Una nuova tempesta mediatica si abbatte su Lactalis e percorre una buona parte del mondo di lingua anglosassone, dall’Inghilterra all’Australia. Nuovi ritiri di prodotti giungono a distanza di appena un anno e mezzo dal clamoroso caso del latte per l’infanzia, contaminato da salmonella (una vicenda lunga tredici anni, con migliaia di vittime, ndr) e commercializzato in 83 Paesi: in Europa, Asia, America Latina e Africa.
Stavolta l’emergenza tocca il Regno Unito prima e l’Australia poi, e riguarda altre tre pericolose insidie: listeria monocytogenes, escherichia coli e un non meglio precisato “contaminante chimico”.
Due dei tre casi risalgono ad una decina di giorni fa e hanno avuto come scenari l’Inghilterra, per un formaggio grattugiato – il Galloway Colored Medium Grated Cheddar – distribuito dalla Lactalis McLelland Ltd. – e l’Australia, per un’ampia gamma di latti (variamente addizionati e scremati, in diversi formati), con nomi e scadenze differenti ma con un’unica problematica, genericamente descritta dai responsabili della Lactalis Australia Pty. Ltd. come una “contaminazione da detergente utilizzato dall’industria lattiero-casearia”.
Nessun indizio particolare nel caso del formaggio, prontamente ritirato dal mercato, e un evidente gusto chimico-metallico per i latti incriminati. Gusto che nell’utilizzo del prodotto in cucina o nella preparazione di alcune bevande potrebbe non apparire evidente ai consumatori. Questo aspetto, unito alla difficoltà nell’individuare i prodotti, a causa delle tante variabili in questione (varie etichette, formati e scadenze), ha portato un po’ di scompiglio tra i consumatori australiani, a cui i media stessi hanno contribuito (giustamente) con articoli come questo, su Abc.net, e questo, su Sbs.com, dopo che l’ente per la sicurezza alimentare Nsw Food Authority aveva lanciato l’allarme.
Messi sul chi va là da una rilevante pressione mediatica attorno al 14 scorso, i consumatori australiani sono di nuovo stati investiti da un allarme giovedì 20 giugno, per un altro richiamo riguardante stavolta otto diversi latti, tutti con scadenza al 2 luglio. Stavolta per una contaminazione da escherichia coli, con prodotti distribuiti nel territorio di Victoria e nel Nuovo Galles del Sud.
Ancora una volta l’azienda ha presentato le proprie scuse attraverso i media locali e nazionali, sottolineando che i prodotti restituiti verranno, come previsto dalle vigenti normative, rimborsati.
Come prevedibile, una così alta concentrazione di richiami alimentari, ad una distanza di tempo tutt’altro che rilevante (18 mesi) dal caso del latte per l’infanzia contaminato da salmonella ha portato alcune testate giornalistiche ad alzare il tiro, spostando il focus narrativo da etichette, lotti e scadenze all’azienda, ai suoi proprietari e alla loro smisurata ricchezza.
È così che alcune foto di Emmanuel Besnier, personaggio tutt’altro che conosciuto in Australia sinora, hanno cominciato ad apparire sui giornali del Paese, come quelle pubblicate dal quotidiano 7News, che nel suo articolo “Milk recall: Reclusive French multi-billionaire operates Victorian factory at centre of milk contamination scare” descrive il Ceo di Lactalis International “un multimiliardario solitario che vive in Francia” ovvero come “il capo invisibile di una dinastia lattiero-casearia globale del valore di 12,1 miliardi di dollari”.
L’articolo di 7News torna infine a puntare il dito sul clamoroso caso del latte per l’infanzia e sulle sue 35 piccole vittime francesi, aggiungendo che – secondo l’agenzia stampa France-Presse – “Emmanuel Besnier continua a vivere una vita solitaria” e che “la segretezza di Besnier si estende alla società, che si rifiuta di divulgare i dettagli finanziari”, preferendo pagare le sanzioni previste in casi come questo.
Mentre la società consolida le sue posizioni di mercato in Europa, con la recente acquisizione di Nuova Castelli e la riorganizzazione globale del gruppo, un mercato di sicuro non facile da conquistare e mantenere come quello australiano rischia di sfaldarsi sotto i piedi del gigante francese. Che in effetti dimostra di non avere attenuanti sul piano della sicurezza alimentare. Forse, ancor prima del riassetto mercantile, sarebbe stata utile una riorganizzazione dei piani di sicurezza che, a destra e a manca, manifestano di avere la tenuta di un vero e proprio colabrodo.
24 giugno 2019
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