Quand’è che una vacca da latte si sente bene? Quand’è che vive a suo agio, libera da condizionamenti e stress? La questione non è di quelle a cui si possa rispondere con facilità, ma a guardar bene è da qualche anno che il mondo scientifico se lo sta chiedendo. Se da un canto troppo spesso vengono trovati risposte e argomenti di comodo, ad uso e consumo della grande industria (il concetto di “benessere animale” buono per etichettare prodotti industriali da vacche recluse in stalla), da un altro c’è chi — per fortuna — studia sistemi produttivi largamente orientati alla produzione ecosostenibile, biologica, rispettosa della fisiologia del ruminante e in grado di assecondare la sua naturale predisposizione al pascolamento.
I territori in cui buona parte di tali produzioni operano sono compresi tra la Baviera e il Sud Tirolo: in quell’areale si concentrano la maggior parte delle aziende che producono Heumilch (latte fieno) Stg. Particolarmente virtuoso risulta essere il territorio salisburghese, in cui il 43% delle aziende zootecniche (pascoli inclusi) sono riuscite ad ottenere la certificazione biologica (laddove questa non si limita al controllo di scartoffie come spesso avviene da noi, ndr).
Nella zona di Salisburgo, da anni, i ricercatori della Boku – Universität für Bodenkultur (Università delle risorse naturali e scienze della vita) di Vienna, coordinati dal Prof. Christoph Winckler, studiano il cosiddetto fenomeno del “SalzburgMilch” (Latte di Salisburgo) grazie ad un programma denominato “WelfareQuality©”, un protocollo per la raccolta di dati sul benessere e la salute degli animali, teso ad analizzare la risposta delle vacche ai diversi regimi di allevamento.
Il WelfareQuality tiene conto di tutti i parametri rilevanti per la vacca da latte — dall’alimentazione al metodo di allevamento, di mungitura, etc. – valutando nel complesso il benessere degli animali nelle singole fattorie incluse nello studio. Al termine dell’ultima sessione di lavoro, i ricercatori della Boku hanno presentato, la scorsa settimana, i risultati del “Rapporto sulla Salute degli Animali 2019”, in cui sono stati presi in esame, oltre all’alimentazione e la salute, anche la postura della bovina e il suo comportamento nello spazio condiviso.
Uno studio che si rispetti, si sa, deve basarsi su un ampio campione di aziende e di soggetti presi in esame e, a quanto pare, i ricercatori della Boku hanno preso molto seriamente questo aspetto della ricerca, tant’è che sono stati monitorati attentamente tutti ma proprio tutti gli oltre 2.600 allevamenti di vacche da latte che producono il SalzburgMilch.
Una piccola parte degli allevatori è aiutata a migliorare – Secondo le stime dei ricercatori, un 5% circa degli delle vacche da latte austriache vive alla catena per tutta la vita: una condizione al giorno d’oggi impensabile, che ha resistito sin qui per l’eredità di vecchie pratiche di allevamento tradizionale e per l’inadeguatezza delle strutture di cui alcuni contadini dispongono: stalle piccole, con pochi capi, disponibilità economiche limitate e impossibilità di costruire una nuova struttura. Un sistema arcaico di gestione della mandria che ha resistito sino a noi, in cui l’animale è nutrito prevalentemente a fieno, ma non ha modo di esprimere il naturale contatto sociale con il suo simile, e non può di fatto muoversi molto, giammai circolare liberamente. Su queste stalle il programma attuato dagli enti locali dovrà intervenire, dal momento che quel 5% dovrà quanto prima ridursi, per essere azzerato.
Nella fase di studio, questi allevamenti hanno dato agli studiosi diverse e interessanti informazioni, utili per capire molte delle necessità della vacca da latte. Per fortuna però la gran parte delle loro “colleghe” salisburghesi vivono in stabulazione libera e godono dell’accesso al prato, raggiungendo almeno i 120 giorni di pascolo. In alcuni (pochi) sistemi di allevamento una tale garanzia di pascolamento coincide con una temporanea restrizione alla catena (in genere dalla mungitura serale alla mungitura del mattino), e questo ancora una volta per le limitate dimensioni delle stalle.
Un programma di migliorie da attuare stalla per stalla – In tutti i casi presi in esame, gli operatori della sanità veterinaria interverranno per cercare di attuare le migliorie necessarie per una buona riconversione. Il punto di arrivo è evidentemente quello di ottimizzare le condizioni di vita dell’animale (spesso piccole modifiche migliorano di molto, nella sostanza, il benessere dell’animale), senza perdere di vista il reddito e le limitate disponibilità di spesa del contadino, a cui è riconosciuto il ruolo importante di presidio del territorio, con tutti i risvolti – paesaggistico, ambientale, ecologico, sociale – che la sua presenza in montagna rappresenta.
Venendo finalmente al restante 95% delle vacche salisburghesi — vale a dire quelle in condizione di godere di un buon benessere animale — la ricerca ha evidenziato due indicatori fondamentali nella sua valutazione, vale a dire quanto la vacca vive e quanto essa produce (non tanto né troppo latte, bensì la quantità di latte che l’animale produce naturalmente).
Lo studio ha confermato che se l’aspettativa di vita della vacca è elevata e l’animale è messo in grado di produrre senza forzature un buon latte, pagato in maniera adeguata, l’efficienza economica dell’agricoltore aumenta in maniera significativa. Altro aspetto fondamentale tra quelli presi in considerazione è lo stato di salute dell’animale: se esso ha una malattia (o un malessere, fisico o psicofisico), il suo benessere è disturbato da essa. Al contempo è vero che bovine non sfruttate si ammaleranno di rado, e in una condizione di allevamento naturale e rispettoso delle esigenze dell’animale, la regolare osservazione del bestiame da parte del contadino aiuterà ulteriormente a prevenire le malattie e ad aumentare il benessere reale.
Partendo da tale presupposto, gli studiosi della Boku hanno messo a punto un protocollo denominato “SalzburgMilch Health Initiative”, sulla base del programma di WelfareQuality, per il raggiungimento di un miglior benessere e della salute degli animali. Un protocollo che adesso viene applicato alle circa 2.600 aziende che producono latte nella zona di Salisburgo. Esso tiene in considerazione tutti gli indicatori del benessere degli animali: una buona postura, una buona alimentazione, una buona salute e dei comportamenti adeguati alla loro natura, consentendo una valutazione completa del benessere reale.
Un’attività che coinvolge tecnici, ispettori, allevatori – Per chiudere il cerchio, il progetto coinvolge i tecnici deputati ad eseguire controlli e ispezioni e ad emettere le certificazioni, per conto di enti indipendenti. Ciascuno di essi è stato formato all’interno del progetto, e questo è uno dei cambiamenti rilevanti rispetto al passato, dal momento che in precedenza nessuno era stato addestrato sui criteri più idonei per valutare il benessere degli animali negli allevamenti da latte. A loro verranno demandati i controlli di polizia veterinaria, e i loro report saranno preziosi per i futuri interventi dei ricercatori. In altre parole è stato attivato un work-in-progress che porterà un sistema produttivo già esemplare a migliorare ulteriormente nel tempo.
Tutte le vacche presenti negli allevamenti monitorati (il primo ciclo di verifica si è chiuso alla fine dello scorso anno) verranno ciclicamente valutate, almeno una volta ogni tre anni, da un ente di controllo indipendente. I risultati delle indagini verranno valutati dagli studiosi e messi a disposizione dell’allevatore, che potrà confrontarsi con i tecnici che operano per la sua azienda (l’alimentarista, l’agronomo, il veterinario, etc.) per attuare specifici piani di ottimizzazione basati sulle valutazioni periodiche. L’aspettativa è alta sui risultati che si potranno conseguire, e questo per due principali fattori: l’aumentata possibilità di movimento delle bovine e la maggior consapevolezza che gli agricoltori hanno acquisito grazie all’attuazione di questo programma.
Il ruolo dei consumatori – Fatto tutto ciò, nella prospettiva di migliorare ulteriormente qualcosa che già buono è, l’attenzione si rivolge al consumatore, e al suo diritto di trovare sulla confezione di latte gli strumenti per sapere cosa sta acquistando, obiettivo che – se si guarda bene – prelude alla creazione di un circuito virtuoso in cui il benessere degli animali tende a sostenere il benessere dei consumatori.
La maggior parte di questi richiede di avere maggiori informazioni sulle condizioni di produzione nell’allevamento, e i mezzi per raggiungere un livello accettabile di benessere degli animali devono essere forniti dal produttore, perché in sostanza il cliente decide davanti alla confezione di latte, cosa comprare e cosa lasciare sullo scaffale (in Austria la proposta di Heumilch Stg fresco è assai ampia, ndr).
Tutto questo mette in luce quanto raramente considerato: non basta uno studio che migliori una produzione. Non basta operare i dovuti controlli indipendenti. Serve un ultimo passo, quello dell’informazione portata a chi acquista, e serve che questa venga mantenuta attiva ed aggiornata. In altra parole non ci si deve accontentare della faccia del contadino sulla confezione – sia essa di latte, di riso o di carne – ma deve essere attuata una politica della trasparenza – constante e continua – che vada a modificare in meglio anche il rapporto tra il mondo dei consumi e il mondo di chi alleva e produce.
In questo senso va letta la pubblicazione del rapporto sulla salute degli animali del sistema SalzburgMilch, presentato di recente a Salisburgo dagli esperti della Boku ma anche dai veterinari, dai controllori e dai contadini. Nelle mani di tutti loro è riposto il futuro della “Animal Health Initiative”, che al momento ha messo a disposizione dei consumatori un primo resoconto (in lingua tedesca), attraverso il sito web Milch.com (ampiamente realizzato anche in inglese e in italiano, con le estensioni “.com/en” e “.com/it”), che rafforzerà e attualizzerà un racconto che oggi già avviene in ogni punto vendita, attraverso ogni singola confezione di latte.
24 giugno 2019