Il mondo semplice delle razze rustiche, fonte naturale di un latte che non teme confronti (parte 2 di 2)

di Rosa Tiziana Procopio, dottoressa in scienze e tecnologie agrarie

foto Az. Agr. Varallo Federico®

Dopo aver trattato, la settimana scorsa, delle specie e delle razze rustiche in generale e più in particolare della bovina Podolica attraverso le caratteristiche, le attitudini, le specificità, i metodi di allevamento e l’adattamento della stessa ai suoi territori d’elezione, veniamo qui a considerare come l’effetto dell’allevamento estensivo e la vicinanza ai cicli naturali influenzino la qualità e le caratteristiche del latte, da un punto di vista analitico(1).

Le percentuali di lattosio, grasso e proteina ci consentono di sapere se il latte prodotto da una razza siano adatte al consumo come latte fresco piuttosto che come latte lavorabile facilmente per ottenere dei formaggi di qualità. In particolare un latte con una percentuale di grasso elevata ci dice che quel latte avrà una certa elasticità alla lavorazione, quindi da quel latte sarà facile produrre un buon formaggio: elasticità del latte significa anche capacità di mantenere unita la forma del formaggio prodotto, garantendo una perfetta stagionatura. Come si legge nella tabella qui sotto, il formaggio prodotto in malga, ad esempio, ha percentuali in grasso, proteina e lattosio più ottimali per la produzione di un formaggio di qualità.

Altra motivazione per cui è importante mantenere allevamenti di razze rustiche – e soprattutto allevamenti estensivi – è la qualità, del prodotto, ma anche dell’alimentazione dei bovini, che rimangono pur sempre i produttori delle materie prime a noi utili. Numerosi studi hanno dimostrato la superiorità dell’alimentazione al pascolo rispetto ad alimentazioni in stalla con prodotti quasi mai freschi.

Uno studio tra tutti (clicca qui) ha proposto l’adozione di alimentazione tramite pascolo in allevamenti di razza Frisona, razza-simbolo della moderna zootecnia intensiva. In questo caso, oltre al ribadire gli effetti sul miglioramento della qualità di latte ottenuta, si considera anche il miglioramento del benessere dell’animale, che come previsto da normativa comunitaria è da tenere sempre in considerazione (un bovino sano offrirà un prodotto sano!).

Non si dimentichi però la componente socio-economica del pascolo e il suo impatto ambientale! Pensando ad un allevamento bovino intensivo ciò che rimane più impressa è la mano dell’uomo nel controllo della filiera produttiva. Mentre in un allevamento estensivo, la mano dell’uomo diviene solo un supporto, perché componente predominante (ma non per questo avversa) è l’ambiente circostante: il territorio.

La comunità tecnica è da sempre distinta in due “fazioni”: una a favore del pascolo, e l’altra, che gli è contraria. Le motivazioni sono tante, alcune per lo più culturali, altre legate alla formazione, e tutte oggettivamente degne di nota.

Il toro di razza Podolica Volpino – Az. Agr. Varallo Federico®

Un bovino pesa in media 700-800 kg (nel caso del podolico), si muove in mandrie da 50-60 capi, digerisce l’alimento e produce escrementi ricchi in concentrazione di azoto. Tutte queste caratteristiche offrono un’idea delle possibilità catastrofiche conseguenti al pascolo in ambiente naturale: può schiacciare germogli vegetali con il suo peso; 50-60 capi hanno un fabbisogno alimentare non indifferente in termini di quantità; la concentrazione di azoto e reflui zootecnici in aree concentrate può portare all’inquinamento di falde acquifere importanti. Tutto vero, se si fa dell’allevamento estensivo un’incontrollata serie di circostanze non tecnicamente dimensionate.

Ciò che sfugge ai critici dei sistemi estensivi è però  l’esperienza degli allevatori che si dedicano a questi allevamenti, la guida sicura di tecnici del mestiere che li indirizzano verso una più ponderata utilizzazione delle superfici e delle risorse in esse contenute. Senza contare l’utilità del pascolo bovino in ambienti naturali non ancora antropizzati: un bovino di razza rustica può ridurre il rischio di incendi boschivi ripulendo da necromassa e vegetazione spontanea in eccesso, può mantenere la fertilità dei suoli pascolati tramite produzione di feci e composti azotati, può aumentare la ricchezza paesaggistica di un territorio, favorendo i cicli naturali di riserve e aree di pregio, può fungere da indicatore ambientale di inquinamento grazie alla sue selettività alimentare. Tutto vero.

Unico fattore in comune tra i mondi – intensivo ed estensivo – è la determinazione a voler tutelare il territorio – a parole gli uni, a fatti gli altri – e a tutelare, gli estensivisti, le razze rustiche tramite pratiche agricole tecnicamente dimensionate e ponderate sulla base del rispetto delle parti.

È importante, a mio parere, ricordare quale sia il valore socio-economico di un territorio legato alla zootecnia connessa alle tradizioni e al prestigio di queste, raccolto nelle pratiche di transumanza e pascolo. La vegetazione, gli armenti, il territorio sono parte di un circuito più complesso che non vede escluso l’uomo, ma che lo chiama a farne parte rispettandone le altre categorie, riconoscendo ad ognuno il proprio merito.

Si può pensare ad un futuro di allevamenti di razze rustiche incentrati sulla valorizzazione territoriale, sul mantenimento di bioterritori difficili e aspri che solo queste razze possono ottimizzare e armonizzare. Non meno importante l’effetto sulle economie locali, sulla possibilità di rendita e qualità da attività agricole “di nicchia” (oggi) e – si spera – quotidiane domani.

Obiettivo comune devono essere una valorizzazione, una determinazione, un mantenimento, in grado di portare un’inversione di tendenza in un’epoca zootecnica ormai alla deriva.

La prima parte del presente articolo è stata pubblicata giovedì 5 marzo scorso ed è accessibile cliccando qui

12  marzo 2015

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(1) “Scopo della ricerca era quello di valutare le caratteristiche qualitative del formaggio Montasio Dop “Solo di Pezzata Rossa Italiana” ottenuto a partire da latte di vacche allevate al pascolo o in stalla. Sono stati utilizzati complessivamente 120 animali di cui 60 sono stati mantenuti su un pascolo ricco di graminacee (Malga Montasio) e 60 allevati in stalla, con una dieta a base di fieno polifita. La caseificazione è stata eseguita in due periodi (inizio luglio e fine agosto 2011), in 3 giorni consecutivi per ogni periodo, secondo il disciplinare del Montasio Dop. I formaggi sono stati stagionati per 2 e 6 mesi in condizioni di temperatura e umidità controllate. Sui formaggi sono stati valutati: composizione chimica, parametri colorimetrici, texture, profilo acidico e gradimento dei consumatori. Il formaggio prodotto con latte di malga è risultato diverso rispetto a quello derivante da latte di stalla in termini di composizione chimica (maggior tenore di sostanza secca e grasso e minor tenore di proteina), colore (più giallo-rosso) e texture (maggior durezza, gommosità e masticabilità) e presenta un profilo acidico più vantaggioso per la salute umana. I consumatori, pur percependo la diversità dei formaggi in termini di colore e occhiatura, hanno espresso un gradimento complessivo comparabile. È stato valutato anche l’effetto delle informazioni relative al sistema di allevamento sull’accettabilità del prodotto. Entrambi i formaggi hanno avuto un gradimento inferiore rispetto alle attese espresse quando il prodotto è stato giudicato in assenza di informazioni sulla sua origine, mentre l’informazione ha influito molto positivamente nel giudizio di entrambi i formaggi, e in particolare di quello di malga, quando l’assaggio era informato” (da: “Effetto del sistema di allevamento sulla qualità del fiormaggio Montasio Dop “solo di Pezzata Rossa Italiana” di Romanzin A., Corazzin M., Piasentier E., Bovolenta S. – dipartimento di Scienze Agrarie e ambientali – Università degli Studi di Udine). Contenuto nel Quaderno SoZooAlp n.7 “Sistemi agro-zootecnici, biologici ed eco-compatibili in ambiente montano” Per leggere il testo integrale, clicca qui (pdf, 4,7 Mb)

Laureata presso l’Università di Firenze in Scienze agrarie nel 2012 e poi in Scienze e tecnologie agrarie nel 2013 con tesi di laurea sulla zootecnia estensiva del bovino Podolico e suo studio di fattibilità per la valorizzazione e sostenibilità del bioecosistema Silano e del Parco Nazionale della Sila, integrando transumanza e agroingegneria applicata alla zootecnia.
Nel 2014 Borsista per l’Ente Parco Nazionale della Sila, occupandosi di censire le popolazioni autoctone bovine e ovicaprine della Regione Calabria.
Dal 2015 al 2016 docente di Agronomia e Zootecnia negli istituti superiori delle province di Vercelli e Alessandria.
Nel 2017 si abilita alla professione di Dottore Agronomo e nel 2018 si iscrive presso l’ODAF (Ordine Dottori Agronomi e Forestali) di Firenze, esercitando la libera professione in collaborazione con enti di formazione e presso l’Azienda Agricola Cammelli, per cui lavora ancora oggi.
Dal 2018 ha integrato la formazione prettamente agraria con una più specifica sulla sicurezza alimentare e sul lavoro, divenendo consulente per le aziende agrarie e agroalimentari.
Oggi specialista in quality and safety management per le aziende agricole e il settore agroalimentare: dal prodotto finito al sistema produttivo.

Sia come professionista che come persona, Tiziana crede fermamente nella necessità di operare una corretta e ampia divulgazione scientifica, attraverso cui contribuire ad incentivare il consumo di prodotti di qualità, dando occasione a tutti i consumatori di conseguire una vera consapevolezza su ciò che offre il mercato e quale sia il reale valore dei prodotti. Tra i suoi propositi, l’incoraggiamento agli allevatori a cimentarsi nelle produzioni di pregio, e ai consumatori a credere e conoscere il vero valore di ciò che li nutre.