La mosca bianca c’è anche tra i cervi. Nel Parco d’Abruzzo

«La gestione del patrimonio faunistico è compito del Parco, del suo personale tecnico, scientifico e di quello di sorveglianza. Il Parco conosce  i tempi e i modi per monitorare le popolazioni degli animali e attivare il soccorso veterinario nei casi di crisi». Ad assicurarlo è il presidente dell’ente, Giuseppe Rossi, e per una volta tanto c’è da augurarsi che quel che dice sia vero. Perché poi c’è animale e animale.

Ecco, prendete il cervo ad esempio; si sa, c’è cervo e cervo: quello “di città”, Oreste, abituato a vagare nella Villa Comunale di Villetta Barrea e ben noto a turisti e agli abitanti. Un cervo che, quando i riflettori sono accesi, tutti si muovono con sollecitudine: e così quando Oreste scalcia, le Guardie del Parco accorrono, mettono in sicurezza, ammoniscono il pubblico che nonostante il divieto tenta sempre di nutrire i selvatici. E ogni volta che qualcosa là accade, l’azione mediatica è a tambur battente. Sempre per sottolineare la felice soluzione di ogni “nuovo caso Oreste”.

“Ma non tutti godono di altrettanta fama”, ci scrive un gruppo di allevatori abruzzesi in queste ore, a cui “e così ci spiace informare il Presidente che un altro cervo – anonimo stavolta – è entrato con alcuni suoi simili nel campo coltivato da Claudio Di Domenico, allevatore nello stesso Comune, dopo aver sfondato il costoso quanto inutile recinto elettrificato”.

“I cervi”, prosegue la lettera giunta ieri nella nostra redazione, “pasteggiano tranquillamente con l’erba medica che l’allevatore coltiva per le sue vacche in stretta osservanza dei protocolli del biologico, con attenzione all’ambiente e alla salute dei suoi animali”. E allora, come va a finire? che “l’allevatore chiama le guardie del Parco, le stesse che si sono precipitate a prelevare Oreste, e cosa si sente rispondere? Che non possono intervenire. Altri impegni le trattengono? Forse”.

È dura, oggi, fare l’allevatore e l’agricoltore in montagna: le aziende chiudono,  sottoposte alla dura legge del mercato, senza nessuno che difenda la qualità di queste produzioni, costrette nelle maglie di una burocrazia sempre esigente a chiedere e poco disposta a dare. Sono realtà che questo territorio lo tutelano da sempre, senza contropartite se non la difesa di quella che è la loro risorsa: la terra e il bestiame. Bestiame al pascolo, biologico non per certificazione ma per natura e per scelta da sempre, ancor prima che si inventasse la parola “biologico”. Aziende che raggiungono risultati eccelsi a livello internazionale con i loro prodotti, ma si devono sentire straniere in casa propria, guardate con sospetto ed additate al primo incendio, o quando si trova la carcassa di un lupo o di un orso.

Claudio è giovane e di forza di volontà ne ha da vendere, crede nel suo lavoro e fa caciocavalli apprezzati in Italia e all’estero: ma non ne può più. Chi lo tutela? Chi difende il suo lavoro, l’eticità delle sue scelte, il valore che dà a questo territorio?
A difenderlo sono dovuti intervenire i Carabinieri: ultimo baluardo di un allevatore esasperato dall’atteggiamento di chi si erge a tutore di un ambiente da cartolina, non del territorio nella sua realtà che è ambientale, economica, sociale e storica, e di cui Claudio a pieno titolo è e si sente parte.

“I Carabinieri sono riusciti, stavolta, a smuovere le Guardie del Parco per far intervenire le Guardie Parco: ma i danni non saranno risarciti, perché in area di pre-Parco non è previsto. La beffa dopo il danno: perché questa fauna, reintrodotta da chi con l’ambiente intasca soldi pubblici, è sì protetta, ma i danni che fa non trovano ristoro. Perché questa protezione non spetta a chi lavora, a chi porta avanti attività che hanno consentito, nei secoli, di preservare questo territorio, ben prima che esistessero i parchi?”

Quando tutte le aziende avranno chiuso e i paesi finiranno di svuotarsi, questo territorio sarà sempre più povero di biodiversità e andrà sostenuto in modo artificiale, avremo avallato la definitiva mutazione di un’area viva e autonoma in uno zoo a cielo aperto.  A chi converrà tutto questo, se all’ambiente o a chi deve costruirsi ogni giorno una motivazione per la propria busta paga, lasciamo ai lettori immaginarlo.

5 maggio 2012