di Francesca Pisseri, dottoressa in veterinaria (*)
Gli antiparassitari di sintesi ad ampio spettro vengono somministrati di sovente agli animali da allevamento. Bovini, suini, ovicaprini, e cavalli subiscono – in modo routinario – dai 2 ai 4-6 trattamenti l’anno. Una classe di farmaci molto utilizzata è quella delle avermectine, antiparassitari ad amplissimo spettro, in grado di uccidere 85 specie diverse di parassiti dei mammiferi domestici, del pollame, dei pesci e delle piante.
Le avermectine, escrete soprattutto con le feci degli animali sottoposti a trattamento, hanno una lunga persistenza nell’ambiente, valutata – in più esperimenti effettuati da diversi gruppi di ricerca – da alcune settimane ad alcuni mesi. Per la loro natura lipofila e scarsamente volatile si legano soprattutto al suolo e alla materia organica, e alcune condizioni come il freddo e l’anaerobiosi prolungano la loro persistenza.
Vi sono scarsi dati circa l’ecotossicità e la persistenza dei loro metaboliti (sono 13 per la ivermectina) ma è certo che siano nocivi per moltissime specie di invertebrati, molto importanti per la conservazione e l’equilibrio di ecosistemi acquatici e terrestri, appartenenti agli ordini: Dictyoptera, Anoplura, Homoptera, Thysanoptera, Coleoptera, Siphonaptera, Diptera, Lepidoptera e Hymenoptera, e per alcune specie di pesci.
Gli insetti sono fondamentali in quanto partecipano al riciclo dei nutrienti, contribuiscono al mantenimento della sostanza organica del terreno – e quindi della fertilità – e sono fonte di cibo per vertebrati quali uccelli, anfibi, mammiferi. Le feci dei mammiferi, in particolare quelle dei bovini, costituiscono un microhabitat per lo sviluppo di numerose specie di invertebrati. Un largo utilizzo delle avermectine tende quindi a far decrescere la biodiversità(1).
Nella somministrazione di questi farmaci, la pratica routinaria è quella di effettuare trattamenti antiparassitari periodici nelle specie zootecniche e nel cavallo, soprattutto nel caso in cui i soggetti pascolino. Ciò è riconducibile ai fenomeni di farmaco-resistenza messisi in evidenza negli ultimi anni nei parassiti e ha un forte nesso sulla qualità del letame e sulla sua utilizzabilità in ambito agricolo.
Il letame prodotto dagli animali viene infatti utilizzato per fertilizzare i campi, quindi la somministrazione di molecole ecotossiche che raggiungano le escrezioni animali implica un impatto sull’ambiente. Un largo utilizzo delle avermectine tende quindi a far decrescere la biodiversità e a diminuire la fertilità del terreno.
La precedente normativa sul biologico (Reg. CEE n. 2092/91, Reg. CEE 1804/99) imponeva dei limiti al numero dei trattamenti antiparassitari, e al tipo di molecole da utilizzare, che dovevano essere caratterizzate da “basso impatto ambientale, una rapida metabolizzazione, limitati effetti tossici e tempi di sospensione inferiori ai 10 giorni”.
L’attuale Regolamento (Reg. CEE889/2008) (pdf scaricabarile qui, 11,4Mb) toglie tali limiti all’utilizzo degli antiparassitari; tali farmaci vengono inoltre aggiunti alle eccezioni in base alle quali, se un animale subisce molti trattamenti, può comunque essere commercializzato come biologico: “Ad eccezione delle vaccinazioni, delle cure antiparassitarie e dei piani obbligatori di eradicazione, nel caso in cui un animale o un gruppo di animali sia sottoposto a più di tre cicli di trattamenti con medicinali veterinari allopatici ottenuti per sintesi chimica o antibiotici in 12 mesi… …gli animali interessati o i prodotti da essi derivati non possono essere venduti come prodotti biologici e gli animali devono essere sottoposti ai periodi di conversione previsti all’articolo 38, paragrafo 1”.
Vi sono molte pratiche, sia mediche che gestionali, utili a limitare le parassitosi negli allevamenti: tra di essi la rotazione e la turnazione dei pascoli, l’attenzione alla genetica e all’igiene dell’allevamento, l’omeopatia e la fitoterapia.
Il trattamento farmacologico di sintesi deve essere mirato, e non routinario; l’opportunità del trattamento antiparassitario va valutata dal medico veterinario in relazione allo stato di salute degli animali, alla qualità e alla quantità di parassiti presenti (analisi parassitologiche di tipo quantitativo), preferendo molecole a spettro limitato, meno ecotossiche rispetto a quelle ad ampio spettro.
Non bisognerà mai dimenticare che in natura si instaura un equilibrio tra ospite e parassita, che una bassa infestazione degli animali stimola meccanismi naturali di difesa e che può essere controindicato quindi sottoporre a trattamenti animali continuamente esposti a reinfestazioni, come gli animali che pascolano. Conviene piuttosto implementare pratiche gestionali di contenimento della carica parassitaria nei pascoli e pratiche mediche che supportino la naturale resistenza degli animali. Come si evince da alcuni studi, i trattamenti omeopatici possono favorire un contenimento della carica parassitaria sotto la soglia di rischio sia zootecnico che sanitario.
Concludo riepilogando i principali aspetti tossicologici legati alla dispersione dei farmaci e/o dei loro metaboliti attivi, nel suolo o nelle acque:
– tossicità nei confronti della fauna deputata alla trasformazione del letame (scarabeo stercorario e mosca del letame)
– tossicità sui vermi terricoli (eisenia foetida)
– fitotossicità
– tossicità sui microrganismi terricoli
– tossicità sulla fauna e microfauna acquatica (pesci, molluschi, crostacei, copepodi, microrganismo patogeni e saprofiti o decompositori di sostanza organica)
– tossicità sulla flora e microflora acquatica (alche uni-e pluricellulari)
– induzione di farmaco-resistenza sia per via diretta (contatto del farmaco con microrganismi del terreno o dell’ambiente acquatico) che indiretta (emissione con le feci di batteri antibiotico-resistenti i quali possono, attraverso la catena alimentare, essere assunti dagli animali e dall’uomo)
– tossicità sulla flora e microflora acquatica come alghe uni e pluricellulari
(*) esperta in omeopatia, fitoterapia e agroecologia
11 giugno 2015
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(1) “It is clear that avermectins can exert severe lethal and sublethal impacts on non-target organisms at multiple trophic levels. The high potency against terrestrial invertebrates raises significant concerns about how freshwater benthic communities will be impacted by exposure to avermectins. By potentially reducing the diversity (McCracken and Foster 1993) and abundance of some size classes (Collier and Pinn 1998) of benthic invertebrates available to other trophic levels, avermectins may disrupt the efficiency of energy transfer in aquatic ecosystems. In addition, research indicates that, unlike most vertebrates, avermectins can accumulate in the brains of fish and some fish species have a very low tolerance to exposure. Therefore, exposure to avermectins can affect aquatic ecosystems by two different means: direct losses of biodiversity (i.e. species loss) and decreases in ecosystem function (decreased efficiency of energy transfer)” tratto da “Avermectins: Potential Environmental Risks and Impacts on Freshwater Ecosystems in Quebec” – di Jennifer Kövecses e David J. Marcogliese – River Ecosystems Research – St. Lawrence Centre Environmental Conservation Environment Canada – Quebec Region (per scaricare il documento integrale (pdf, 459kb) clicca qui
Bibliografia
Benvenuti M.N., Pisseri F., Goracci J., Giuliotti L., Gugliucci B.M., Macchioni F., Gavazza A.,Guidi 2007 G. Feasibility of homeopathy in a flock of Zerasca sheep Evid. Based Complement. Altern. Med., September 2007; 4: 65 – 68.
Edwards C.A.,Atiyeh R.M.,Rombe J. 2001 Environmental Impact of Avermectins – Reviews of Environmental Contamination and Toxicology – 171:111-137
Liebig M., Fernandez A.A., Blubaum-Gronau E., Boxall A., Brinke M., Carbonell G., Egeler P., Fenner K., Fernandez C., Fink G., Garric J., Halling-Sørensen B., Knacker T., A Krogh K., Kuster A., Loffler D., Angel M., Cots P., Pope L., Prasse C., Rombe J., Ronnefahrt I., Schneider M.K., Schweitzer N., Tarazona J. V., Ternes T.A., Walter Traunspurger W., Wehrhan A., Duisy K., 2010 “Environmental Risk Assessment of Ivermectin: A Case Study Integrated Environmental Assessment and Management – Volume 6, Supplement 1 – pp. 567–587 Setac
L’approccio sistemico mira al mantenimento della salute e alla promozione del benessere animale tramite lo studio di tecniche di gestione rispettose ed ecologicamente sostenibili, con metodi di tipo partecipativo; nonché ad aumentare la consapevolezza dei conduttori degli animali da affezione sulle loro esigenze fisiologiche, alimentari e sociali.
La Dr.ssa Pisseri svolge attività di consulenza presso allevamenti con impostazione agroecologica e biologica, prevalentemente bradi e semi-bradi e attività clinica per cani, gatti, cavalli utilizzando un approccio globale alla salute, la fitoterapia e la omeopatia.
È coautrice del libro “Con-vivere, l’allevamento del futuro” e di numerose pubblicazioni scientifiche, in collaborazione con enti di ricerca, riguardanti la zootecnia sostenibile e le medicine naturali in veterinaria. Relatrice a numerosi congressi e master universitari, si occupa di formazione rivolta a medici veterinari e allevatori.