Non è un mestiere ma una professione, quasi un’arte: è la mungitura (parte 1 di 2)

di Rosario Petriglieri, dottore in agraria

foto Latteria Sociale di Branzi®

La mungitura è una pratica routinaria dell’allevamento degli animali da latte. Generalmente si opera due volte al giorno, a distanza di circa 12 ore, e spesso viene praticata in modo abitudinario e purtroppo superficiale. È una delle pratiche più importanti dell’allevamento degli animali da latte, mediante la quale si procede a estrarre il latte dalle mammelle degli animali, latte che verrà destinato al consumo umano, alla produzione di formaggi e di altri derivati. Basta ciò a far capire quanto sia importante un processo come questo.

La mungitura, tecnicamente parlando, è l’attività mediante la quale viene prelevate il latte dalle mammelle degli animali. Questa operazione deve avvenire in modo rapido, ininterrotto e completo, soprattutto per il benessere della mammella e per la qualità del prodotto secreto, il latte. In passato, ma ancora oggi in realtà particolari o nei Paesi in via di sviluppo, la mungitura avviene e avveniva manualmente. Per poter procedere alla mungitura si doveva portare al cospetto della madre il vitello (il sinonimo tecnico è “redo”, ndr), in modo che con i suoi tentativi di suzione potesse stimolare la produzione ormonale fisiologica dell’animale e questa potesse dare il latte in modo agevole.

 

Siccome si mungeva a mano, la pratica di stimolazione della mammella era obbligatoria, diversamente l’animale non avrebbe dato il latte, almeno non tutto, e la mungitura sarebbe stata faticosa e difficile. La tecnologia però, come sempre, viene incontro all’uomo, e in questo caso ci offre delle attrezzature agevolative, realizzate appositamente per le operazioni di mungitura. Macchine eccezionali, ben inteso, che permettono la mungitura dei capi senza fatica, permettono una maggiore igiene del latte evitando le contaminazioni con l’esterno, e che dovrebbero permettere anche un miglioramento del benessere degli animali, ma che in questo aspetto non secondario della cosa non riescono esattamente nel loro “intento”(1).

Una mungitrice portatile – Foto Brian Kennett – Creative Commons©

Purtroppo in molti, moltissimi casi, almeno nei tempi passati, l’uso degli impianti di mungitura ha comportato un peggioramento della salute e del benessere degli animali; peggioramento monitorato con un indice ben preciso, quello dato dalle cellule somatiche presenti nel latte. E questo anche perché i miglioramenti tecnologici sono spesso accompagnati da superficialismi, da incapacità di capire e di controllare del tutto quanto avviene.

Così è capitato che, non dovendo più faticare nelle operazioni di mungitura, gli allevatori meno attenti, più inclini al profitto che al rispetto e al benessere degli animali, hanno dimenticato come si munge. In pratica si è registrato spesso, e per decenni, che agli animali veniva applicata una macchina mungitrice senza che prima venisse stimolata la produzione fisiologica degli ormoni per il rilascio del latte.

Anche la genetica ci ha messo poi del suo, ma questo è un altro aspetto della cosa, di cui parleremo tra sette giorni esatti, giovedì 26 marzo, su queste stesse pagine.

19 marzo 2015

“Non è un mestiere ma una professione, quasi un’arte: è la mungitura”: la seconda parte del presente articolo è stata pubblicata in questa rubrica giovedì 26 marzo 2015 ed è raggiungibile cliccando qui

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(1)  “…Si ha mungitura incompleta anche quando la bovina viene impaurita o sottoposta a particolari stimolazioni acustiche, ottiche e dolorifiche, in conseguenza, ad esempio, di rumori forti e improvvisi, di un trattamento violento da parte del mungitore o di un cattivo funzionamento della macchina mungitrice, che provocano la messa in circolo, da parte della porzione midollare delle surrenali, dell’adrenalina, la quale, attraverso una vasocostrizione, non consente all’ossitocina di raggiungere le cellule mioepiteliali, rallentando o addirittura bloccando l’emissione del latte. Le infezioni della mammella 55 Infine, gli stimoli esercitati sulla mammella dal poppare o dalla mungitura, così come inducono liberazione di ossitocina da parte della neuroipofisi, determinano anche secrezione di prolattina da parte dell’adenoipofisi, che a differenza dell’ossitocina non influenza direttamente la quantità di latte prodotta in quella stessa mungitura, bensì quella che sarà ottenuta dalla mungitura successiva; ciò sottolinea l’importanza che hanno gli stimoli applicati alla mammella non solo per l’eiezione del latte, ma anche per il mantenimento della capacità secretiva di questa ghiandola…” (Tratto da “Nuovi concetti di gestione per il miglioramento della qualità del latte”, pagg. 54-55). Per scaricare il documento clicca qui (pdf 7,9Mb ma ne vale davvero la pena, anche se avete una connessione lenta!)
 

Dottore in Scienze Agrarie, abilitato agronomo at dipendente CoRFiLaC (Consorzio Ricerca Filiera Lattiero-Casearia) di Ragusa); libero professionista

Rosario Petriglieri
Allevatore, figlio d’arte, laureato in Agraria e abilitato Agronomo. Ricercatore presso il CoRFiLaC (Consorzio Ricerca Filiera Lattiero Casearia) di Ragusa, è specializzato in nutrizione, management e gestione degli allevamenti di vacche da latte. Maniscalco specializzato in cura delle patologie podali dei bovini; inseminatore laico. Sin dall’infanzia si è occupato di vacche da latte, lavorando nell’azienda di famiglia. Da sempre nutre la passione per la veterinaria, ma i percorsi storici e certi incontri occorsi in particolari periodi di crescita lo hanno portato ad interessarsi di prevenzione, mediante nutrizione e gestione, piuttosto che puntare alle sole terapie.
Petriglieri ha vissuto tutte le stagioni dell'”evoluzione” del mondo zootecnico, passando dai periodi più faticosi del coltivare la terra con i muli sino all’impiego dei trattori più avanzati; dal sistema manuale di raccolta dei foraggi sino alla gestione di ogni tipo di conservazione più moderna degli stessi (tecniche di insilamento e fieno silo; trebbiatura del frumento con i muli; impiego della mietitrebbia). Per quanto concerne la mungitura, dalla quella manuale delle vacche e delle pecore, sino alla gestione di aziende dotate di robot di mungitura. Sulla trasformazione del latte: da quella della sua azienda familiare sino alla gestione di una cooperativa di 250 soci.
Petriglieri ama definirsi “contrario a qualsiasi forma di eccesso, ma mi piace immedesimarmi negli animali che gestisco, per rendere loro fisiologico qualsiasi trattamento gestionale a cui devono essere sottoposti”. Ha una predilizione per le pratiche naturali, estensive ed ecosostenibili.