
Bere, acquistare, produrre latte A2 in Nuova Zelanda è la norma. È da lì e dall’Australia che il fenomeno dei latti di vacche caratterizzate da genotipo A2A2 ha preso il via, anni fa, conquistando fette sempre più ampie di mercato, prima negli Usa e poi, più in generale, nel mercato di lingua anglosassone.
Se da un lato nessuna ricerca scientifica è ancora riuscita – ad oggi – a dimostrare in maniera inequivocabile i suoi pro, c’è dall’altra una moltitudine di consumatori che da anni affermano – sui social media, ma soprattutto con gli acquisti – che il latte A2 è un prodotto più digeribile (e, si ritiene, salubre) del latte A1, che altro non è che il latte convenzionale in commercio in Italia e nella gran parte dell’Europa.
Ed è proprio dalla Nuova Zelanda e dal mondo della ricerca che ci giunge notizia d’una ricerca scientifica sul latte A1 e sulle problematiche legate al suo consumo. Un articolo di Keith Woodford, dal titolo chilometrico ma assai esaustivo (“New findings published by Nature Research, demonstrating how A1 milk predisposes for asthma and lung inflammation…”, vale a dire “Le nuove scoperte pubblicate da Nature Research Journal, che dimostrano come il latte A1 predispone all’asma e all’infiammazione polmonare”) è stato pubblicato mercoledì scorso, 3 giugno, sul sito web Interest.co.nz, riferendo i risultati di uno studio compiuto da ricercatori indiani, pubblicato il 15 maggio dall’autorevole rivista scientifica Nature Research. [continua dopo la pubblicità]
![]() |
L’articolo inquadra innanzitutto l’attuale situazione dell’India, Paese in cui la gran parte delle vacche sono ancora A2 e la ricerca è fortemente impegnata a capire le differenze tra i due tipi di latte: “Prima di oggi, diverse prove dimostravano che la beta-caseina A1 e quindi il latte A1 sono pro-infiammatori e collegati a condizioni autoimmuni. Tuttavia, la nuova ricerca pubblicata da Nature Research nella rubrica “Scientific Reports” è la prima a esplorare questi effetti pro-infiammatori e immuno-correlati della beta-caseina A1 nelle vie aeree e nei polmoni”.
“Il problema del latte A1 rispetto al latte A2”, prosegue l’articolo, “si riferisce al fatto che la beta-caseina nel latte sia o meno del tipo A1 o A2. Moltissimo latte, proveniente da razze europee di vacche è di tipo A1, mentre i bovini asiatici, le pecore, le capre, tutti gli esseri umani e molte altre specie animali producono latte in cui la beta-caseina è esclusivamente di tipo A2. Il latte A1, quando digerito, rilascia un frammento proteico chiamato beta-casomorfina che ha caratteristiche oppioidi. Questo oppioide può avere una miriade di effetti” sull’organismo di chi lo consumi.
L’articolo continua palesando le ragioni per cui la scienza non ha sinora indagato più di tanto in questo àmbito, insinuando che la politica e gli interessi commerciali in gioco hanno pesato sinora sulla conoscenza e sulla divulgazione. Tesi anche questa non dimostrabile ma assai verosimile. [continua dopo la pubblicità]
![]() |
Tornando allo studio, esso è stato condotto su topi, nutriti con l’equivalente d’un bicchiere di latte al giorno per un umano, per trenta settimane. I topi sono stati trattati con metacolina, secondo uno standard utilizzato nell’uomo per verificare nel soggetto problematiche relative all’asma. La ricerca è stata condotta somministrando, ovviamente, ad un gruppo di topi il latte A1 e ad un altro il latte A2.
“I risultati”, spiega l’articolo, “sono stati molto chiari. I topi che erano stati a dieta con latte A1 erano molto più sensibili all’asma quando somministrati con metacolina. Ciò è stato causato sia dalla costrizione delle vie aeree che dall’infiammazione dei polmoni”.
Per chi voglia approfondire, sia l’articolo che la ricerca (entrambi in lingua inglese) sono forniti per il libero accesso.
8 giugno 2020
![]() |