Mentre in alcune regioni si preferisce la pratica del fare a quella del dire, la Coldiretti interviene (a parole, per ora) sulla spinosa “questione lupo”, che affligge sempre più i pastori di mezza Italia, visto il palese aumento della popolazione lupina, che negli ultimi tempi è andata a conquistarsi territori “anomali” per questo tipo di predatore (persino nell’immediato entroterra di Albenga).
Dopo le stragi di bestiame registrate di recente in Abruzzo e nel reatino, i responsabili delle Coldiretti regionali e provinciali interessate sono intervenute facendo finalmente loro alcuni degli argomenti che i diretti interessati (chi nella stagione buona pratichi il pascolo) vanno proponendo da anni: i risarcimenti devono riguardare non solo i capi di bestiame di cui le carcasse sono state recuperate ma tutti gli animali uccisi e scomparsi a seguito dell’attacco, come anche gli aborti e i cali di resa lattea, che immancabilmente colpiscono le bestie dopo eventi tanto traumatici.
Sui finanziamenti per le strutture passive di protezione (recinti elettrificati non sempre utilizzabili: pensate ai terreni rocciosi e ai pascoli più impervi), spesso inefficaci e sulla necessità di adottare cani da guardiania (che hanno un costo rilevante, per le cure e per l’alimentazione di cui necessitano), ma anche sulla necessità di consentire la sepoltura dei capi nell’azienda agricola ovvero sul luogo dell’uccisione (sollevando il proprietario dall’onere di smaltirli).
Di una cosa non parla la Coldiretti, che in Abruzzo pare aver ottenuto un prossimo incontro con la Provincia dell’Aquila e con i responsabili del locale Parco Nazionale: che si legiferi a favore dei pastori ma anche del lupo, concedendo ai primi l’uso di armi da fuoco seppur con l’unico fine di farne strumento di dissuasione e non di offesa per il lupo. Un colpo in aria a tempo debito ristabilirebbe un equilibrio che è andato ormai perduto. E porterebbe i predatori a cacciare il selvatico (quanti cinghiali e caprioli in esubero abbiamo nei boschi in Italia?) salvandoli dalle stragi perpetrate da chi, non avendo strumenti validi per contrastare il problema, si organizza con tagliole, bocconi avvelenati (che spesso uccidono altri animali) e bracconaggio.
La mancanza di misure idonee sta arrecando danni a tutti: ai pastori, ai loro animali e alle loro economie ma anche ai lupi stessi. E in questo senso sarebbe auspicabile la creazione di un tavolo tecnico a cui potessero sedere tutte le parti interessate (non le associazioni di categoria, bensì i pastori e i malghesi), per perseguire un obiettivo che ragionevolmente apparirebbe ancora possibile.
I ritardi sinora registrati sulla questione hanno dei nomi e dei responsabili. Coldiretti sta facendo oggi sue le richieste mosse dagli allevatori alcuni anni fa. Di questo passo quando riuscirà ad ottenere qualche risultato rischieremo che anche l’ultimo pastore sia sparito.
Per fortuna, nel frattempo c’è chi inizia ad agire, come in Piemonte fa l’assessore regionale all’agricoltura Claudio Sacchetto (vedi qui), che ha di recente presentato le nuove misure assicurative a favore dei pastori colpiti dal problema. L’esempio del fare è sotto gli occhi di tutti: riusciranno in Coldiretti a farlo un po’ loro non solo a parole e prima che sia troppo tardi?
12 maggio 2012