L’atlante dei pascoli getta un ulteriore allarme sullo stato di salute del pianeta

foto Rangeland Atlas©

È stato pubblicato mercoledì 26 maggio il “Rangeland Atlas” (atlante dei pascoli), una pubblicazione che rivela come il 54% delle terre emerse del pianeta Terra sia costituito da vaste superfici coperte da erba e arbusti o da scarsa e resistente vegetazione. Territori che forniscono sostegno a milioni di pastori, raccoglitori, allevatori, e ad un’infinità di animali – allevati e selvatici– costituendo inoltre un importante sistema di dissipazione di grandi quantità di carbonio.

Ma ad oggi, mentre la maggior parte dei piani sul clima concentra la propria attenzione sulle foreste, molta meno importanza è data ai pascoli, lasciando esposto ad un’enorme varietà di minacce questo imponente ecosistema planetario che sostiene natura e persone.

Questa è una delle principali conclusioni a cui arriva il Rangeland Atlas: un ambizioso primo inventario realizzato su iniziativa di una coalizione di organizzazioni internazionali legate all’ambiente, alla conservazione e all’agricoltura: dalla Ilri (International Livestock Research Institute) all’Iucn (International Union for Conservation of Nature), dal Wwf allo UN Environment Programme, all’International Land Coalition, con il contributo della Fao (Food and Agriculture Organization of the United Nations).

Queste realtà, attraverso uno studio minuzioso e capillare durato anni, sono riuscite finalmente a documentare l’attuale stato di pascoli e praterie del mondo, comprese le steppe della Mongolia, la Savana africana, la Pampa sudamericana e le Grandi Pianure del nord America.

Da questo lavoro si evince che i pascoli godono di uno stato di salute tutt’altro che invidiabile: solo il 12% di essi hanno ottenuto lo status di “aree protette”; la restante parte è minacciata o dall’implacabile conversione ad uso agricolo o dall’abbandono a cui segue il rimboschimento, con le conseguenti ripercussioni negative su biodiversità e disponibilità alimentare per gli erbivori.

«Per la prima volta in assoluto», ha affermato Shirley Tarawali, assistente del direttore generale dell’Ilri, «abbiamo una comprensione chiara di quale percentuale delle terre emerse sia coperta di pascoli. Fino ad oggi, gli sforzi di conservazione si sono focalizzati principalmente sulle foreste, ma i pascoli devono ricevere la stessa attenzione».

«Sino ad oggi gli sforzi di conservazione e sviluppo si sono concentrati sulle foreste», ha aggiunto Karina Berg del Wwf, «ignorando gli altri ecosistemi di valore. Questo atlante mostra per la prima volta la dimensione effettiva dei pascoli e sottolinea come non sia possibile ignorarle se vogliamo veramente combattere le crisi climatiche e della natura, e allo stesso tempo sostenere la domanda di cibo globale».

«La protezione, la gestione e il ripristino dei ricchi e vari ecosistemi dei pascoli», ha proseguito Berg, «è fondamentale. La loro rilevanza dev’essere rappresentata all’interno dell’agenda globale».

L’allarme lanciato dal Rangeland Atlas
Tra le altre cose, l’atlante dei pascoli mostra che negli ultimi tre secoli oltre il 60% dei territori selvaggi e dei boschi è stato perduto in seguito a conversioni d’uso agricolo. Si tratta di un’area più grande del Nord America e dell’Australia, ora utilizzata per coltivazioni.

Questo cambiamento di destinazione d’uso del suolo – da prateria a coltivazione agricola – contribuisce alla crisi climatica e condanna le medesime aree a soffrire a causa del riscaldamento globale ed incide negativamente sulla vita delle specie autoctone, sia vegetali che animali, sulla salute dei suoli, delle acque e dell’intero ecosistema.

Per chi voglia consultare il Rangeland Atlas, esso è disponibile online nella sua versione digitale di libero accesso.

Cliccando qui invece si può leggere lo studio sulla situazione delle Alpi italiane.

31 maggio 2021