
L’apparente paradosso riguarda la fonte da cui arriva l’allarme: uno dei principali player della mangimistica internazionale – Alltech – ha diffuso lunedì scorso 16 novembre dati molto gravi, che riguardano la contaminazione da micotossine dei mangimi in commercio nel Regno Unito.
Le micotossine sono sostanze tossiche prodotte da funghi, che mettono a rischio la salute degli animali, la sanità dei prodotti alimentari – latti, carni etc. – da questi derivati e, di conseguenza, insidiano la salute di chi si nutra di quel cibo.
Nella sua azione divulgativa, Alltech ha allertato i presidi sanitari territoriali, i tecnici, gli allevatori, a proposito dell’alta percentuale di mangimi a rischio tra quelli in commercio, ma anche tra quelli già presenti nelle aziende agricole.Stando a quanto dichiarato dalla società, la percentuale di insidie che detti mangimi veicolano è “medio-alta”, dal momento che il 46% delle razioni prodotte con insilati nella scorsa primavera e in estate è stata classificata con un rischio “moderato” e ”alto”.
Con l’occasione dell’annuncio, l’azienda ha ribadito la necessità di vigilare sulla qualità dei prodotti, sia all’acquisto che nel corso della conservazione, indicando come particolarmente critici i mangimi insilati che – quando contaminati – possono rivelare anche solo tardivamente (in corso di stoccaggio, visibili talvolta ad occhio nudo) la presenza di micotossine. Con un po’ di pratica, partendo semplicemente dalle schede divulgative fornite da alcuni mangimisti, si può ad esempio interpretare una muffa all’inizio bianca che poi vira al blu-grigio-verde, come penicillium.
Sapere che il penicillium – ad esempio – induce nella vacca sintomi simili a quelli dell’acidosi (ma non l’acidosi), incide sulla consistenza del letame e provoca improvvisi cali nella resa lattea è fondamentale per capire – di fronte a quelle evenienze – da cosa esse potrebbero dipendere, e arrivare a verificare eventuali contaminazioni degli insilati.
Per fornire un’informazione più completa sui funghi che sono in grado di produrre micotossine (ad oggi sono circa trecento quelle che la scienza conosce), basti pensare che esse appartengono in gran parte a tre generi molto diffusi (l’aspergillus, il penicillium e il fusarium). Si tratta di muffe che si sviluppano con formazioni pulverulente bianche, verdastre o nere, in particolar modo nei mangimi (foraggi, insilati, sfarinati) e nelle derrate alimentari (cereali e frutta secca).
Negli animali e nell’uomo, le micotossine causano effetti tossici, di varia rilevanza e diversa natura, a seconda dell’entità e della frequenza dell’esposizione. Sono caratterizzate da strutture chimiche diverse tra loro, in quanto prodotte da specie diverse o da ceppi diversi della stessa specie fungina, ma si possono tuttavia riunire in gruppi di prodotti simili. Al momento quelli che la scienza ci ha permesso di conoscere meglio sono le aflatossine (prodotte soprattutto dall’aspergillus), le fumosinine, lo zearalenone, i tricoteceni (prodotti dal fusarium), l’ocratossina e la patulina (prodotte dal penicillium).
A chi dovesse pensare che il problema è circoscritto al Regno Unito va il nostro invito a non trascurare la cosa: in un mercato globalizzato come quello dei mangimi, in cui lo stesso prodotto è presente in diversi Stati, l’Italia è un Paese a rischio tanto quanto gli altri. È anche per questo motivo che faremo bene ad evitare i prodotti di animali alimentati con mangimi, anche e soprattutto se insilati.
23 novembre 2020
Leggi anche l’articolo “Micotossine: il male invisibile” dal sito web Great Italian Food Trade