La mastite fa meno paura, grazie al nuovo protocollo scientifico della Lincoln University

Veterinario in una stalla di bovine
foto Tomasz Jagielski©

Della mastite delle bovine da latte abbiamo parlato su queste pagine più volte (nel 2020 e nel 2017, ad esempio), come di una grave infezione batterica che – soprattutto negli allevamenti intensivi – colpisce le mammelle delle vacche e provoca dolori agli animali e un calo della quantità e della qualità del latte. E costringe spesso gli allevatori a smaltire la materia prima per carica batterica o presenza di farmaci oltre i limiti consentiti.

La malattia, fortemente legata alle iperproduzioni, viene curata, in genere con terapie antibiotiche – e talvolta con soluzioni alternative, come l’ozonoterapia o la spettrometria di massa – e può gravare molto sui costi delle aziende, per la perdita di latte e più in generale per la situazione sanitaria della stalla.

Su questa problematica la comunità scientifica mondiale è impegnata da anni nella messa a punto di piani e terapie di contrasto e prevenzione. Tra le molte ricerche, una recente, prodotta da un gruppo di lavoro della Lincoln University, nell’omonima città della regione di Canterbury, in Nuova Zelanda, potrebbe aver trovato un modo per individuare la malattia nelle sue fasi iniziali.

Utilizzando i dati di un allevamento di bovine da latte con un impianto di mungitura robotizzato, hanno costruito un modello computerizzato in grado di rilevare i primi segnali premonitori di mastite negli animali in lattazione.

Nel presentare i risultati conseguiti, la coautrice dello studio, Prof. Sandhya Samarasinghe, ha affermato che «utilizzando il modello da noi messo a punto, il trattamento delle vacche con l’infezione in atto potrebbe essere sottoposto a terapia molto prima di quanto avvenga comunemente», con una terapia della durata di dieci giorni.

«Man mano che la malattia progredisce», ha proseguito Samarasinghe, «il sangue entra nel latte e quindi quella che chiamiamo conduttività elettrica, la capacità del latte di far passare l’elettricità, è una specie di indicatore che il sangue è entrato nel latte».

«Abbiamo quindi usato la conduttività elettrica del latte», ha aggiunto la ricercatrice, «come indicatore della progressione della malattia. Inoltre, abbiamo accertato che man mano che la malattia progredisce (sin dal suo primissimo stadio, ndr), la produzione di latte diminuisce. Conduttività e riduzione della resa sono quindi i due principali indicatori dello sviluppo della mastite», sin dai suoi primissimi stadi evolutivi.

Samarasinghe ha affermato che i robot mungitori utilizzati nel corso dello studio hanno anche registrato il tempo e la qualità della mungitura: quando una mucca ha la mastite, la mungitura è più dolorosa e la mucca tenderà ad evitare il robot, o trascorrerà meno tempo in mungitura. Il latte prodotto sarà inoltre più denso rispetto al normale, già nei primissimi stadi dell’infezione.

Supportando i ricercatori attraverso il programma denominato “Mycoplasma Bovis“, le autorità sanitarie locali hanno messo a punto un piano di eradicazione che include l’isolamento della stalla, il fermo della movimentazione, l’abbattimento dei soggetti colpiti più seriamente dalla mastite, e il successivo ripopolamento, secondo i rigorosi protocolli adottati nel Paese.

20 giugno 2022