda i “sottoprodotti” dei propri allevamenti, al buonsenso che dovrebbe consentire di seppellire in azienda gli animali morti non per malattie contagiose (evitando i costi del loro incenerimento, assai oneroso perché operato fuori regione), alla macellazione in agriturismo dei propri animali destinati alla somministrazione al pubblico e alla vendita diretta, e non solo.

Nel corso del convegno si sono evidenziate anche le non poche carenze nell’àmbito del sistema di identificazione degli animali, dei controlli dell’ispettorato del lavoro, nella certificazione e nei controlli degli allevamenti biologici e per quanto concerne i requisiti per la vendita di latte crudo. Tematiche che Legambiente, Cia e Aiab hanno cavalcato, presentando una piattaforma di norme a tutela dei piccoli allevamenti; proposte che mirano a semplificare una serie di regole pensate per la grande impresa, ma che rendono molto difficile la gestione e la stessa sopravvivenza delle piccole aziende zootecniche. “Un settore vitale”, è stato detto e ripetuto nel convegno, “che rischia di essere soffocato dalla burocrazia e da un eccesso di norme igieniche e di prescrizioni urbanistiche”.

Secondo l’assessore regionale all’agricoltura Gianni Salvadori, poi, «si tratta di elaborare un metodo che consenta di muoversi con flessibilità dentro le normative, costituendo un tavolo permanente con gli altri assessorati coinvolti al diritto alla salute, all’ambiente e all’urbanistica,  aprendo un confronto costante con le associazioni per costruire un sistema».

Le conclusioni del convegno sono state curate da Anna Marson, assessore al governo del territorio, secondo cui lo «snodo centrale per i piccoli allevatori non è tanto il crescere, quanto la costruzione di reti, e questo significa mercato, ricerca, e progetti di filiera cui sono stati destinati ulteriori venti milioni dopo il buon esito del primo bando che ha visto assorbiti i primi venticinque milioni stanziati».

«L’impegno della Regione per la costruzione di un sistema c’è», ha insistito la Marson, «e va mandato avanti con le associazioni sulle varie linee d’azione. Entro metà marzo ad esempio uscirà un bando per investimenti sul pascolo di montagna e nel bosco, presidio fondamentale per il territorio. Il mio è un impegno a fornire delle risposte concrete, come dimostrano le tante adesioni che stiamo raccogliendo sul progetto GiovaniSì in agricoltura».

«Le piccole aziende cosiddette marginali», ha aggiunto l’assessore al governo del territorio, «soprattutto nell’appennino e in generale nell’alta collina, sono invece centrali per quanto riguarda la riproduzione del paesaggio e del territorio. Rappresentano una ricchezza, oltre che una diversificazione dell’economia».

«Con le associazioni degli agricoltori», ha poi concluso la Marson, «c’è già l’impegno a rivedere insieme gli articoli della legge 1/2005 che trattano di territorio rurale. Prima di rivedere la legge, però, dobbiamo costruire insieme una visione strategica complessiva sul futuro dell’agricoltura in Toscana. Ritengo altresì», ha concluso la Marson, «che la Regione Toscana possa promuovere una modalità per garantire ai giovani che vogliono fare agricoltura l’accesso a terreni agricoli ad un costo sostenibile. In tal senso potremmo pensare di trattare con apposito Puv (Programma Unitario di Valorizzazione territoriale) le diverse aree agricole di proprietà degli enti pubblici».

A sottolineare il ruolo fondamentale ricoperto dai piccoli allevamenti in aree marginali è giunto infine l’intervento del responsabile agricoltura di Legambiente Toscana Beppe Croce, che ha sottolineato «il ruolo fondamentale che i piccoli allevamenti svolgono nel garantire la qualità del nostro cibo, la biodiversità di razze e l’aspetto del paesaggio rurale, attraverso le coltivazioni di prati e pascoli. Questo garantisce a sua volta il mantenimento e il miglioramento della fertilità naturale dei terreni».

Come altre volte in passato, tanta accademia è stata fatta nell’ennesimo congresso, lasciando tra chi nei campi e nelle stalle lavora qualche sostanzioso timore. Uno tra tutti, che alle belle parole seguiranno pochi concreti fatti. Innanzitutto perché la politica e l’amministrazione pubblica locale non riescono a svincolarsi dalle solite associazioni di categoria che mai come oggi risultano avulse dalle necessità più concrete del settore. A chi volesse rendersene conto non servirà altro che affacciarsi in uno dei gruppi facebook di agricoltori e allevatori (Agricoltura in Rivoluzione, che ad esempio è basato proprio in Toscana) che quotidianamente lamentano l’inutilità, e a volte la dannosità, di cui è intriso l’associazionismo imperante nel nostro Paese.

11 febbraio 2012