Allevamento e ambiente: il futuro è nel modello agroecologico

di Francesca Pisseri, dottoressa in veterinaria (*)

Bovine di razza Modicana al pascolo – foto CoRFiLaC© (Consorzio Ricerca Filiera Lattiero Casearia) di Ragusa

L’allevamento degli animali domestici impostato sul modello industriale mostra sempre più le sue criticità: i notevoli danni ambientali, il forte consumo di antibiotici che causa preoccupanti fenomeni di farmacoresistenza batterica – con importanti implicazioni sulla salute pubblica – e le condizioni non rispettose delle esigenze degli animali. Esso è responsabile di elevati consumi di acqua, di energia fossile e di territorio. Basti pensare che una delle cause principali della deforestazione ammazzonica sono le coltivazioni di soia e mais destinati a diventare mangimi per gli animali.

L’impatto ambientale degli allevamenti intensivi è notevole a causa dei residui eco-tossici, per non parlare poi dell’effetto serra e degli inquinanti derivanti dai liquami che inevitabilmente raggiungono la terra e le falde acquifere. Il pianeta che ci ospita non ha risorse infinite, e tali modelli non sono sostenibili a lungo termine. 

Un impianto di trasformazione di mais, legato alla monocoltura – foto Mercola.com©

Il consumo di prodotti animali da parte dei cittadini nei Paesi industrializzati è senz’altro eccessivo, e la qualità dei prodotti, sia dal punto di vista organolettico che nutrizionale, raramente è apprezzabile.

Siamo convinti che una strada possibile sia quella di organizzare gli allevamenti in modo agroecologico, al fine di ottenere produzioni di qualità  che implichino delle scelte di fondo e un approccio quotidiano etici nei confronti degli animali e dell’ambiente, legati alle tradizioni e alla conservazione del  paesaggio.

Molti formaggi tipici italiani vengono prodotti secondo i criteri suddetti; il pascolamento, condizione fondamentale per il benessere animale, è anche un elemento essenziale per avere produzioni di elevata qualità, come i formaggi di malga, laddove nelle malghe non si pratichino soluzioni industriali. 

Monocoltura intensiva ad uso zootecnico: quanto di peggio ci sia per l’alimentazione delle lattifere e per l’ambiente – foto www.kidsrighttoknow.com©

Quando la stagione non consente il pascolamento degli animali consigliamo l’utilizzo di foraggi essiccati (fieni) di ottima qualità a cui si potranno aggiungere limitate quantità di mangimi concentrati, preferibilmente prodotti dalla stessa azienda o nelle vicinanze, composti da granella di graminacee e leguminose, che abbiano la scopo di soddisfare in pieno le esigenze nutritive degli animali, senza tuttavia “spingere” verso l’eccessiva produttività.

Se i territori di pascolo vengono gestiti in modo opportuno, tramite rotazioni e adeguate lavorazioni dei terreni, è dimostrato che vi sono dei vantaggi anche per l’ambiente e la  biodiversità.

Nel libro “Con-vivere, l’allevamento del futuro”(1) si parla del modello agroecologico, nel quale la azienda zootecnica è vista come un agro-eco-sistema. Le conoscenze di riferimento sono l’ecologia e il comportamento degli animali; l’allevamento va infatti organizzato a partire dal modo di vivere e di sentire degli animali, e non solo da ragioni utilitaristiche dell’imprenditore-allevatore né dalle esigenze di un mercato che richiede produzioni animali in grandi quantità, spesso a scapito della qualità.

Effetto serra e pascolamento
I fattori necessari alla crescita dell’erba sono principalmente: energia solare, acqua, sostanza organica e solo in piccola parte energia fossile per alcune lavorazioni periodiche, a differenza delle colture cerealicole in monocultivo, che richiedono un impiego molto consistente di mezzi meccanici e di acqua.

Rispetto a quelli intensivi, i sistemi di allevamento estensivi influiscono meno sull’emissione dei gas serra, grazie alla capacità dei pascoli di rimuovere i composti del Carbonio responsabili dell’effetto serra dall’atmosfera e stoccarli nel suolo(2). Le colture cerealicole riducono molto meno il Carbonio presente nell’atmosfera rispetto alle piante presenti sul pascolo.

La gestione razionale e razionata delle superfici a pascolo è uno dei fattori che consente di diminuire l’emissione di metano da parte degli animali in produzione zootecnica, ottenendo delle produzioni “climate-friendly” (produzioni che non influiscono negativamente sul clima).

La presenza di abbondanti leguminose, che aumentano la capacità del terreno di integrare il carbonio in composti organici, riduce le emissioni di metano e protossido di azoto.

Un altro accorgimento è quello di aumentare la qualità nutrizionale e la digeribilità delle piante mangiate dal bestiame mentre è al pascolo, e quindi di far sì che vi sia erba allo stadio vegetativo ottimale.

Va quindi evitato l’uso di prodotti di bassa qualità e di essenze troppo” mature” per il pascolo, che perdono valore nutritivo, in quanto se il bovino è nutrito male, i suoi accrescimenti e produzioni sono meno efficienti, e quindi  le sue emissioni di metano incidono negativamente senza creare vantaggi per l’uomo.

Inoltre va evitato l’uso di fertilizzanti azotati per ridurre le emissioni di protossido di azoto. 

Va utilizzata una moderata densità di animali (numero di capi di bestiame per ettaro) per evitare un eccessivo accumulo di letame, prevenire il sovra-pascolamento e permettere al cotico erboso di aumentare la captazione del carbonio.

Il rapporto “Raising the Steaks: Global Warming and Pasture-Raised Beef Production in the United States”, pubblicato dalla Ucs (Union of Concerned Scientists) raccomanda inoltre di allontanarsi dalle fonti d’acqua e di garantire che il letame venga distribuito più uniformemente. L’operazione di strigliatura dei terreni, che consiste nello spargere il letame prodotto dagli animali tramite il passaggio di un apposito attrezzo, è da noi consigliata dopo il turno di pascolamento degli animali, e consente di effettuare un compostaggio di superficie. 

Molte ricerche dimostrano che un pascolo migliorato presenta vantaggi nutrizionali per gli animali, e di conseguenza per le persone che si nutriranno dei derivati del loro latte e delle loro carni.


(*)  
esperta in omeopatia, fitoterapia e agroecologia

14 maggio 2015

Si ringrazia il CoRFiLaC (Consorzio Ragusano Filiera Lattiero-Casearia) per la foto di apertura di questo articolo
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(1) 
“Con-vivere, l’allevamento del futuro” di C. De Benedictis, F. Pisseri, P. Venezia – Macro edizioni


(2)
 “Soil cannot sequester an unlimited amount of organic carbon. Eventually the amount lost through microbial activity—even under conditions favorable to sequestration— offsets the amount that accumulates. However, high rates of carbon sequestration may continue for 40 years or more (Conant, Paustian, and Elliott 2001). Sequestering organic carbon in soil provides other important benefits beyond mitigating climate change. Organic carbon aerates soil; boosts root growth, water flow, and water retention; and purifies water before it flows into groundwater.” (tratto da “Raising the Steaks – Global Warming and Pasture-Raised Beef Production in the United States” author: Doug Gurian-Sherman- published by “Union of Concerned Scientist, Citizen and Scientist for Environmental Solutions, february 2011″”; per leggere il testo integrale clicca qui (pdf, 2,9Mb)

 

Bibliografia
F. Caporali “Ecologia per l’agricoltura” – Utet
A. Martini, C. Sargentini, R. Tocci, A. Pezzati, A. Giorgetti “Il pascolo come risorsa indispensabile per la zootecnia biologica” www.equizoobio.it

 

Francesca Pisseri è medica veterinaria ad orientamento sistemico, omeopata e fitoterapeuta | Website

L’approccio sistemico mira al mantenimento della salute e alla promozione del benessere animale tramite lo studio di tecniche di gestione rispettose ed ecologicamente sostenibili, con metodi di tipo partecipativo; nonché ad aumentare la consapevolezza dei conduttori degli animali da affezione sulle loro esigenze fisiologiche, alimentari e sociali.
La Dr.ssa Pisseri svolge attività di consulenza presso allevamenti con impostazione agroecologica e biologica, prevalentemente bradi e semi-bradi e attività clinica per cani, gatti, cavalli utilizzando un approccio globale alla salute, la fitoterapia e la omeopatia.
È coautrice del libro “Con-vivere, l’allevamento del futuro” e di numerose pubblicazioni scientifiche, in collaborazione con enti di ricerca, riguardanti la zootecnia sostenibile e le medicine naturali in veterinaria. Relatrice a numerosi congressi e master universitari, si occupa di formazione rivolta a medici veterinari e allevatori.