Cresce in tutto il mondo l’interesse dei consumatori per le bevande vegetali e per fortuna aumenta anche il livello d’attenzione che il mondo accademico ha per esse: lo dimostrano una gran quantità di studi scientifici che, settimana dopo settimana, ci permettono di fare luce sull’effettiva qualità di quei prodotti.
Tra i più recenti appare illuminante quello del Riddet Institute (si occupa di “ricerca alimentare fondamentale e avanzata“) della neozelandese Massey University, pubblicato di recente sulla rivista “Frontiers in Nutrition” e intitolato “Nutritional assessment of plant-based beverages in comparison to bovine milk” (“Valutazione nutrizionale delle bevande a base vegetale rispetto al latte bovino“).
Il lavoro degli scienziati neozelandesi ha valutato i profili nutrizionali di varie tipologie di bevande vegetali (di soia, avena, mandorle, riso, cocco, etc.), confrontandoli con il latte vaccino rispetto al quale tutte – alcune più sfacciatamente, altre meno – vengono proposte come alternative.
Per impostare la ricerca gli studiosi hanno fatto ciò che ogni consumatore potrebbe fare: acquistando le bevande nei supermercati della città che ospita l’istituto – Palmerston North – in numero e varietà rilevanti, per un totale di 103 prodotti diversi.
Ad una sommaria analisi visiva tutti i prodotti hanno evidenziato la presenza di una sedimentazione più o meno importante: un particolare non secondario, che porta a domandarsi quali differenze nutrizionali ci siano tra la parte depositata sul fondo delle confezioni e la parte in sospensione.
I test sono stati compiuti sia su prodotti non agitati che previa agitazione: un’operazione che non tutti i consumatori compiono, e che di certo è estranea al consumo di latte di origine animale.
Di ogni campione di bevanda vegetale i ricercatori hanno analizzato i venti principali contenuti nutrizionali, inclusi il contenuto di energia, grassi, proteine, aminoacidi, aminoacidi biodisponibili e oligoelementi.
La valutazione merceologica di tutti i campioni acquistati ha portato a concluere che siamo di fronte ad una tipologia di prodotto più costosa rispetto ai latti di origine animale, con contenuti nutrizionali dichiarati (in etichetta) molto variabili tra le varie tipologie e all’interno delle stesse tipologie.
Tra tutti i prodotti analizzati, quelli a base di soia sono risultati i meno diversi dal latte, mentre tutte le altre tipologie sono state caratterizzate da meno di 1,1 grammi di proteine per 100 millilitri.
Lo studio ha inoltre evidenziato che molti campioni vengono fortificati con calcio, tanto da portare questo ad una concentrazione simile a quella dei latti in commercio. I campioni sottoposti a test – agitati e non agitati – hanno mostrato contenuti di proteine e calcio diversi per diversi prodotti, senza mai avvicinarsi a quelli dei latti di origine animale.
Per quanto diversi da quelli del vero latte, la disponibilità dei contenuti nutrizionali delle bevande di origine vegetale dipenderà dal fatto che il prodotto sia stato o meno agitato al momento del consumo.
“Complessivamente”, spiegano gli studiosi, “i nostri risultati dimostrano la diversità nella composizione e nelle proprietà nutrizionali delle bevande vegetali disponibili in Nuova Zelanda. Sebbene i dati sull’impronta ambientale esistenti su questi prodotti mostrino che generalmente hanno emissioni di carbonio inferiori rispetto al latte, è bene precisare che il latte attualmente rappresenta circa l’1% delle emissioni basate sul consumo medio dei residenti in Nuova Zelanda”.
“Fatta eccezione per la bevanda a base di soia fortificata con calcio”, concludono, “nessuna delle bevande vegetali in commercio è caratterizzata da composizioni nutrizionali sostanzialmente paragonabili al latte”.
12 settembre 2022
Per maggiori dettagli, lo studio è consultabile sia in originale (lingua inglese) che nella traduzione in lingua italiana (traduzione automatica con Google Translation)