Esiste un certo tipo di giornalismo, o meglio di impresa editoriale, che ha fatto della difesa del consumatore la propria missione, ritagliandosi una discreta fetta di mercato, con una vera e propria schiera di seguaci, in attesa – numero dopo numero – di sapere dove e come spendere i propri soldi, e cos'è bene acquistare e cosa no.
Un'attività che ad ogni uscita ha bisogno di uno o più temi centrali da proporre, uno dei quali – il più eclatante o presunto tale – riuscirà a conquistare spazio in copertina. Accade così che da oltre venti anni, numero dopo numero, la redazione del settimanale "Il Salvagente" si impegni a trovare storie da raccontare, su cui investigare, raccogliere dati, analizzare i valori dei prodotti, e presentare le proprie conclusioni ai lettori.
Un'impegno oneroso certo, che presenta alcuni margini di rischio, quando con mille inchieste sulle spalle, è inevitabile che una o più di una vengano connotate dal vizio dell'abbaglio, tanto più in agguato quanto più la materia è tecnica e specialistica. Attività onerosa e ad alto rischio quella di doversi occupare tanto di elettronica quanto di automobili o di cibo (e di doversi "attrezzare" a volte di una conoscenza fatta al momento, sulla base delle documentazioni raccolte), soprattutto quando il prodotto messo "sotto il microscopio" è materia di ricerca e di studi scientifici evolutisi nel tempo, molto avanzati e complessi e su cui lo stesso mondo scientifico è magari ancora in uno stato di non completo accordo.
Fatte queste premesse ed entrando più nel merito del contendere, è accaduto che Il Salvagente uscito in edicola lo scorso giovedì abbia deciso di sbattere in copertina un "mostro" che mostro non è (il Latte Nobile dell'Appennino Campano, presidio Slow Food), banalizzando con rapide e sommarie conclusioni delle questioni (come la crioscopia del latte) già oggetto di doviziosi studi scientifici (qui un illuminante allegato, in formato pdf) che evidentemente nessuno in quella redazione si è preso la briga di studiare prima di scrivere il pezzo.
Andando con ordine e vedendo questo, già si nota come il titolo abbia il suono di una sentenza: "Ci hai messo l'acqua…. La frode del Latte speciale". L'articolo, la cui sostanza è riportata anche nella versione web (clicca qui per leggerla: vi si parla di latte annacquato e, senza mezzi termini, di frode) del settimanale, prende in considerazione sette latti – cinque più "ordinari" e due "speciali" o "di nicchia" e a distribuzione locale. La querelle sorta adesso in poche ore (l'articolo è rimbalzato subito sul canale kataweb e da lì sui social network) a seguito del clamore, dei toni e delle accuse mosse dal pezzo (quella di frode andrà certo dimostrata ed è da codice penale) è sotto gli occhi di tutti. La tabella che riassume i dati delle analisi è qui sopra da noi pubblicata e se da una parte muove il consumatore ad un facile giudizio, dall'altra sarà oggetto di contestazione delle parti in causa.
A tale proposito Roberto Rubino, presidente dell'Anfosc (Associazione Nazionale Formaggi Sotto il Cielo) e fautore del progetto "Latte Nobile" si è già espresso parlando senza mezzi termini dell'incapacità degli autori a valutare dati e risultati. Per trattare la questione Rubino, che da anni è ricercatore del Cra (Centro Ricerche in Agricoltura) e una delle massime autorità nel campo lattiero-caseario ha precisato la necessità di valutare separatamente «la parte relativa all'annacquamento e quella della eventuale scarsa qualità del Latte Nobile».
«Sull'annacquamento (di cui è responsabile il confezionatore Vallepiana, ndr)», prosegue il numero uno dell'Anfosc, «abbiamo fatto i conti e la presunta frode ammonta a 20 € a settimana (chi si prenderebbe rischi per una tale cifra?, ndr). Vale a dire che è più il fastidio per mettere l'acqua che il vantaggio che se ne trarrebbe. Però non è così e le analisi fatte dopo ed i dati ritrovati in bibliografia ci fanno pensare che abbiamo ragione. Quindi parlare di frode è grave e regoleremo la questione nelle sedi opportune».
Sul valore del prodotto, va avanti Rubino a spiegare, «si vede che la giornalista non ha alcuna idea sulla qualità e tantomeno c'è l'ha il Labs (il laboratorio che ha effettuato le analisi per "Il Salvagente"). Ho detto alla giornalista che per noi è importante la qualità dei grassi, delle vitamine e della componente aromatica. E siccome loro avevano analizzato solo i grassi, le ho precisato che l'indice sintetico importante è il rapporto Omega6/Omega3 ed il rapporto grassi saturi/insaturi.»
Sta di fatto che sugli Omega6/Omega3 «la signora non abbia capito», sorride sconsolato Rubino, «giungendo ad invertire i fattori. Però normalmente gli Omega6 (grasso non buono) sono superiori agli Omega3 (grasso buono): nel latte di "alta qualità" il valore è superiore a 10, e nel Latte Nobile è intorno a 5. Invertendo il dato (Omega3/Omega6, ndr) dovrebbe essere negativo e invece risulta sopra lo zero e di molto. È chiaro che tale fattore andava diviso per cento, portando così il dato del Latte Nobile per quello che è, fra i migliori».
Sul rapporto tra grassi saturi e insaturi, continua il "padre" del prodotto messo sotto accusa dal giornale, «è lo stesso Salvagente a dire che il Latte Nobile presenta i risultati migliori. Quindi, dalle analisi del Salvagente (i nostri sono diversi e molto superiori), ma restando a quelli riportati in tabella, il Latte Nobile spicca per una qualità superiore. E qui parliamo solo di qualità dei grassi».
«La giornalista ed il suo consulente dovrebbero sapere che in natura – tout se tiens, come dicono i francesi – tutto è in equilibrio e se ci sono troppi acidi grassi insaturi ci devono essere anche gli antiossidanti, altrimenti i grassi andrebbero soggetti ad ossidazioni. È il motivo per cui nell'olio, all'alto contenuto di acido oleico, insaturo, corrisponde un alto contenuto di vitamina E». «Quindi», prosegue Rubino, «se queste molecole sono in contenuto superiore, possiamo star certi che anche gli antiossidanti e le molecole aromatiche, molte ad alto potere antiossidante, sono presenti in maniera più importante».
«Senza parlare poi del sistema di produzione», e qui Rubino dà una bella stoccata alla zootecnia intensiva che sta dietro i latti convenzionali, "alta qualità" inclusa, «che il Salvagente ignora. Vacche che vivono solo tre anni (non certo quelle del Latte Nobile, che ne campano oltre dieci, non essendo le produzioni e la genetica forzate in alcun modo, ndr), la cui infertilità aumenta vistosamente, il cui coefficiente di consanguineità è al limite di non ritorno, le cui concimazioni sono fuorilegge. Tutto ampiamente noto e scritto; basta andare su internet. Solo "Il Salvagente non lo sa. Per Il Salvagente il latte di "alta qualità" è il migliore. Sono disponibile a fornire una consistente bibliografia nazionale ed internazionale dove si dimostra che il sistema intensivo inquina e produce un latte la cui qualità è la più scadente che c'è».
Sul Latte Nobile e sulla necessità di ridefinire il concetto di latte di "alta qualità" lo stesso Rubino ci ha fornito un interessante articolo (lo trovate cliccando qui, in formato pdf), già pubblicato dall'Informatore Agrario del febbraio scorso. Articolo che, come sempre in questi casi, avrà dato un bel fastidio all'industria e alle lobby della zootecnia intensiva.
12 maggio 2012