
Più di una volta, su queste pagine, abbiamo scritto di fondi pubblici erogati dall’Ue “ai soliti noti”, raccontando di danaro pubblico elargito a piene mani a chi già ne ha abbastanza, asserendo che “piove sul bagnato”, che i soldi vanno sempre – o quasi – a chi già ne ha. A chi non produce in maniera sostenibile, a chi – anziché presidiare il territorio – lo danneggia.
Bene, anzi male, malissimo, perché quelle nostre affermazioni trovano oggi una conferma attraverso lo studio “Soldi pubblici in pasto agli allevamenti intensivi”, pubblicato martedì scorso da Greenpeace. Uno studio, basato sulla ricerca del giornalista investigativo Nils Mulvad, data specialist e fondatore del sito web FarmSubsidy.org, dimostra come il sistema dei finanziamenti pubblici sia fortemente sbilanciato dalla parte della zootecnia industriale.
Rispetto all’uso dei fondi Pac (Politica Agricola Comune) i dati mostrano che finanziamenti per un’ammontare compreso tra i 28,5 miliardi di euro e i 32,6 miliardi di euro – ovvero tra il 18% e il 20% del budget annuale dell’Ue – sono andati a beneficio di allevamenti sempre più intensivi, o di aziende che coltivano prodotti destinati alla mangimistica, e che oltre il 71% di tutta la superficie agricola dell’Ue (in larghissima parte coltivazioni e seminativi; in misura marginale terreni adibiti a produzione di fieno e pascoli) è destinata all’alimentazione del bestiame allevato in maniera intensiva.
I terreni agricoli nell’Ue – Quello che più colpisce, nello studio pubblicato dall’associazione ambientalista, è che “escludendo dal calcolo i pascoli, oltre il 63% delle terre coltivabili è utilizzato per produrre mangime per gli animali anziché cibo per le persone. L’analisi, basata sui dati Eurostat, dimostra come la Pac (Politica Agricola Comunitaria) abbia fortemente contribuito a trasformare il settore zootecnico europeo in una dimensione esasperatamente intensiva, a dispetto dalle crescenti evidenze scientifiche che dimostrano i drammatici danni arrecati al clima, all’ambiente e alla salute pubblica dalle produzioni industriali esasperate.
“Gli scienziati”, sottolinea Greenpeace, “avvertono che dobbiamo diminuire drasticamente la produzione di carne per evitare disastrose conseguenze per l’ambiente, la salute e il clima” e “i sussidi della Pac, invece di incentivare gli agricoltori verso un’agricoltura più ecologica stanno spingendo in una direzione pericolosa”. «A questo si aggiunge», spiega Federica Ferrario di Greenpeace Italia”, «la mancanza d’informazioni ufficiali sull’ammontare complessivo di tali sussidi» e in particolare di quelli «destinati alla zootecnia, il che è sintomatico di una preoccupante opacità del sistema».
Gli animali da reddito – Oltre a valutare l’uso dei terreni, lo studio ha preso in considerazione i dati Eurostat sugli allevamenti: nel 72% dei casi gli animali vivono in aziende intensive di grandi dimensioni. Tra il 2005 e il 2013 il numero complessivo degli allevamenti dell’Ue è diminuito di 2,9 milioni – quasi un terzo del totale – a discapito delle aziende più piccole. Tra il 2004 e il 2016 l’Italia ha perduto più di 320 mila aziende (-38%), mentre il numero delle aziende agricole molto grandi è aumentato del 21%, e quello delle aziende grandi del 23%.
«Le aziende agricole di piccole dimensioni», ha così aggiunto Ferrario, «stanno scomparendo a ritmi allarmanti, e il denaro pubblico aiuta quelle di dimensioni maggiori a crescere sempre più». Una situazione inaccettabile. “Questi risultati”, afferma lo studio di Greenpeace, “si uniscono alle crescenti prove scientifiche sui danni arrecati al clima, all’ambiente e alla salute pubblica dalla produzione e dal consumo eccessivo di carne e di prodotti lattiero-caseari”. Se servissero conferme, basterà pensare all’ultimo rapporto di The Lancet (gennaio scorso), in cui i cittadini europeoi sono invitati a ridurre i consumi di carne rossa del 77%.
“L’allevamento intensivo in Europa”, sostiene Greenpeace, puntando il dito anche sul tema dell’antibioticoresistenza, “è favorito dalle politiche agricole dell’Unione stessa, che invece dovrebbe sostenere sistemi con minore impatto ambientale”. In questo senso l’associazione richiede all’Ue di dedicare almeno il 50% della Pac al sostegno di un’agricoltura ecosostenibile, di rendere più severi i criteri di accesso ambientali a fondi pubblici, stabilendo un numero massimo di capi per superficie, assegnando più aiuti ai segmenti rispettosi dell’ambiente e disincentivando il consumo di prodotti di origine animale attraverso i fondi Pac.
«Questo è il momento» conclude Ferrario, «per invertire la rotta. Ce lo chiede il pianeta. I governi nazionali e il Parlamento europeo non possono non tenerne conto nella negoziazione della prossima Pac, che riguarderà il periodo 2021-2027». Una Pac che verrà discussa in Commissione Agricoltura, il 6 di marzo, per approdare all’inizio di aprile nell’aula dell’Europarlamento. Una vertenza però quella sulla Pac che difficilmente verrà chiusa nella legislatura presente, a causa delle nuove elezioni europee, dal 23 al 26 maggio prossimi.
18 febbraio 2019
L’invito di Greenpeace, che abbiamo fatto nostro e a cui vi preghiamo di aderire, è quello di firmare la petizione presente a questo link