“Se qualche pastore volesse contribuire con la donazione di una pecora o due, può contattarmi al cellulare o via email”. Inizia così il messaggio di Stefano Lai, giovane pastore di Escaplano, pubblicato su facebook per aiutare il collega Learco Addari, il cui gregge venne decimato settimane fa da un branco di cani inselvatichiti.
Era la settimana prima di Natale, quando nell’ovile del pastore di Sestu si scatenava l’inferno: circa cento gli ovini devastati dalla furia assassina dei randagi, di cui settanta già morti al sopraggiungere dei veterinari, allertati dal pastore, e trenta circa che gli stessi hanno dovuto sopprimere per la gravità delle ferite subite.
Ma il danno, come sempre in questi casi, è morale oltre che materiale, ed è un danno grande: un colpo come questo può mettere in ginocchio chiunque viva di pastorizia, anche perché le stesse pecore sopravvissute restano in genere aliene all’attività aziendale: le gravide abortiscono, e quelle in lattazione perdono la gran parte del latte. Di fronte a fatti come questo ci si chiede poi – e non è dietrologia, bensì logica chiamata in correità per l’evitabile accaduto – perché alle denunce presentate in passato da altri pastori circa la presenza dei cani sul territorio non sia seguito nessun intervento delle autorità preposte a casi come questo.
Ma è anche vero che, sempre di fronte a casi del genere, il mondo pastorale reagisce come pochi altri saprebbero fare, con una spontanea gara di solidarietà che in Sardegna ha tradizioni antichissime e un nome solo: Sa Paradura. «Ho preso precisi accordi coi servizi sanitari della Usl», spiega il messaggio di Stefano sul social network, «per agevolare al massimo tutte le pratiche burocratiche e formalità connesse, anche per quanto riguarda il trasporto delle pecore fino all’ovile di Learco».
Una vera e propria gara di solidarietà, partita anche dall’iniziativa di Anna Crisponi, assessore a Sestu, che ha coinvolto tanto i pastori quanto semplici persone e che via via nel tempo ha superato dapprima i confini regionali (pastori dall’Abruzzo, come semplici cittadini da Milano, ndr) e poi quelli nazionali, «grazie alla generosità di una ragazza di origini sarde, residente a Londra», spiega Stefano Lai, «che pur non avendo l’intera somma per acquistare una pecora, ha voluto partecipare lo stesso». Una richiesta la sua che ha innescato ulteriori forme di disponibilità dei «pastori, con alcuni di essi che hanno venduto sottocosto capi di buona genealogia, a 80 euro l’uno!»
Ad oggi, in sostanza, sono quaranta le pecore che “sa paradura” ha saputo trovar per Learco, ma di impegni a offrirne ancora ne stanno arrivando e arriveranno, anche nei prossimi mesi. «Sono felice di come sta andando», aggiunge orgoglioso Lai; «ho incontrato gente genuina e solidale, e quando vado a prendere le pecore negli ovili sembra di stare dentro una cerimonia: come fosse un rito ancestrale che ogni volta riesce a emozionarmi, così come quando arrivo da Learco». «Leggere nei suoi occhi il suo stato di felicità non ha prezzo, e non credo sia dovuta al semplice fatto che il gregge torna a farsi più consistente, ma piuttosto per la vicinanza di tante persone che questa iniziativa riesce a comunicargli. Vederlo accompagnare le nuove pecore all’interno del suo gregge, liberarle con un segno di croce sulla fronte ed un “bai cun deus” (“vai con dio”, ndr) mi emoziona ogni volta e mi fa sentire onorato di aver conosciuto tante belle persone e ancora più orgoglioso di essere un pastore sardo».
Per chi voglia contattare Stefano Lai a proposito di “Sa paradura a favore di Learco Addari”:
tel 3273455517
email stefanolaiescalaplano@gmail.com
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13 aprile 2012