
La resistenza agli antimicrobici – detta anche Amr – è, secondo la comunità scientifica mondiale, una delle maggiori criticità per la salute pubblica che l’umanità debba affrontare. La sua principale causa risiede nell’abuso di antibiotici fatto dal sistema industriale del latte e della carne negli ultimi decenni.
Più gli antibiotici vengono utilizzati (da una zootecnia che ha indotto nelle vacche un’infinità di problemi di salute), maggiori sono le possibilità che i batteri diventino resistenti ad essi. Ciò ha portato molti di questi presìdi farmacologici ad essere meno efficaci – o del tutto inutili – laddove in passato avevano portato dei risultati.

Purtroppo, la comunità scientifica internazionale non ha ancora trovato una risposta definitiva per scongiurare questa grave insidia che ogni anno miete milioni di vittime.
Stando a quanto evidenziato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel suo ultimo rapporto in materia, nessuno dei quarantatré nuovi antibiotici in fase di sviluppo nel mondo è realmente in grado di affrontare, in maniera adeguata, la resistenza ai farmaci di alcuni tra i batteri presenti sul pianeta.
La gravità della situazione fu espressa bene nell’estate scorsa dal direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, il quale sottolineò che, se da un canto «sono state perse sinora 3,4 milioni di vite per il Covid-19», da un altro il «bilancio delle vittime dell’Amr potrebbe essere più alto, se non troveremo presto delle soluzioni».

Un approccio innovativo dall’israeliana Mileutis
Uno dei fronti su cui la ricerca si sta muovendo fuori dagli schemi più largamente diffusi, e su cui si nutrono delle aspettative riguarda una startup biofarmaceutica israeliana, la Mileutis. Fondata nel 2004 dall’epidemiologo Jose Iscovich e dal figlio David Javier, che ne è il Ceo, l’azienda ha avviato una propria attività sperimentale, con un approccio totalmente innovativo rispetto a quello della comunità scientifica internazionale.
In sostanza i due hanno deciso di orientare il lavoro senza perdere di vista la radice del problema, vale a dire gli animali allevati in maniera intensiva. Per fare questo Mileutis ha sviluppato un metodo proprio che – ricevute le valutazioni di sicurezza necessarie – è ora in fase avanzata di approvazione sia in Europa (dall’Ema, Agenzia europea per i medicinali) che nel Nord America.
Due prodotti da usare nelle stalle
I prodotti messi a punto da Mileutis sono il Milac e l’Imilac, due alternative agli antimicrobici naturali e di sintesi, sviluppati partendo dalle proteine del latte di vacca, da somministrare ai medesimi animali una volta all’anno.
Per sviluppare i due prodotti, Mileutis ha deciso di ribaltare la questione, partendo non dai rischi per la salute degli umani bensì da quella delle vacche, sapendo che il 70% circa degli antimicrobici utilizzati è somministrato proprio agli animali, ma che ad essere colpiti di conseguenza siamo sia noi umani che l’ambiente.
“I patogeni sviluppano l’Amr e in seguito ci danneggiano”, spiegano gli Iscovich, “semplicemente perché siamo tutti interconnessi”. E il problema, a pensarci bene, ha delle affinità con la pandemia da Covid-19, che – lo sappiamo – deriverebbe da un’epidemia trasmessa dai pipistrelli agli umani. “Per gestire l’Amr, quindi”, proseguono gli imprenditori israeliani, “dobbiamo prima trattare gli animali in modo sicuro”.
Il prodotto di Mileutis migliora il sistema immunitario ed è anche più sostenibile dal punto di vista finanziario a lungo termine, poiché i prodotti dell’azienda sono relativamente economici da sviluppare. Dopo aver trattato le mucche, l’azienda può quindi lavorare allo sviluppo di prodotti per curare anche gli esseri umani.
La resistenza agli antibiotici è un problema importante generato da molti attori dell’industria alimentare, a cominciare da quella lattiero-casearia. Molti animali da latte, sottoposti a continue mungiture, soffrono di mastite, un’infezione che da decenni è comunemente trattata con antibiotici.
Stando a dati forniti dalla stessa Mileutis, più del 96% dei bovini da latte negli allevamenti industriali mondiali riceve ogni anno antibiotici, in particolare all’inizio dell’asciutta, più o meno nei due mesi che precedono i nuovi parti. Una buona percentuale delle vacche allevate in maniera intensiva ha poi delle recidive e viene sottoposta a più trattamenti. Il latte prodotto da soggetti in cura antibiotica dev’essere smaltito come rifiuto speciale, rappresentando una doppia perdita.
La differenza tra Milac e Imilac
Ed è qui che entra in gioco Mileutis, perché i due prodotti dell’azienda vengono utilizzati in alternativa agli antibiotici, essendo efficaci nel fermare le infezioni e ridendo l’uso di antibiotici sino al 90%.
“Mileutis”, assicurano gli Iscovich, “aiuta gli allvatori ad avere un’attività lattiero-casearia più fiorente e redditizia: le vacche vengono trattate meglio, il loro latte migliora in qualità e i consumatori acquistano un prodotto più sano, quindi è una vittoria a tutto tondo”.
La differenza tra i due prodotti è presto detta: Milac viene utilizzato per trattare le mastiti durante l’allattamento, mentre Imilac è specifico per vacche che vanno in asciutta. “In entrambi i casi”, aggiungono gli Iscovich, “si tratta di prodotti sicuri, derivati da proteine del latte e sono una buona soluzione sia per la salute bovina che – a lungo termine – per quella umana”.
Il riconoscimento della Fairr
Nell’agosto scorso la Mileutis ha ricevuto dalla Fairr (Farm Animal Investment Risk & Return) il riconoscimento di leadership di settore nella lotta contro la resistenza agli antibiotici.
Nel suo rapporto Fairr ha deciso di profilare Mileutis come “un’azienda che offre un’alternativa alla diffusione di antibiotici nel settore della salute degli animali”.
Il rapporto di Mileutis sostiene che l’azienda israeliana “sta assumendo un ruolo guida nella lotta alla resistenza antimicrobica”. Afferma inoltre che nell'”affrontare la sfida globale della resistenza antimicrobica, i prodotti Mileutis hanno molti vantaggi per gli allevatori, i consumatori, l’ambiente e le stesse vacche da latte”.
8 novembre 2021