Unifeed o piatto unico: un sistema di alimentazione innaturale e ricco di insidie (parte 1 di 2)

di Rosario Petriglieri, dottore in agraria

Immaginate se tutti i giorni vi costringessero a mangiate un piatto così

Chissà quante volte e a quanti di noi sarà capitato di mangiare un piatto unico. Personalmente mi è accaduto di rado, e quelle poche volte – lo confesso – la proposta era ricca e variegata, con carne, verdure fresche o cotte, formaggi o latticini, salumi e patate. Capita a volte di gustare tutto, qualcosa magari non piace e si lascia nel piatto; qualcos’altro invece piace di più e lo si mangia per ultimo, o dapprima, a seconda delle proprie abitudini, soffermandosi a gustarlo con maggior piacere.

Adesso però immaginate che tutto questo vi venga proposto finemente triturato, amalgamato e anche inumidito, per far sì che la massa sia più uniforme, in modo tale che ogni singolo boccone contenente il totale degli ingredienti – e un sapore unico – possa essere deglutito con facilità.

Mai un raggio di sole, mai una goccia di pioggia, o un refolo di vento. Unifeed tutta la vita, e unifeed ancora. A voi non piacerebbe, vero? Però i loro prodotti li mangiate

Credo proprio che nessuno a questo mondo apprezzerebbe un simile trattamento alimentare. Che è, né più e né meno, ciò che i nostri animali – giorno dopo giorno – son costretti a mangiare negli allevamenti a regime stanziale intensivo. Il “trattamento”, assai comodo all’allevatore per vari motivi, prende il nome di “unifeed”, detto altrimenti e per l’appunto, “piatto unico”. In sostanza, l’unifeed è un sistema di alimentazione che prevede la macinatura e la miscelazione di tutti gli alimenti che un capo deve, ragionevolmente e razionalmente, mangiare nell’arco delle 24 ore(1).

In linea strettamente logica, il sistema non fa una piega: gli animali mangiano, in ogni singolo boccone, un compendio di foraggi secchi e/o di insilati, di concentrati complessi e/o di singole materie prime, ma anche di additivi vari, minerali e vitamine. E poi di acqua: tanta quanta ne basta per impedire che gli animali possano separare un ingrediente dall’altro, vale a dire che possano scegliere ciò che il loro organismo sente di dover assumere. Insomma, un piatto unico che garantisce il massimo beneficio con il minimo sforzo, secondo una equazione biologico-matematica, che assicura delle produzioni “ottimali”. Soprattutto all’allevatore, che così facendo riesce a contenere uno dei principali costi d’impresa.

In linea strettamente teorica, potrebbe anche esserci poco da obiettare, tranne per alcuni aspetti apparentemente secondari, che diventano sostanziali se si guarda al benessere dei capi. Ma di questo e d’altro avremo modo di dirvi nella seconda parte di questo articolo, che troverete qui tra una settimana esatta.

“Unifeed o piatto unico: un sistema di alimentazione innaturale e ricco di insidie”: la seconda parte del presente articolo è stata pubblicata in questa rubrica giovedì 12 febbraio 2015 ed è raggiungibile cliccando qui

5 febbraio 2015

Per approfondire, vedi anche qui:

– un carro miscelatore orizzontale (video YouTube, clicca qui)
– un carro miscelatore verticale (video YouTube, clicca qui)

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(1) “…La bovina ha una forte capacità di cernita degli alimenti fini e appetibili rispetto a quelli più grossolani e meno graditi; un’attenta osservazione della modalità di assunzione del piatto unico può fornire utili indicazioni; l’animale dovrebbe assumere l’unifeed in bocconi decisi e, dopo la prensione, dovrebbe alzare la testa per masticare e deglutire; in questo caso possiamo presupporre che non vi sia una reale possibilità di selezionare i diversi alimenti in greppia; se viceversa, gli animali continuano a smuovere la miscelata e con la lingua selezionano e assumono le parti più fini e pesanti che cadono sul fondo della greppia, possiamo sospettare che gli animali assumano la razione in maniera non uniforme. In questo caso si registrano molto di frequente alterazioni dell’appetito (consumo altalenante di sostanza secca), delle fermentazioni ruminali (blocchi digestivi), presenza di materiale indigerito nelle feci, feci difformi nell’ambito dello stesso gruppo, bruschi cali della produzione di latte e flessioni della percentuale di grasso…” (da “Punti critici nella gestione del piatto unico o unifeed” di Andrea Formigoni – Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie – Alma Mater Studiorum, Università di Bologna). Per leggere il testo integrale, clicca qui (pdf, 127 kb)

Dottore in Scienze Agrarie, abilitato agronomo at dipendente CoRFiLaC (Consorzio Ricerca Filiera Lattiero-Casearia) di Ragusa); libero professionista

Rosario Petriglieri
Allevatore, figlio d’arte, laureato in Agraria e abilitato Agronomo. Ricercatore presso il CoRFiLaC (Consorzio Ricerca Filiera Lattiero Casearia) di Ragusa, è specializzato in nutrizione, management e gestione degli allevamenti di vacche da latte. Maniscalco specializzato in cura delle patologie podali dei bovini; inseminatore laico. Sin dall’infanzia si è occupato di vacche da latte, lavorando nell’azienda di famiglia. Da sempre nutre la passione per la veterinaria, ma i percorsi storici e certi incontri occorsi in particolari periodi di crescita lo hanno portato ad interessarsi di prevenzione, mediante nutrizione e gestione, piuttosto che puntare alle sole terapie.
Petriglieri ha vissuto tutte le stagioni dell'”evoluzione” del mondo zootecnico, passando dai periodi più faticosi del coltivare la terra con i muli sino all’impiego dei trattori più avanzati; dal sistema manuale di raccolta dei foraggi sino alla gestione di ogni tipo di conservazione più moderna degli stessi (tecniche di insilamento e fieno silo; trebbiatura del frumento con i muli; impiego della mietitrebbia). Per quanto concerne la mungitura, dalla quella manuale delle vacche e delle pecore, sino alla gestione di aziende dotate di robot di mungitura. Sulla trasformazione del latte: da quella della sua azienda familiare sino alla gestione di una cooperativa di 250 soci.
Petriglieri ama definirsi “contrario a qualsiasi forma di eccesso, ma mi piace immedesimarmi negli animali che gestisco, per rendere loro fisiologico qualsiasi trattamento gestionale a cui devono essere sottoposti”. Ha una predilizione per le pratiche naturali, estensive ed ecosostenibili.