Lo Stato ci inquina. Sembra uno slogan di altri tempi, ma è la pura verità: il Cova (Centro Olio Val d’Agri) di Viggiano, in provincia di Potenza, insediamento avviato nel 2001 dall’Eni pesa sull’ambiente e sulle produzioni agrozootecniche della Basilicata. Dà lavoro, come hanno sempre sottolineato i fautori del progetto, ma inquina. E grava sulla salute della gente: tanto sugli abitanti di quel territorio (la cui mortalità è assai elevata) quanto su chi si nutra dei prodotti che da quel comprensorio giungono.
A confermarlo, a distanza di dieci mesi dalla riapertura del sito voluta dall’Amministrazione Regionale lucana dopo un fermo durato appena tre mesi, è stata l’associazione Cova Contro, che giovedì scorso ha pubblicato sul proprio blog “Analize Basilicata” le analisi di un campione di latte ottenuto da un allevatore il quale, ricevute adeguate garanzie di anonimato, ha finalmente deciso di collaborare.
La notizia nella notizia
Un allevatore ha parlato, o meglio ha collaborato, ed è questa la notizia nella notizia, già che l’inquinamento, oltre ad indignare, fa soprattutto paura. Se solo si pensa alle morti per “suicidio” di personaggi scomodi come l’ingegner Gianluca Griffa (2013) e come l’ex generale del Corpo Forestale Guido Conti (novembre scorso), che mai hanno convinto del tutto, si capisce bene il clima in cui la situazione viene vissuta dagli stessi diretti interessati.
Chi produce cibo su piccola scala, generalmente si nutre degli stessi alimenti che destina alla vendita, per cui in lui e nella sua famiglia i timori derivanti dal medesimo problema hanno due facce: quella economica (“Se si viene a sapere, nessuno acquisterà il mio prodotto”) e quella esistenziale (“Se davvero questo cibo è inquinato rischiamo di ammalarci. E di morire”). Nell’angoscia e nel fatalismo si vive a queste latitudini e in questo povero mondo rurale, senza un’ombra di capacità di incidere neanche sulla propria esistenza: ognuno a casa sua è vittima (non più padrone) della propria vita, e giammai qualcuno pensa di unire le sue forze con quelle di altri compagni di sventura per cercare di uscirne fuori. Chi nasce vittima e vittima si sente potrà mai diventare protagonista della propria vita?
La denuncia ha spessore solo se va in tivù
Ma torniamo alle analisi volute da quelli di Cova Contro, che – per quanto già effettuate (e pubblicate) in passato su campioni di carne e formaggio – non avevano destato eccessivi clamori. Come se denunce di questo genere – sin quando non riescano ad approdare in tivù – venissero incapsulate in una bolla di omertà di sistema. Una bolla “giustificata” da chiari e “comprensibili” motivi: dalla necessità di evitare allarmismi nell’opinione pubblica (la solita vecchia “ragione”, ma quasi mai ci convince, ndr) alla malcelata volontà di non disturbare i centri di potere.
Stavolta però la questione ha assunto nuovi connotati, visto che l’articolo pubblicato sul blog dall’associazione ambientalista lucana racconta di una collaborazione tra loro e la redazione di Nemo, la trasmissione di Rai 2 condotta da Enrico Lucci e Valentina Petrini, «che alla situazione in Val d’Agri», sottolinea Giorgio Santoriello, che di Cova Contro è il portavoce «ha dedicato un servizio due settimane fa».
Ancora analisi di laboratorio
«Le analisi sono state commissionate da noi e dal programma di Rai2 Nemo ad un laboratorio accreditato», spiega Santoriello. «Oltre agli idrocarburi pesanti sono state rintracciate significative concentrazioni di arsenico, piombo e cadmio. Il laboratorio ha trovato anche Ipa, vale a dire idrocarburi policiclici aromatici».
“Le analisi”, spiega l’articolo, “hanno riguardato un campione di 3 litri, prelevato subito dopo la mungitura. I risultati rilevano la presenza di 11, 48 milligrammi per chilo di idrocarburi pesanti”. «Eseguendo la conversione in microgrammi», prosegue il portavoce di Cova Contro, «sarebbero 11 mila microgrammi per chilo. Trovati anche 9, 4 microgrammi di arsenico, 2, 9 di cadmio, 39,3 di cromo totale e 0,0119 di piombo rispetto alla soglia limite di 0,0200 per il latte». E, come se questo non bastasse, anche «4 nanogrammi per chilo di benzoapirene, 1567 nanogrammi di dibenzopirene, 1043 nanogrammi di benzoantracene-crisene».
Chi deve rispondere tace. Da oltre un anno tace
A rendere la vicenda ancor più preoccupante, e ad indignare non poco, si aggiungono i comportamenti di chi, a detta dell’associazione lucana, avrebbe lasciato cadere le richieste di parere sulla tossicità degli alimenti analizzati: “dalla Regione Basilicata all’Istituto Superiore della Sanità”, insistono quelli di Cova Contro, “all’Unione Europea: da oltre un anno non ci rispondono sulle numerose richieste di parere sulla tossicità dei vari idrocarburi e metalli pesanti trovati in diversi alimenti”.
28 maggio 2018
Gli articoli di Cova Contro sul cibo inquinato nella Val d’Agri (e non solo):
“Idrocarburi pesanti in un campione di latte proveniente da Viggiano. Presenti anche arsenico, cadmio, piombo e Ipa” (24 maggio 2018)
“Idrocarburi pesanti nel caciocavallo podolico: quasi un grammo per chilo, oltre che nella carne, anche nel Parmigiano Reggiano le tracce sono consistenti” (15 dicembre 2017)