di Rosa Tiziana Procopio, dottoressa in scienze e tecnologie agrarie

Sono definite razze rustiche quelle razze autoctone italiane a spiccata rusticità e adattabilità ambientale e alimentare; poco selezionate se non per recuperarne la popolazione, allevate con sistema di allevamento semibrado o brado-estensivo, senza ausilio di stalle e di ricoveri. Altra loro prerogativa sono le produzioni non molto generose in quantità, seppure impagabili per qualità e tipicità. Tra le razze bovine più tipicamente rustiche ricordiamo la Podolica e la Maremmana, che dal 1982 si fregiano del marchio “5R” delle Razze italiane da carne pregiata (Consorzio Ccbi; clicca qui). Altre razze rustiche sono, per citarne alcune, le capre Girgentana e Rustica calabrese (sino al 2008 denominata Sciara Calabrese), i suini Nero dei Nebrodi e Nero Calabrese, le capre Orobica e Bionda dell’Adamello, la bovina Rendena e molte altre ancora, che potrete trovare qui.
Poche purtroppo sono le razze rustiche sopravvissute ai nostri tempi, a causa dell’erosione genetica dovuta all’introduzione delle razze iperproduttive. La principale motivazione del loro allevamento al giorno d’oggi è quella di mantenerne le popolazioni quantomeno sopra la soglia-limite dell’estinzione, evitandone la scomparsa; per far sì che non scompaiano se ne dovranno riattivare e incentivare le produzioni tipiche, in genere destinate ad un mercato di estimatori. Ma di questo parleremo in maniera più approfondita in seguito.

Le razze “rustiche” e “locali” non hanno certo modo di competere sul piano della resa con quelle che sono state condotte a produttività esasperate a suon di genetica e su cui la moderna zootecnia fonda l’affermazione di una presunta superiorità degli allevamenti intensivi, caratterizzati da dimensioni sempre maggiori e da sempre più paradossali numeri. I due mondi non competeranno mai e in alcun modo sul mercato: né dal punto di vista della qualità del prodotto né da quello strettamente gustativo, né tantomeno da quello salutistico, essendo straordinariamente superiori in tutto quelli da produzioni estensive, preferite da chi si riconosca nel motto “mangiare meno, mangiare meglio”.
I sistemi di allevamento più tipicamente diffusi per queste razze, sono ancor oggi vicini alle tradizioni pastorali e transumanti d’un tempo. Anche in termini di strutture, il più delle volte non si hanno che recinti di contenimento per il pascolo a rotazione e abbeverate lungo il percorso di uso comune: nessuna stalla, nessun ricovero, nessuna sala di mungitura.

I mandriani si muovono ogni sei mesi dalla pianura-collina alla montagna – e viceversa – per consentire agli animali di non soffrire l’arsura estiva e la scarsità di alimento che la accompagna, senza ausilio di mezzi di locomozione nella maggior parte dei casi, e solo a volte tramite spostamento in camion per poi procedere con il pascolo a rotazione su superfici di proprietà o in affitto. Anche per la fase di mungitura (in molti casi eseguita non ufficialmente nei casi di razze classificate “da carne”, ndr), si utilizzano tecniche tradizionali di mantenimento della bovina (qui nella foto: un incruento legaccio che temporaneamente limita il movimento delle zampe posteriori) e di mungitura manuale, consentendo l’allattamento del vitello al fine di assicurarsi la pacifica disponibilità della madre al prelievo del latte.
La tipologia di allevamento appena descritta si rifà in particolar modo alla razza bovina Podolica, presente in larga parte dell’areale meridionale (Calabria, Basilicata, entroterra della Campania e Puglia settentrionale, più precisamente nell’area Garganica). La domanda che sorge spontanea quando si scopre questa razza e il suo allevamento è quale sia la motivazione che spinge gli allevatori a mantenerne l’uso considerando i tempi, il sacrificio e la fatica richiesti.
Ebbene, seppur completamente distante dall’idea odierna di allevamento animale, non è richiesta una notevole manodopera per i podolici e per le razze rustiche in genere: la mandria viene condotta in transumanza e, tramite dei recinti per la ripartizione del carico animale sul pascolo disponibile, viene limitata e gestita. L’alimentazione dell’animale non richiede alcuna somministrazione da parte dell’uomo se non il pascolo ed eventuali integrazioni in momenti fisiologicamente importanti (gravidanza) o in caso di malattia dell’animale: si distribuiscono (tramite tecnica ad libitum) balle di fieno da 15-20 kg (1 balla/capo/dì). Anche le abbeverate vengono distribuite nell’area pascoliva in soluzione comune per tutti i capi presenti.
Si tratta nella maggior parte dei casi di allevamenti dai 50 ai 100 capi bovini per ogni azienda agricola, distribuiti sul territorio con un carico animale pari ad un capo bovino per ogni ettaro (ha) di superficie, facendo attenzione anche alla tipologia di copertura del suolo: pascolo, cespuglieto, area di transizione cespuglieto-bosco. I dati forniti sono stati ottenuti dall’analisi e dallo studio di sette aziende zootecniche del territorio del cosentino-crotonese(1), ma si rifanno – senza esitazioni nel dirlo – a tutte le aziende del comprensorio podolico di riferimento: campane, lucane, calabresi e pugliesi. La caratteristica che accomuna queste quattro regioni è infatti la conformazione territoriale: sono tutte regioni in cui la percentuale di superficie collinare e montana è di gran lunga superiore a quella di pianura, fatta eccezione per la Puglia (dove in effetti l’allevamento podolico è tipico solo della zona più a Nord-Est, il Gargano).
Si può rispondere quindi alla domanda sulle motivazioni di un allevatore a continuare questo sistema di allevamento con poche ma certe motivazioni, di carattere generale: minima manodopera necessaria; complementarietà con il territorio; legame con le razze rustiche e locali, tradizione.
Se si approfondisce la conoscenza delle caratteristiche organolettiche dei prodotti “carne” e “formaggi” delle razze rustiche, si riconosce poi una ulteriore motivazione che va al di là del semplice “produrre per guadagnare”, in quanto si avvicina molto più al “produrre per il gusto artigianale e genuino”.
Prendendo ad esempio le razze bovine si riconosce l’effetto positivo dell’allevamento estensivo e la vicinanza ai cicli naturali che le caratterizza anche nella stessa analisi del latte, ma di questo parleremo nella seconda parte di questo articolo, giovedì 12 marzo su queste stesse pagine.
La seconda parte di questo articolo (“Il mondo semplice delle razze rustiche, sorgente di un latte senza pari”) è stata pubblicata in questa rubrica giovedì 12 marzo 2015 ed è raggiungibile cliccando qui
5 marzo 2015
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(1) “Il lavoro consiste in un’indagine sugli allevamenti di bovini di razza Podolica, nel comprensorio Silano e limitrofo, al fine di studiare le caratteristiche aziendali, analizzare il sistema di allevamento e le attitudini produttive degli animali con particolare attenzione alle peculiarità che legano questa razza al territorio. La ricerca ha previsto la raccolta dei dati in 7 aziende, tramite intervista diretta e con l’ausilio di un questionario standard per la tipologia di indagine svolta. Dall’elaborazione dei dati raccolti è emerso lo spiccato legame della razza con il territorio, una transumanza ancora in atto, pur in mancanza di adeguati servizi in alpeggio, e la perdita negli anni dell’attitudine lattifera della razza, con la difficoltà di produrre Caciocavallo Silano D.O.P. con latte esclusivamente Podolico. Si può concludere che il mantenimento dell’allevamento della razza Podolica nel territorio oggetto di indagine, con un possibile maggiore ampliamento della superficie adibita al pascolo delle mandrie, produrrebbe un valido sostegno del bioterritorio montano, soprattutto nell’area del Parco Nazionale della Sila, con un incremento dei servizi in alpeggio, creando anche nuovi sbocchi occupazionali. La ripresa dell’attitudine lattifera del bovino Podolico sarebbe auspicabile per riattivare una filiera produttiva con carattere di tipicità, valorizzando e promuovendo i prodotti carnei e lattiero-caseari della Regione”. (da “La razza bovina Podolica. Sistemi di allevamento nell’area di origine” di R. T. Procopio, A. Acciaioli, O. Franci – Dipartimento di biotecnologie agrarie dell’Università degli Studi di Firenze). Contenuto nel Quaderno SoZooAlp n.7 “Sistemi agro-zootecnici, biologici ed eco-compatibili in ambiente montano” Per leggere il testo integrale, clicca qui (pdf, 4,7 Mb)
Laureata presso l’Università di Firenze in Scienze agrarie nel 2012 e poi in Scienze e tecnologie agrarie nel 2013 con tesi di laurea sulla zootecnia estensiva del bovino Podolico e suo studio di fattibilità per la valorizzazione e sostenibilità del bioecosistema Silano e del Parco Nazionale della Sila, integrando transumanza e agroingegneria applicata alla zootecnia.
Nel 2014 Borsista per l’Ente Parco Nazionale della Sila, occupandosi di censire le popolazioni autoctone bovine e ovicaprine della Regione Calabria.
Dal 2015 al 2016 docente di Agronomia e Zootecnia negli istituti superiori delle province di Vercelli e Alessandria.
Nel 2017 si abilita alla professione di Dottore Agronomo e nel 2018 si iscrive presso l’ODAF (Ordine Dottori Agronomi e Forestali) di Firenze, esercitando la libera professione in collaborazione con enti di formazione e presso l’Azienda Agricola Cammelli, per cui lavora ancora oggi.
Dal 2018 ha integrato la formazione prettamente agraria con una più specifica sulla sicurezza alimentare e sul lavoro, divenendo consulente per le aziende agrarie e agroalimentari.
Oggi specialista in quality and safety management per le aziende agricole e il settore agroalimentare: dal prodotto finito al sistema produttivo.
Sia come professionista che come persona, Tiziana crede fermamente nella necessità di operare una corretta e ampia divulgazione scientifica, attraverso cui contribuire ad incentivare il consumo di prodotti di qualità, dando occasione a tutti i consumatori di conseguire una vera consapevolezza su ciò che offre il mercato e quale sia il reale valore dei prodotti. Tra i suoi propositi, l’incoraggiamento agli allevatori a cimentarsi nelle produzioni di pregio, e ai consumatori a credere e conoscere il vero valore di ciò che li nutre.