Il tema della sostenibilità ambientale interessa strati sempre più ampi della popolazione mondiale. Ad un primo approccio il fatto appare senza dubbio positivo, ma non appena ci addentriamo nell’analisi della questione, scopriamo che di puntini sulle “i” bisogna metterne davvero tanti, anzi troppi.
In sostanza, ancora una volta il problema è insito – ed è profondamente radicato – nella mancanza d’informazione del consumatore medio, che trasferendo il proprio personale e limitato immaginario sulla questione, semplifica e approssima una materia assai complessa, spostando il focus della questione in una dimensione parziale e riduttiva – spesso banale – oltre che personale. La questione, di grande attualità, è stata oggetto di due recenti e interessanti studi scientifici.
Sostenibilità: prospettive diverse, conflitto intrinseco
“Le definizioni di sostenibilità dei consumatori sono spesso diverse dalle quelle utilizzate dagli operatori del settore”. A sostenerlo sono i ricercatori della North Carolina State University, che in un articolo apparso nei giorni scorsi sul Journal of Dairy Science – intitolato “Sustainability: different perspectives, inherent conflict” (“Sostenibilità: prospettive diverse, conflitto intrinseco”) – hanno esaminato i fattori che influenzano le percezioni, le tendenze e i desideri di sostenibilità espressi dai consumatori, valutando come in essi le percezioni di sostenibilità si confrontino troppo spesso con le sempre più diffuse proposte comunemente dette – a torto, non a ragione – “alternative a base vegetale”.
“Comprendere le preferenze dei consumatori e le loro opinioni sulla sostenibilità del settore lattiero-caseario”, sostengono gli studiosi della North Carolina State University, “può aiutare gli sviluppatori di prodotti lattiero-caseari a commercializzare con successo i loro prodotti”.
Diversi sono i fattori in grado di influenzare l’idea di sostenibilità della gran parte dei consumatori. Tra di essi figurano il benessere degli animali, l’eventuale natura biologica del prodotto, il sistema di alimentazione, ma anche l’imballaggio, l’etichettatura (di prodotti da latte di animali allevati con fieno o al pascolo) e le percezioni e sensazioni che le etichette “locali” e “pulite”offrono.
L’evidente gap esistente tra il concetto di sostenibilità proprio del consumatore medio e quello di chi produce – soprattutto se si tratti di un’industria, ma anche se a caseificare è un artigiano o un’azienda agricola – può portare a grossi equivoci e a forti delusioni.
“Oltre ai fattori demografico, culturale e psicologico che influenzano la percezione di sostenibilità e l’importanza che il singolo attribuisce ad essa”, sostengono gli studiosi, “il concetto di prodotto che salvaguardi l’ambiente sembra sia mutevole al mutare della categoria merceologica a cui il prodotto appartiene. Diverso tra salumi e formaggi, ma diverso anche tra formaggio e formaggio, a seconda del tipo di prodotto considerato.
Concorrono alla formazione di un’idea diffusa di sostenibilità – in larga misura – i fattori ambientali, ma anche questioni economiche e sociali: non solo quindi le emissioni di gas serra, le fonti energetiche utilizzate, l’utilizzo di suolo e acqua e il benessere animale ma anche – ed è cosa assai meno scontata – il prezzo dei prodotti, la redditività dei produttori e l’impiego di lavoratori regolari.
Secondo gli studiosi statunitensi, “la sovrapposizione di questi concetti può provocare “effetti alone” in grado di influenzare profondamente la percezione e l’intenzione di acquisto”. Ad esempio, un prodotto commercializzato come “sostenibile” può essere visto dai consumatori come più sano, mentre uno proposto come “naturale” può essere considerato più sostenibile. I consumatori hanno dimostrato di essere più propensi ad associare il termine “biologico” a pratiche sane e ambientalmente condivisibili.
I ricercatori mettono in guardia i produttori
La ricerca mette in guardia i produttori sugli errori che si possono compiere suggerendo prodotti lattiero-caseari non convenzionali come alternativa sostenibile, asserendo che ciò potrebbe indurre i consumatori a scartare a priori i prodotti lattiero-caseari con denominazioni diverse da ”sostenibile” e “biologico”.
Gli studiosi si dicono infine convinti che la miglior strategia da adottare includa l’uso del marketing strategico e un orientamento teso a educare gli utenti finali sull’operato dell’industria lattiero-casearia, circa la possibilità di influenzare positivamente la percezione degli acquirenti sui prodotti lattiero-caseari, soprattutto se confrontati con le cosiddette “alternative a base vegetale”.
Verso un marketing sostenibile orientato all’IoE (Internet of Everything)
Un altro interessante studio – intitolato “The Ideas of Sustainable and Green Marketing Based on the Internet of Everything – The Case of the Dairy Industry” (“Le idee di marketing sostenibile e verde basate su Internet of Everything: il caso dell’industria lattiero-casearia” – pubblicato martedì scorso 19 ottobre sul sito web dell’Mdpi (Multidisciplinary Digital Publishing Institute) da ricercatori polacchi e iraniani, riguarda l’uso delle tecnologie informatiche avanzate, che avrebbe cambiato radicalmente il marketing del prodotto lattiero-caseario.
“Concetti come marketing intelligente, sostenibile e verde”, spiegano i ricercatori, “sono emersi negli ultimi venti anni. Una di queste nuove tecnologie è l’Internet of Things (IoT), che ha portato allo sviluppo delle attività e delle performance delle industrie in varie dimensioni”.
“Per i vari oggetti, come persone, processi e dati, coinvolti nelle attività di marketing” proseguono gli studiosi, “l’Internet of Everything (IoE), come lo IoT evoluto, è un possibile scenario futuro da praticare.
“Alcuni settori”, aggiungono gli autori dello studio, “pretendono di essere i primi a implementarlo e più si affidano alle esigenze dinamiche e instabili dei clienti, migliore è la soluzione IoE per loro. Pertanto, questo documento presenta una visione chiara del marketing intelligente e sostenibile basato sull’IoE in uno dei settori dei beni di consumo in rapido movimento – i cosiddetti “Fast-Moving Consumer Goods” (Fmcg) – dell’industria lattiero-casearia”.
“I fattori chiave” ruotano attorno al marketing sostenibile e, spiegano i ricercatori nella chiusura dell’abstract, “sono identificati per aiutare i lettori a comprendere meglio questo concetto. L’intervista all’esperto consente di tracciare un quadro dei fattori che hanno contribuito a implementare con successo l’IoE nel settore lattiero-caseario”.
Basta cliccare qui per leggere l’introduzione della ricerca e consultare l’intero studio, per saperne di più sul marketing sostenibile, lo sviluppo e la promozione di prodotti e servizi nel settore lattiero-caseario.
25 ottobre 2021