
Si sono conclusi, dopo quattro mesi di sperimentazione, i test condotti dai ricercatori dell’Hkb, l’Haute école des arts (Universita delle Arti) di Berna per verificare se e quanto la musica possa influenzare il gusto dei formaggi durante la loro maturazione. A studiare questo aspetto della trasformazione casearia è la sonochimica, una branca della scienza che studia le influenze delle onde sonore, e l’effetto delle risonanze sui corpi solidi.
L’ipotesi di verificare un’eventualità apparentemente remota era nata all’inizio dell’anno scorso, quando il casaro Beat Wampfler, che produce Emmental nel paesino di Berthoud, nel Cantone di Berna (Burgdorf per i germanofoni), aveva iniziato a ipotizzare che le vibrazioni musicali possano influenzare il gusto dei formaggi.

Rivoltosi ai ricercatori dell’Hkb e ricevuta la loro visita, Wampfler aveva ottenuto la disponibilità ad operare un test che è stato poi condotto su rigorose basi scientifiche: otto forme, appartenenti ad uno stesso lotto di produzione sono state poste all’inizio di novembre all’interno di altrettante cassette di legno corredate con un diffusore acustico (nella foto). Ogni diffusore è stato collegato ad altrettante sorgenti di riproduzione sonora (musica ed emissioni di frequenze sonore), in funzione 24 ore al giorno per centoventi giorni circa. Per operare una degustazione comparata, i responsabili dell’Hkb hanno predisposto una nona forma del medesimo lotto, stagionata nello stesso locale, escludendola dall’irradiazione sonora.
I giornalisti svizzeri che si sono presentati in questi mesi nella sede dell’azienda per chiedere informazioni, hanno riferito di “un caseificio normale”, così avevano scritto, “se non fosse per la musica che ne pervade gli ambienti”. Qualche giornale allora azzardò un paragone con certi allevamenti, in cui grazie proprio alla musica gli animali producono più latte, forse per dire che le buone onde sonore qualche effetto positivo su ciò che ci circonda lo ottengono.

Dalla teoria alla pratica – La collaborazione tra il produttore – che oltre ad essere casaro è anche veterinario – e gli studiosi dell’istituto bernese si basa su una ipotesi tutt’altro che campata in aria: «I batteri», aveva detto Wampfler ai giornalisti elvetici, «sono responsabili della formazione del gusto del formaggio, con enzimi che ne influenzano la maturazione. Sono convinto che l’umidità, la temperatura e i nutrienti non siano gli unici fattori ad incidere sul gusto, e che i suoni, gli ultrasuoni e la musica possono anche avere effetti fisici».
E così, come programmato, al termine del periodo di sperimentazione, il 14 marzo, è giunto il momento della verifica, operata da un panel di degustatori professionisti, alla presenza degli studiosi, del casaro e dei suoi collaboratori. Qui di seguito, la lista delle musiche utilizzate, che sono state cinque, in aggiunta alle emissioni di tre distinte frequenze (bassa, media, alta) e ad una cassetta che, come detto, è stata lasciata “silente” per avere un termine di paragone:
1. Nessun suono (cassetta di riferimento)
2. Musica ambient: Yello – Monolith
3. Musica classica: W.A. Mozart – Il flauto magico
4. Musica techno: Vril – UV
5. Musica rock: Led Zeppelin – Stairway to Heaven
6. Frequenza media: 200 kHz
7. Alta frequenza: 1000 kHz
8. Musica hip hop: A tribe called Quest – We Got (the Jazz)
9. Bassa frequenza: 25 kHz

Il progetto, che è stato denominato “Cheese in Surround Sound – Un esperimento di arte culinaria”, ha condotto al test di verifica sensoriale, ripetuto due volte (“con risultati del tutto simili”, hanno precisato gli organizzatori) per non lasciare nulla al caso: una degustazione alla cieca il cui esito ha premiato la musica hip-hop, dal momento che la forma sottoposta all’irradiazione di questo genere musicale ha ottenuto i maggiori consensi.
«I batteri hanno fatto un buon lavoro», ha detto Wampfler durante la presentazione del test, aggiungendo che «l’analisi sensoriale ha rivelato che il formaggio esposto all’hip-hop era straordinariamente fruttato, sia all’olfatto che al gusto, e significativamente diverso dagli altri campioni».
Sull’esito della sperimentazione si è espresso anche il Prof. Michael Harenberg dell’Hkb: «Siamo stati travolti dalla nostra stessa iniziativa: pensavo che avremmo ricevuto una tipica reazione “svizzera”, perché il formaggio ha un ruolo culturale importante qui nell’Emmental, e così siamo rimasti sorpresi che a contattarci siano stati anche diversi giornalisti stranieri; persino dal Sud Africa ci sono arrivate richieste per interviste e approfondimenti».
Tornando al protagonista di questa iniziativa, Wampfler si è dichiarato soddisfatto per il test condotto e per «l’esito ottenuto, che potrebbe avvicinare il mercato dei giovani al formaggio». Nella speranza che questo avvenga, pare che delle richieste siano già arrivate al caseificio da diverse parti del mondo, da gente che – solo per avere interessi musicali specifici – ha già fatto le prime ordinazioni di “formaggio rock” e “tekno”.
Qualche interesse quindi si è mosso, in sostanza, ma quello che più avrebbe in mente adesso Wampfler, si dice, è un altro test per indagare le sfumature di cui il mondo hip hop è composto. Attraverso la selezione di diversi brani di vari interpreti e autori e con altrettanti formaggi, cercare di capire più nel dettaglio come da uno stesso genere musicale possa scaturire un microcosmo di nature e sfumature diverse, con il formaggio in cui si esalta una certa frutta secca più di un’altra, un’erba, la burrosità o magari – chissà! – i fiori di qualche pascolo alpino.
18 marzo 2019
Clicca qui per il video (“Hip hop best bet for a cheese that will please – Swiss study”) sulla degustazione, dal canale YouTube “Trending News”