La 26ª edizione della “Mostra di ovini di razza frabosana roaschina”, tenutasi nello scorso week-end a Roaschia, in provincia di Cuneo, ha richiamato numerosi e partecipi visitatori da tutta la provincia e oltre, grazie anche al suo ricco programma e agli interessanti contenuti proposti (produzione e degustazione di formaggi, premi agli ultimi transumanti e ai migliori esemplari di razza, musiche occitane e altro ancora.). Tra di essi, ha avuto un buon risalto la presentazione del progetto “Smart Sheep” curata per l’occasione dal Prof. Luca Battaglini del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino (ne è proponente e coordinatore il Prof. Mario Baratta del Dipartimento di Scienze Veterinarie della medesima università).
In effetti, le scelte di un numero crescente di consumatori sono sempre più influenzate da fattori estrinseci come l’origine del prodotto, in generale le pratiche di produzione (misconosciute da larghissima parte della gente), il benessere degli animali (definizione largamente abusata dall’industria), i valori sociali e religiosi, i cambiamenti climatici, l’inquinamento dell’acqua e dell’aria e la salute umana. Tutti motivi in grado di attrarre l’interesse dei consumatori per i prodotti della zootecnia estensiva.
L’attitudine delle pecore a utilizzare aree marginali – Le pecore sono adatte a vivere in una gran varietà di ambienti, grazie alla loro versatilità e adattabilità nutrizionale. Possono essere nutrite con una dieta concentrata, con solo foraggio oppure con la combinazione di entrambe. Nel bacino del Mediterraneo europeo, i sistemi di pastorizia basati sui pascoli sono localizzati principalmente in aree ad elevato valore naturale marginale.
“Questi sistemi di allevamento semiestensivi”, spiegano i ricercatori dell’università torinese, “sono multifunzionali, poiché offrono molteplici servizi ecosistemici alla collettività. I ruoli economico, ambientale e sociale” di questo tipo di allevamento, proseguono i ricercatori, “sono ugualmente importanti e riconosciuti dai responsabili delle politiche e dalla società”. A ribadirlo, se mai servisse, gli esiti delle prime ricerche, che, proseguono gli studiosi, “stanno dimostrando che il pascolo gestito da pecore è estremamente vantaggioso per l’ambiente, da un punto di vista ecologico con un sostegno alla biodiversità”.
Inoltre, l’allevamento al pascolo favorisce la protezione contro l’erosione del suolo e il dilavamento dei terreni. I pascoli sono un grande serbatoio per il carbonio organico, e – se gestiti in modo corretto – contribuiscono a ridurre i livelli atmosferici di anidride carbonica, limitando l’accumulo di gas serra. Gli stessi pascoli forniscono l’habitat per due terzi della nostra fauna selvatica e l’acqua per le aree urbane. La preservazione di queste realtà inoltre produce sempre maggior interesse turistico.
Cibo con elevati valori nutrizionali e salutistici – Il progetto Smart Sheep tiene in considerazione anche i valori nutrizionali e salutistici del latte e della carne di ovini nutriti con erba, e dei loro derivati, sottolineando che il latte di pecora e la carne d’agnello sono fonti significative di grassi omega-3, hanno un miglior rapporto tra grassi omega-6 e omega-3 e e un alto contenuto di Cla (acido linoleico coniugato)”, tutti valori associati a diminuito rischio di infiammazione e malattie cardiache. “Il 40% del grasso nell’agnello nutrito con erba”, sottolinea la presentazione del progetto, “viene dall’acido oleico, un grasso monoinsaturo con alto valore nutrizionale, ottima fonte di antiossidanti come anche il selenio e lo zinco contenuti nel latte di pecora allevata al pascolo”.
La promozione di un’alimentazione con presenza di queste sostanze antiossidanti è giustamente ritenuta interessante per aspetti medico-nutrizionali, come fattore protettivo contro lo stress ossidativo, e per la prevenzione di patologie cardiovascolari.
A fronte di tutti questi valori e vantaggi, però, la carne ovina da allevamento estensivo deve ancora trovare le necessarie forme di promozione e d’innovazione per il miglioramento della redditività e della competitività di questo settore, al fine di valutare la sua capacità di sostenere le sfide future del cambiamento climatico, l’uso delle risorse, la sicurezza alimentare e la produzione alimentare socialmente accettabile. Ma anche la qualità della nutrizione e le problematiche legate al vero benessere degli animali.
“L’obiettivo principale del progetto Smart Sheep”, sottolineano i suoi fautori, n“è quello di far fronte allo sviluppo di nuovi e più efficienti sistemi sostenibili, innanzitutto nella gestione del gregge in alpeggio, al fine di migliorare la salute degli animali, riducendo l’intervento antibiotico dove possibile, anche attraverso un controllo più fine del benessere animale ed, essendo in un sistema di allevamento estensivo, con un controllo più adeguato della localizzazione degli animali in aree estese e marginali”.
È anche per via di questa sua particolarità che il progetto prevede una ricerca multidisciplinare in partnership: la medicina veterinaria, la scienza zootecnica (Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari, referente Prof. Luca Battaglini) e l’ingegneria elettronica lavoreranno insieme, in forte connessione con la categoria degli allevatori/pastori parte integrante del piano operativo.
Il consorzio infatti valuterà gli aspetti relativi alla salute e al benessere degli animali anche attraverso l’uso di nuovi biosensori integrati con l’analisi di biomarcatori classici quali il cortisolo e nuovi quali i microRNA circolanti in un gregge durante l’allevamento convenzionale in stalla (stagione invernale) e al pascolo (stagione estiva).
Il collegamento diretto tra salute animale, il benessere e l’uso del farmaco saranno determinati utilizzando tecniche innovative per la gestione di precisione dell’azienda zootecnica.
Il principale nodo affrontato dai moderni sistemi di produzione animale è il mantenimento dei migliori standard possibili di salute e benessere degli animali, insieme ad un’alta produttività e a un impatto ambientale minimo. E questo, in un’epoca caratterizzata da un aumento della domanda di prodotti di alta qualità, da realtà allevatoriali di più grandi dimensioni e dalla diminuzione del contatto tra animali e personale di allevamento.
L’approccio tecnologico utilizza il rilevamento automatico e la conoscenza affermata offerta da biomarcatori classici come gli ormoni. Lo stress causato dalla gestione degli animali ha un impatto significativo sulla performance degli stessi. Attraverso una raccolta in tempo reale e individuale di diversi parametri clinici e anche per analizzare gli effetti dello stesso dispositivo in un sistema esteso e “naturale” come i pascoli di montagna rispetto a un sistema “convenzionale” il progetto permetterà di analizzare le opportunità offerte da questo approccio sia sulla prevenzione della salute che sulla gestione pastorale del gregge.
Sarà geolocalizzato ogni singolo capo – Inoltre, SmartSheep si doterà di un sistema di localizzazione per ogni singolo capo, al dine di verificarne gli spostamenti su aree estese, la sicurezza, il benessere animale, e lo farà con nuovi dispositivi innovativi, sviluppati dal gruppo di ricerca, come i sensori RFID (sistemi di identificazione a radiofrequenza, sviluppati per fornire informazioni rapide sui dispositivi mobili agli attori della catena alimentare, prima di tutto ai pastori) applicabili a ciascun animale, per la raccolta diretta e indiretta di parametri di stress acuto attraverso la raccolta di parametri cardiovascolari, frequenza respiratoria e temperatura corporea, che verranno valutati in associazione con altri parametri legati allo stato fisiologico, come alcuni ormoni e microRNA circolanti, sia durante la stagione invernale (stalla) sia durante quella estiva (pascolo).
Per monitorare i movimenti delle pecore, la ricerca si propone di sviluppare, in cooperazione con il partner, un nuovo sistema di rilevamento (MuSA) per il controllo degli spostamenti anche in aree dove la rete 3G è carente.
20 maggio 2019