Latte: la disinformazione corre sul video, ed è sostenuta da chi dovrebbe contrastarla

Capita di tanto in tanto che il sito web Il Fatto Alimentare riesca a sorprenderci, e a piacerci, per inchieste e articoli un po’ (o anche molto) controcorrente, schierati dalla parte dei consumatori e poco – o per nulla – allineati all’informazione mainstream. A volte invece, come questa volta, il nostro stupore acquisisce un segno opposto, negativo o colpevolmente negativo, e questo perché a sollecitarlo sono messaggi errati, affermazioni fuori luogo, e più in generale un’informazione che appare vedova del necessario approccio critico.

È il caso, questa volta, di un articolo di dieci giorni fa – scusateci per questo: la settimana scorsa ci era parso un pezzo come mille altri – intitolato “Quale latte per la colazione? Il video dell’Istituto zooprofilattico delle Venezie che spiega le differenze”. Un articolo di poche righe, che include un video che per vari motivi non può e non deve lasciarci indifferenti.

Bene, anzi male, malissimo, perché questo video – che per di più è prodotto da un ente pubblico, che dovrebbe avere il compito di educare – diseduca, confonde, semina ignoranza. Doppio errore quindi (quello di un sito web consumer e di un istituto zooprofilattico)? No, un errore al quadrato, perché l’errore di chi ha realizzato il prodotto visuale (che incorporiamo in calce a questo articolo) è avallato dall’errore di chi ne promuove l’esistenza – confermandone tesi e lacune – pur essendo un giornale che da sempre si definisce “dalla parte del consumatore”. Ed è qui il punto: perché la Redazione del sito web, che firma il pezzo, non si preoccupa minimamente di criticarlo quel video, di metterne in discussione il contenuto, di accennare ad alcunché del molto che se ne dovrebbe dire.

In sostanza nei 2’50” di “Quali sono i principali tipi di latte in commercio?” (questo il titolo del video, disponibile su YouTube e incorporato nell’articolo) i responsabili del Laboratorio comunicazione dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie trovano solo il tempo di parlare dell’ovvio – quello che tutti sanno: latte crudo, latte pastorizzato, latte uht, latte microfiltrato – dopo averci rammentato che i latti in commercio possono essere di vacca (apprezzabile che non la definiscano “mucca”!), asina, capra, ma si “dimenticano” – colpevolmente – proprio quel che sarebbe necessario dire, cioè quanto la gente in genere non considera o non sa (e trascurando il meglio!): che esistono anche il latte fieno Stg, il latte dell’erba e il latte A2. I primi due che sono i latti che fanno bene alla salute, il terzo, che risulta digeribile a chi crede di essere intollerante al lattosio.

Un’operazione ostile ai latti virtuosi: perché?
Più che di lacune e di semplici dimenticanze, crediamo sia più corretto parlare di disinteresse. O di carenza di interesse da parte di certi enti nei confronti della necessità di spostare l’attenzione dei consumatori su prodotti oggettivamente migliori. Prodotti che – proprio perché ancora poco presenti sul mercato, rispetto ad altri – meriterebbero un’adeguata promozione, e che una corretta informazione fosse veicolata. Per cambiare le cose, per smuovere il mercato verso produzioni ecosostenibili, veramente rispettose del benessere animale, e più semplicemente utili per la salute dei consumatori. Se è vero, com’è vero, che ciò dovrebbe ricadere tra gli interessi di un ente che si occupa di salute pubblica, e di un sito web che da sempre si dichiara “dalla parte dei consumatori”.

18 gennaio 2021