In varie parti d’Italia e del Mondo, ieri, domenica 22 maggio, è stata celebrata la Giornata mondiale della Biodiversità. Per onorarla, l’Associazione Allevatori della Regione Sardegna ha voluto sottolineare quanto l’isola (nonostante le molte produzioni “spinte”, e con razze specializzate) sia ancora popolata di diverse razze autoctone, per la precisione dodici.
Per la precisione, tre sono quelle bovine (Sarda, Bruno-Sarda, Sarda-Modicana), due le ovine (Sarda e Nera di Arbus), due le caprine (Sarda e Sarda primitiva), una suina (Sarda), due equine (Giara e Sarcidano) e due asinine (Sarda e Asinara).
Si tratta di “un importante patrimonio”, spiega l’associazione in un comunicato, “che necessita di continua salvaguardia, ma anche di una valorizzazione delle produzioni” che in larga parte viene offerta alle aziende dai tecnici, attraverso controlli funzionali svolti per monitorare lo stato degli allevamenti e degli animali.
La questione muta, di razza in razza, quando si passa a valutare le diverse consistenze delle varie popolazioni animali, con una razza diffusissima, con milioni di capi, razze abbastanza diffuse, con migliaia di esemplari, e razze a rischio di estinzione, con poche centinaia di animali.
I dati in possesso dell’Aars parlano chiaro: la consistenza dei bovini di razza Sarda ad esempio sarebbe pari a 25.993 capi, mentre i bovini di razza Bruno-Sarda sarebbero 34.073 capi. Molti di meno quelli di Sarda-Modicana, con 2.253 capi.
Per quanto riguarda i capi ovini, quelli di razza Sarda sono davvero tanti – due milioni e mezzo – mentre quelli di razza Nera di Arbus appena 9.316 capi. Poche in confronto le capre: quelle di Sarda raggiungono i 13.299 esemplari, mentre quelle di Sarda primitiva si fermano a 7.954.
Destano preoccupazione per l’esiguità del patrimonio genetico rimasto, i maiali di razza Sarda, che sono appena 390, i cavallini della Giara, con 542 esemplari, e il Cavallo del Sarcidano con soli 102 capi. Tra gli asini, 380 appartengono alla razza dell’Asinara e 2.980 all’Asino Sardo.
Ad uscire da una dimensione esclusivamente numerica ci prova il presidente dell’associazione, Luciano Useli Bacchitta, che sottolinea come «il sistema allevatori ha attivato due importanti iniziative». La prima di esse è «il progetto Leo (Livestock Environment Opendata), avviato nel 2018, che procede verso la realizzazione di una piattaforma digitale per la zootecnia italiana che si preannuncia unica nel suo genere ed è sviluppata grazie all’attività di Aia (Associazione Italiana Allevatori), assieme a partner di prestigio quali Università, Istituti Zooprofilattici e altri Enti di ricerca, sotto la supervisione del ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, in qualità di Autorità di gestione».
«L’altro progetto», conclude così Useli Bacchitta, è stato «concepito interamente per preservare la biodiversità dei nostri animali di interesse zootecnico e dell’ambiente in cui vivono» ed «è stato denominato Allevamento Custode».
23 maggio 2022