L’acronimo appare invero alquanto forzato: P.u.g.l.i.a. Lat., che sta per “Promozione, Unicità, Garanzia, Lavorazione, Innovazione, Ambiente”, per latte e derivati. Si tratta di un progetto ideato dal Dipartimento di Medicina Veterinaria – Sezione di Sicurezza degli Alimenti” dell’Università degli Studi di Bari, a cui hanno collaborato il Cnr/Ispa e la Regione Puglia.
L’obiettivo dichiarato è quello di incrementare in regione il numero di allevamenti da latte, attraverso la scelta di razze che offrano la migliore qualità possibile del latte, con un occhio anche alla produttività, alla redditività e all’efficienza della produzione, cioè dell’allevamento.
«P.u.g.l.i.a. Lat.», ha spiegato la prof.ssa Marilia Tantillo, docente di Medicina Veterinaria, «è un progetto nato per fare chiarezza su diversi temi del comparto lattiero-caseario: dalla sostenibilità delle produzioni alla salvaguardia dell’ambiente e della biodiversità, dalla difesa dei piccoli allevamenti al miglioramento della qualità dei prodotti in termini di sicurezza sanitaria, qualità nutrizionali, caratteristiche nutraceutiche e funzionali».
«Per realizzare tutto questo», ha proseguito Tantillo, «dobbiamo costituire un gruppo operativo di allevatori, prima, e casari, dopo, che siano convinti di dover innovare il sistema di allevamento di bovine lattifere con tecniche semi-ntensive e al pascolo, associando a questo il recupero di una tipologia di alimentazione con essenze foraggere tipiche del territorio, escludendo tassativamente gli insilati».
La selezione della componente vegetale da somministrare alle bovine sarà definita in sede di progetto considerando diete ricche di oli vegetali con elevate quantità di acido linoleico e α-linolenico e acidi grassi polinsaturi (Pufa), o di concentrati amilacei, che permettono di ottenere un aumento nel latte di acidi linolelici coniugati (Cla), quali elementi funzionali e nutraceutici.
«La garanzia della qualità nutraceutica del latte e dei suoi derivati», ha precisato Tantillo, «è anche correlata al trattamento termico della materia prima: l’utilizzo di corretti indici di riferimento atti a determinare l’entità del trattamento termico e/o l’aggiunta di latte in polvere e sostituti del latte, è un obiettivo che ci prefiggiamo di raggiungere, ai fini della certificazione del rispetto dell’impiego esclusivo di latte crudo pugliese nella produzione dei derivati lattiero-caseari ottenuti nell’àmbito di P.u.g.l.i.a. Lat.». «Il progetto infatti si propone di determinare la quantità della furosina, quale ulteriore marker a tutela delle produzioni locali e a salvaguardia della qualità e trasparenza commerciale».
«Tuttavia», ha poi aggiunto la docente dell’ateneo barese, «la concentrazione di acidi linolelici coniugati (Cla) nei prodotti lattiero-caseari può essere incrementata anche dall’attività di alcuni ceppi di batteri lattici (bifidobatteri, batteri lattici e proprionibatteri) dotati di linoleato isomerasi, un enzima che catalizza la conversione dell’acido linoleico in Cla».
«Questi lattobacilli», ha concluso Tantillo, «saranno isolati e caratterizzati dal punto di vista biomolecolare; i ceppi più performanti saranno saggiati come colture starter o additivi per la produzione di prodotti lattiero-caseari funzionali con elevati livelli di Cla o inclusi nei formaggi come culture probiotiche, al fine di valorizzare i prodotti tradizionali pugliesi non solo attraverso l’ottimizzazione delle loro caratteristiche di tipicità, ma anche sfruttandone e potenziandone le proprietà salutistiche».
Il progetto P.u.g.l.i.a. Lat., così come è stato concepito dal Dipartimento di Medicina Veterinaria – Sezione di Sicurezza degli Alimenti, in concorso con il Cnr/Ispa, sarà inserito nella sottomisura 16.2 della Regione Puglia che sostiene – con 500mila euro – la realizzazione da parte di gruppi operativi, di progetti pilota e attività di sviluppo di nuovi prodotti, pratiche, processi e tecnologie nell’agroalimentare e forestale, nonché il trasferimento e la disseminazione dei risultati raggiunti.
1º ottobre 2018