
Gli esperti di settore già lo sapevano. I produttori di mozzarella di bufala, al pari dei cultori del prodotto, ne erano al corrente: il frigo nuoce al perlaceo latticino; in sostanza, guai a mettere una mozzarella in frigo. Perderebbe larga parte della sua bontà, e anche molti dei valori nutrizionali che – sorprendentemente – migliorano col passare delle ore, ma non per molti giorni, purtroppo.
A darcene prova è uno studio scientifico condotto di recente nei laboratori di analisi del Gruppo Maurizi di Roma, dove il prodotto è stato testato nei giorni scorsi, dal punto di vista chimico, microbiologico e sensoriale.
Per rispondere alla fatidica domanda su quale sia il modo migliore per conservare la mozzarella, «abbiamo realizzato uno studio in laboratorio che dimostra come il prodotto mantenuto fuori dal frigorifero non solo è più buono, ma è anche migliore dal punto di vista nutrizionale». A spiegarlo è Daniela Maurizi, amministratore delegato dell’omonimo gruppo, specializzato in sicurezza alimentare, ambientale e dei luoghi di lavoro.
«Per paura della proliferazione batterica», precisa Maurizi, «molti conservano la mozzarella di bufala in frigorifero, a discapito della sua qualità, facendo inorridire i miei amici campani«. Al momento dell’acquisto, «la mozzarella appena prodotta viene posta in un sacchetto con il suo siero di conservazione, adatto al trasporto e molto importante per garantire la sapidità e mantenere il prodotto idratato».
Nel nostro studio, prosegue l’ad della società romana, «abbiamo analizzato delle mozzarelle conservate a temperatura ambiente, in frigorifero a 4°C e in frigorifero con passaggio in acqua tiepida per 20 minuti prima del consumo, in tempi diversi», vale a dire:
- il giorno della produzione
- il giorno dopo
- due giorni dopo
Su questi prodotti, così conservati, «abbiamo realizzato diverse analisi, e in particolare:
- prove microbiologiche
- prove chimiche
- analisi sensoriale
In sostanza, prosegue Daniela Maurizi, « nella mozzarella tenuta a temperatura ambiente non abbiamo riscontrato alcun problema di tipo microbiologico, mentre la mozzarella di bufala conservata in frigorifero perde profumo e consistenza». In quella «conservata fuori dal frigorifero, invece, gli acidi grassi, che inizialmente sono saturi, grazie alla presenza di alcuni enzimi, migliorano la loro natura e diventano precursori di Omega 3 e Omega 6, con vantaggi dal punto di vista nutrizionale». Quindi, contrariamente a quanto verrebbe spontaneo pensare, la scelta più salutare è proprio quella di mantenere la mozzarella fuori dal frigorifero, e consumarla al massimo il giorno dopo.
Una gestione a parte se la si consuma nelle 48 ore – Nel caso in cui la si volesse consumare entro i due giorni dalla produzione, la ricerca rivela che, dal punto di vista organolettico, la migliore modalità di conservazione sia in frigorifero, con l’accortezza poi di effettuare un passaggio in acqua a 37°C per venti minuti, prima del consumo.
“I quattro assaggiatori che hanno eseguito l’analisi”, spiega il comunicato del Gruppo Maurizi, “hanno valutato i seguenti parametri:
- Colore – A differenza di quella vaccina, la mozzarella di bufala non deve avere nessuna sfumatura tendente al paglierino e deve essere quindi di color bianco perla;
- Aspetto visivo – Struttura liscia ed omogenea in superficie, sfogliata e porosa internamente;
- Profumo muschiato e lattiginoso;
- Sapore – acidità lattiginosa e sapida;
- Consistenza ed elasticità – tenace alla masticazione.
I parametri di valutazione sono stati espressi su una scala di valori da 0 (estremamente negativo) a 4 (estremamente positivo); la sufficienza è stata considerata al raggiungimento di un valore pari almeno a 2.
“La conservazione in frigo”, spiega l’azienda, “comporta una diminuzione del punteggio di tutti i parametri del prodotto presi in considerazione, coprendo addirittura il parametro “profumo” e facendo perdere elasticità al prodotto esaminato”. Ma non solo: “con il passare dei giorni, la mozzarella conservata in un clima mite migliora chimicamente, riuscendo ad aumentare il contenuto di acidi grassi mono e polinsaturi”.
La temperatura di servizio gioca un ruolo fondamentale anche sotto l’aspetto del parametro “sapore”, perché il latte di bufala ha una percentuale di grasso superiore al latte vaccino: le componenti grasse con il freddo tendono infatti a cristallizzare, rilasciando in bocca una sensazione di grassezza invadente e non suadente come ci si aspetterebbe.
Quindi, dal punto di vista organolettico, la mozzarella di bufala migliore è quella mantenuta a temperatura ambiente. “Fino a 48 ore”, rassicurano gli esperti del Gruppo Maurizi, “non c’è da avere timore di eventuali contaminazione batteriche”.
1 aprile 2019