È proprio vero, quando si dice che “tutti i nodi vengono al pettine” difficilmente si sbaglia, e il detto popolare non si smentisce neanche stavolta. A ricordarcelo, oltre l’evidenza dei fatti, è un recente studio internazionale dedicato al fenomeno dell’ibridazione a cui il lupo sta andando incontro, inesorabilmente.
Dopo essere stato salvato dall’opera di contrasto – condotta da contadini e cacciatori sino al secondo dopoguerra – attraverso una reintroduzione forzata e mal programmata, il lupo è ora in una condizione tutt’altro che rosea, che mette a rischio il futuro stesso della specie. A causa di una gestione approssimativa condotta da chi predicava la sua salvaguardia, il predatore più amato dagli italiani si trova nella paradossale prospettiva di scomparire, nel giro dei prossimi decenni.
A rivelarlo è un recente studio scientifico internazionale, diretto dalla Dr.ssa Valeria Salvatori dell’Iea (Istituto di Ecologia Applicata) di Roma, supervisionato da Prof. Paolo Ciucci del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie dell’Università degli Studi La Sapienza.
Il rischio maggiore per il predatore più amato da benpensanti e buonisti arriverebbe dagli ibridi, generati dall’accoppiamento tra lupi e cani, che si stanno diffondendo in maniera esponenziale, attraverso il fenomeno dei lupi in dispersione (soggetti allontanati dai branchi, che migrano dalle montagne alle campagne e dalle campagne verso i centri abitati) tanto in Italia quanto in Europa. Un fenomeno che si sarebbe potuto contrastare se si fosse operata per tempo una necessaria riduzione selettiva, auspicata più volte e da più parti, che nel nostro Paese non è mai stata attuata.
“Il fenomeno del’ibridazione”, spiegano gli studiosi, “quando diffuso e frequente, è destinato a portare alla perdita dell’identità genetica delle popolazioni di lupo, con il rischio di condizionare l’ecologia, l’aspetto esteriore e il comportamento della specie, nonché i valori socio-culturali e di conservazione ad essa associati”.
Grazie all’opera di conservazione attuata in Europa negli ultimi decenni – con una protezione legale che non ha precedenti – il lupo ha spontaneamente ricolonizzato nel Continente molte delle aree da cui era scomparso dall’inizio del secolo scorso, conquistandone di nuove. Tale espansione però sta portando il lupo a stabilirsi in aree abitate, in cui le possibilità d’interazione con i cani sono assai frequenti.
In sostanza, la ricerca – condotta dal gruppo di lavoro della Dr.ssa Salvatori – ha operato in vari Paesi europei, attraverso il coinvolgimento di diversi esperti locali, documentando e studiando la presenza di ibridi e le risposte gestionali attuate. Lo studio, pubblicato la scorsa settimana sulla rivista Biological Conservation, ha evidenziato che ibridi tra lupo e cane sono presenti in tutte le popolazioni lupine d’Europa e che molti Paesi, compresa l’Italia, non sono intervenuti né hanno in programma di intervenire né per monitorare né per contrastare il fenomeno, tradendo le prescrizioni di trattati internazionali quali la direttiva Habitats e la Convenzione di Berna.
Nella maggior parte dei Paesi presi in esame (non in Italia, oramai, purtroppo, ndr) gli ibridi rappresentano ancora una piccola porzione della popolazione di lupo e ciò renderebbe ancora possibile programmare e realizzare efficaci interventi di prevenzione e controllo.
Ciò che la ricerca ha messo in luce è la mancanza di protocolli e di standard operativi di riferimento a livello internazionale, necessari per indirizzare gli interventi. Dallo studio sono emersi ulteriori aspetti che destano preoccupazione negli esperti: in primo luogo la mancanza di un monitoraggio sistematico dell’ibridazione in molti Paesi europei – Italia in testa – rende difficile la rilevazione dei casi e gli eventuali interventi da condurre per evitarne una diffusione su più ampia scala.
In secondo luogo risulta assai grave la mancanza di una univoca tecnica analitica per identificare geneticamente gli ibridi. Ciò conduce al paradosso per cui uno stesso individuo potrebbe essere classificato in un Paese come ibrido ed in un altro come lupo, a seconda dell’indirizzo locale con cui vengono svolte le analisi sui campioni biologici.
Questa eterogeneità rappresenta uno dei più grossi intralci ad un’adeguata analisi e mitigazione del fenomeno, sia a livello nazionale che comunitario. «Gli ibridi tra lupo e cane», ha spiegato il Prof. Ciucci, «sono fertili e a loro volta possono incrociarsi di nuovo con i lupi, diffondendo, con il progredire delle generazioni di reincrocio, varianti genetiche tipiche del cane all’interno del genoma lupino».
«Questo», ha sottolineato l’esperto, «pone la questione di come stabilire una soglia oltre la quale gli ibridi non sono più da considerare come tali. In questi termini, non esiste ad oggi una definizione di ibrido che sia stata accettata a livello internazionale ed è questa la cosa più urgente da cui partire per poter dare risposte concrete sul fronte gestionale».
In conclusione, gli autori della ricerca suggeriscono di includere nei trattati internazionali indicazioni più chiare sulla gestione degli ibridi e dei cani vaganti, auspicando che gli ibridi tra lupo e cane – comunque protetti per legge – vengano gestiti univocamente dalle autorità competenti.
A nulla vale voltarsi indietro per far capire a chi si ostini a mantenere i paraocchi il danno compiuto per non essere intervenire in tempo. Chi consulti la “lista rossa” dell’Iucn (International Union for the Conservation of Nature), vale a dire la più attendibile banca dati sullo stato di conservazione delle specie animali (e vegetali) scoprirà che da anni il lupo è classificato tra gli animali a “rischio minimo d’estinzione”, vale a dire che sono caduti i presupposti scientifici per la sua protezione.
Quanto tempo quindi si dovrà aspettare per attuare la necessaria politica di contenimento della specie, attraverso la necessaria riduzione selettiva? Oltre le proprie posizioni oramai indifendibili (ideologiche e di interessi anche economici, è evidente), inizino a chiederselo gli amici del lupo: chissà che poi non si possa trovare una convergenza d’intenti tra chi, allevando, mantiene vivo un territorio e di chi ha evidentemente tirato troppo la corda su una protezione tanto cieca quanto nefasta per il lupo stesso.
22 giugno 2020
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