Microbiologi Usa al lavoro per creare il blu “american style”

Il Coulommiers, un formaggio francese a latte crudo – foto Myrabella© – Creative Commons License

Il mondo scientifico ha fatto qualche passo in avanti nella comprensione dei microrganismi “buoni”, fondamentali nella caratterizzazione di alcune classi di formaggi (ad esempio negli erborinati e nelle croste lavate). Senza le muffe e i lieviti, si sa, non avremmo molte delle complessità aromatiche dei grandi prodotti caseari.

L’ultimo studio in materia, condotto dal gruppo di ricerca diretto dal microbiologo statunitense Benjamin Wolfe presso la University of Tufts di Medford (Massachusetts) ha documentato il diverso comportamento dei funghi naturalmente presenti negli ambienti rispetto a quelli selezionati, utilizzati nella gran parte dei formaggi in commercio.

Il microbiologo statunitense Benjamin Wolfe – foto University of Tufts© – Medford

I ricercatori statunitensi hanno analizzato l’evoluzione di funghi spontanei che, nel giro di poche settimane si sono evoluti in varietà dominanti che ricordano la loro versione “addomesticata”, vale a dire il penicillium camemberti. Le loro osservazioni hanno permesso di giungere a nuove considerazioni sul cosiddetto “addomesticamento” dei funghi: vale a dire che, nelle giuste condizioni, alcuni ceppi selvatici hanno la capacità di trasformarsi rapidamente in funghi commestibili.

Da qualche tempo il Prof. Wolfe stava così “allevando” e monitorando dei comuni penicillium e la loro capacità di far “evolvere” il formaggio (e altri alimenti), teoricamente deteriorandoli. Secondo i ricercatori statunitensi, ad esempio, i funghi “blu”, che caratterizzano formaggi come il Roquefort, lo Stilton, il Cabrales e il Gorgonzola, seppur con sfumature differenti, in laboratorio evolverebbero rapidamente.

«In breve tempo», ha sottolineato Wolfe, «quel fungo blu, dall’odore pungente, che tenevamo sotto osservazione ha smesso di produrre tossine. Questo ci ha indotto a capire che esso, in determinati ambienti, potrebbe davvero modificarsi in tempi molto rapidi».

Prendendo spunto da questo, Wolfe e il suo staff hanno iniziato a raccogliere ceppi selvatici di penicillium dalle pareti di grotte di stagionatura di formaggi, nel Vermont. Tornati in laboratorio, gli scienziati hanno avviato delle colture delle varietà raccolte in capsule contenenti cagliate di formaggio. In alcune di esse, alla cagliata venivano aggiunti solo i ceppi selvatici, mentre in altre gli scienziati avevano introdotto anche altri funghi, selezionati per la loro capacità di colonizzare il formaggio.

Dopo una settimana di maturazione, tutte le varietà avevano assunto delle tonalità blu e verdi, lanuginose e indistinte, ma relativamente invariate. Dopo tre o quattro settimane, con il trasferimento in una nuova capsula di cagliata, il gruppo di ricercatori aveva iniziato a notare una trasformazione interessante: in più di un terzo dei contenitori le varietà selvatiche avevano preso a modificare le sembianze e l’odore, che via via sembrava sempre più simile a quello del penicillium camemberti. Alcune varietà apparivano più bianche e levigate, altre meno indistinte.

Sottoposte all’analisi genomica, le varie colture non avevano mostrato rilevanti differenze dal punto di vista genetico. Ad una più attenta analisi, invece, era stato osservato che l’ambiente stesso aveva innescato i ceppi fungini inducendoli ad alterare l’espressione dei loro geni.

Eppure tutto «questo non è necessariamente imputabile alla sola genetica», ha detto Wolfe. “C’è qualcosa in questi ambienti di stagionatura dei formaggi che probabilmente attiva, nella crescita, un interruttore epigenetico. Non sappiamo però cosa lo inneschi né quanto esso sia stabile».

In sostanza, la ricerca, pubblicata di recente sulla rivista mBio, suggerisce che i ceppi fungini associati ai cibi fermentati (non solo al formaggio ma anche alla birra e al vino) sono stati probabilmente addomesticati in via del tutto accidente migliaia di anni fa. I test di laboratorio effettuati dai ricercatori della University of Tufts ipotizzano anche che nuovi aromi caseari potrebbero essere creati controllando quello che è stato definito l’”addomesticamento” delle varietà selvatiche.

«I funghi che vengono utilizzati per produrre il camembert americano sono francesi», ha aggiunto Wolfe, «ma forse possiamo trovare ceppi selvatici, portarli in laboratorio e addomesticarli. Potremmo in questo modo avere un approccio diverso con la caseificazione e iniziare a pensare che domani i formaggi degli Stati Uniti potrebbero avere delle loro specifiche peculiarità», dovute proprio alle imprevedibili capacità di mutamento che tali funghi hanno dimostrato di avere.

21 ottobre 2019