
Ogni tanto può essere interessante guardare il mondo in cui operiamo da una prospettiva diversa dal solito. Prendiamo ad esempio quella delle tecnologie avanzate: chi opera in quel settore guarda molto spesso al primato in sé e per sé, all’evoluzione dei processi produttivi, alle ottimizzazioni, alle produzioni su larga scala, arrivando al punto di trascurare – non per cattiva indole ma forse per non essersi posto il problema – le conseguenze negative che un nuovo processo tecnologico può indurre – che so? – ad un animale in stalla.
Se escludiamo le icone ideali che la pubblicità ci propone da decenni, fatte sempre e solo di vacche libere al pascolo (ma i creativi non erano quelli che rompevano gli schemi?, ndr) – tutti sappiamo, e lo sappiamo bene, che la normalità per una “mucca” (come la chiamano loro) è quella di vivere in stalla. Oltre quel portone, da cui difficilmente la povera bestia mai uscirà, se non per l’unico ed ultimo tragico viaggio (tragico, ché di pietas tra gli addetti alle macellazioni ne circola ben poca), non è dato sapere cosa accada, là dentro, né al consumatore medio, che neanche ci pensa a tutto ciò quando gusta un gelato (ci mancherebbe!) o quando mangia una bistecca, Né tantomeno al giornalista che si trovi a scrivere un articolo sui sensori intelligenti. [continua dopo la pubblicità]
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Leggere di zootecnia su un sito web dedicato alla tecnologia è come trovarsi sospesi in una dimensione astratta, dove quel che conta è il record e nulla più che il record, il passo in avanti, il miglioramento funzionale fine a sé stesso. È esattamente questo ciò che emerge da un articolo come quello intitolato “Ecco in che modo i sensori intelligenti potranno migliorare l’agricoltura”, apparso mercoledì 20 maggio su Focustech, a firma di Marco Inchingoli.
Si badi bene, se l’articolo appare convincente per larga parte dell’esposizione riguardante il mondo agricolo vero e proprio (ad esempio, i sensori permetteranno di economizzare l’acqua, permettendo l’irrigazione del campo solo dove l’acqua serve davvero!), la trattazione della materia zootecnica non va più in là delle logiche produttive. Innanzitutto il pezzo ci propone il concetto di “alimentatore intelligente”, e ci si mette invero un po’ per capire che non si tratta di quel che tutti vorremmo per il nostro telefono cellulare bensì di un congegno che gestisce l’erogazione dell’alimento per la “mucca”. Che ovviamente non è l’erba né il fieno (il redattore tecnologico non ci pensa che quell’animale è un erbivoro), bensì il “mangime” (parola dietro la quale si celano un’infinità di soluzioni, più o meno orientate al benessere dell’animale; e del consumatore, ndr).
Collegato a sua volta al “sensore intelligente”, l’alimentatore eroga mangime e il sistema registra esattamente “il tempo di visita di ciascuna mucca e l’esatta dose di mangime somministrata”. Fantastico nella prospettiva dell’allevatore, molto meno in quella dell’animale, che – in un modo o nell’altro – verrà privato anche della libertà di mangiare quel che sente di dover mangiare già che dovrà mangiare invece a sufficienza per produrre quel che il suo padrone (si usa per i gatti, si potrà dire per le vacche, sì?) vuole che si produca. Ci perdoni sin qui chi non apprezza il sarcasmo: avremmo dovuto pensare e scrivere che dopotutto una “macchina da latte” deve garantire determinati livelli produttivi senza “se” e senza “ma” per stare nel progetto dell’allevatore. Altrimenti, che macchina sarebbe? [continua dopo la pubblicità]
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Sbalordisce però leggere (parole testuali dell’articolo, ndr) che “l’alimentazione delle vacche da latte è particolarmente importante per mantenerle sane e garantire la qualità del latte che producono”. Davvero sorprendente leggere di sanità animale (il pezzo non dice che la vita media delle suddette non andrà oltre i 5 anni, ndr) e di qualità del prodotto, già che le vacche, dotate di rumini, danno il meglio in termini qualitativi, solo se il loro apparato digerente si trova a elaborare gli alimenti per cui è fatto, vale a dire l’erba e il fieno.
“I risultati preliminari”, prosegue il testo, “mostrano che la produzione di latte nelle mandrie, utilizzando le nuove tecnologie è aumentata dell’1% (una grande conquista dei sensori intelligenti!), ma ha anche migliorato la qualità del latte del 20% (ancora una volta la “qualità” di chi fa numeri non guarda a ciò che conta, vale a dire agli acidi grassi bensì e e solamente alla quantità di proteine, grassi e carica batterica presenti nel “prodotto”). “Allo stesso tempo”, prosegue l’articolo, “il numero di animali malati è diminuito del 6% (chi è passato dall’alimentazione a base di mangimi a quella fondata su fieno ed erba assicura che il veterinario non lo si vede più in stalla se non per situazioni eccezionali) e il numero di mucche abbattute è stato inferiore del 24%” (rispetto alla stalla-lager senza sensori intelligenti: una vera conquista, ndr).
La scienza al servizio del business ci mostra quel che vuole, come vuole
Appare evidente quindi come uno studio dell’ottimizzazione produttiva di un sistema giunga alle conclusioni che si vogliono raggiungere in funzione degli interessi che si vogliono conseguire. Ancora una volta la scienza – o la tecnologia avanzata, fate voi – al servizio del business ci appare nient’affatto oggettiva bensì asservita alle logiche del committente. [continua dopo la pubblicità]
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Ad altre conclusioni si sarebbe arrivati, se obiettivamente si fosse tenuto conto dell’uso dei sensori cosiddetti intelligenti anche nella dimensione del più naturale pascolamento: di quali integrazioni eventuali avrebbe avuto – ad esempio – bisogno la vacca “XYZ” dopo aver mangiato meno calendula delle altre. Ma questa è al momento solo una fantasia; accontentiamoci del supporto dei droni al pascolo, di cui vi abbiamo riferito nello scorso febbraio.
Senza fretta, e senza che se ne debbano occupare necessariamente un giornalista od un giornale dedicato alle tecnologie avanzate, rimaniamo in attesa che qualcuno applichi i sensori intelligenti anche nella dimensione di chi alleva e può parlare – a pieno titolo – nel e di vero benessere animale e vera qualità del prodotto.
25 maggio 2020