In che modo le mamme e i papà, all’alba della storia dell’uomo, hanno nutrito i propri figli? Grazie al prezioso lavoro di un team internazionale di archeologi, oggi è possibile aggiungere qualche risposta alle tante domande possibili attorno a questo tema. Si mette così meglio a fuoco un aspetto non secondario della storia dell’umanità, che ci consente di capire quanto le donne e gli uomini della Preistoria abbiano avuto abitudini simili a quelle dei moderni genitori.
In sostanza, grazie alle recenti analisi su vasellame di terracotta proveniente dalla Baviera, gli studiosi ipotizzano che i bambini venissero svezzati integrando il latte materno con quello di vacche, pecore e capre. E che la somministrazione di questi alimenti avvenisse per mezzo di piccoli vasi di terracotta che nella sostanza svolgevano la funzione dei moderni biberon: ben più pesanti, ovviamente, e meno che mai sterilizzabili, ammesso e non concesso che la necessità della loro igiene fosse percepita più di 5mila anni or sono.
Le analisi operate sui resti dei bambini lasciano pensare che la somministrazione di questi alimenti supplementari iniziasse attorno ai sei mesi di vita, e che lo svezzamento venisse completato attorno ai due-tre anni di età. Gli arcaici biberon sono stai trovati sparsi nei siti archeologici un po’ ovunque, come a testimoniare che gli antichi genitori ne avessero correntemente a disposizione per supplire alla necessità di rifocillare i loro piccoli in ogni momento della giornata.
Questi particolari vasi hanno dimensioni molto contenute e fogge di vario genere, spesso ornate di figure animali, forse presenti per offrire ai piccoli degli elementi in grado di cogliere la loro attenzione. Vasi che, al di là delle varie finiture, erano dotati tutti di beccucci vagamente anatomici, che permettevano il moderato flusso di piccole quantità di liquido.
A permettere di decifrare tutto ciò è stato un nuovo tipo di analisi di questi oggetti, vale a dire una tecnica denominata “analisi dei residui organici”, che in genere avviene prendendo in esame la polvere degli utensili in terracotta. In questo caso, il valore dei manufatti era tale che i ricercatori hanno scartato l’ipotesi di comprometterne anche un solo pezzo.
Per questo motivo l’intervento su tre di questi piccoli vasi è stato effettuato operando delle micro-perforazioni in grado di produrre una quantità sufficiente di polvere di terracotta da analizzare. Una volta ottenuta, essa è stata trattata con una tecnica chimica in grado di estrarre le molecole dei lipidi in essa contenuti. Questi lipidi provengono da grassi, oli e cere naturali normalmente assorbiti dal vasellame preistorico durante la cottura dei cibi o, nel caso del latte, con il suo riscaldamento.
Fortunatamente, questi lipidi resistono integri anche per migliaia di anni, e proprio grazie a loro è stato possibile capire come gli esseri umani si alimentassero: gli adulti in maniera non tanto divrsa da noi, cucinando carni, pesci, verdure e miele. La presenza dei lipidi del latte delle tre principali specie lattifere (tra le prime domesticate, ndr) in quei piccoli e particolarissimi vasi e il reperimento degli stessi in prossimità dei resti dei bambini hanno permesso di capire tanto la funzione di quel vasellame – destinato all’allattamento – quanto l’uso che del latte munto da quegli animali venisse fatto.
L’interpretazione di questo particolare vasellame e dei lipidi in esso ritrovati risulta peraltro compatibile con la nascita delle prime comunità agricole stanziali e con la teoria della “transizione demografica neolitica”, che vede il latte animale diffuso in alcune parti del mondo sia per svezzare i bambini più piccoli che per nutrirli dopo lo svezzamento, migliorandone l’alimentazione e incidendo positivamente sulla mortalità neonatale.
La popolazione umana si è così accresciuta in maniera significativa e con essa, di conseguenza, sono aumentate le dimensioni degli insediamenti umani, trasformatisi nei villaggi e nelle città che, attraverso successive fasi demografiche, sociali e urbanistiche sono divenute ciò che conosciamo oggi.
A guardar bene in questi arcaici biberon, c’è quindi la chiave di lettura di una transizione importantissima della storia dell’umanità, quella che ha portato gruppi di cacciatori-raccoglitori itineranti a divenire allevatori e agricoltori stanziali.
Come tutte le ricerche, anche questa non sfugge alla prospettiva di condurre a nuove e più precise domande, giacché se da un canto la mortalità infantile si ridusse grazie all’introduzione di quell’alimento nella dieta della specie umana, dall’altro un’alimentazione a base di latte crudo avrebbe comportato una serie di rischi, dovuti alla sua contaminazione da batteri e alla trasmissione di malattie dall’animale all’uomo.
Le non poche domande che da qui potranno scaturire, confrontando ad esempio questi reperti con altri simili, provenienti da altre aree geografiche e scavi archeologici, ci porranno nelle condizioni di migliorare ulteriormente la lettura della nostra storia, anche grazie ai progressi che nuovi metodi analitici ci offriranno in futuro.
30 settembre 2019