![Un tecnico dell’Inrae esegue una campionatura di erbe in un pascolo](https://www.qualeformaggio.it/wp-content/uploads/2022/09/1842B597-F3F1-4DD6-AA5D-FC602E529B25-300x200.jpeg)
In questa prima parte di 2022, per vari e contingenti motivi – l’aumento dei costi di gestione dell’azienda agrozootecnica, il cambiamento climatico, la sostenibilità ambientale – molti operatori del settore lattiero-caseario ha mutato il proprio sguardo nei confronti di soluzioni agroecologiche, laddove disponibili. Dai prati polifiti alle varie tecniche di foraggicoltura e pascolamento, allevatori e tecnici hanno ripreso a considerare di più o con maggiore attenzione opzioni in precedenza sottovalutate o scartate a priori. Ma non solo.
A sottolineare che – al di là del valore agronomico dei prati – è importante tenere conto della loro biodiversità, che costituisce il “motore” del funzionamento dell’ecosistema, arriva il francese Inrae (Institut National de Recherche pour l’Agriculture, l’alimentation et l’Environnement), uno degli enti di ricerca più accreditati in Europa in questo settore.
Venerdì scorso 23 settembre, sul sito dell’istituto è stato infatti pubblicato un interessante articolo (“Prairies: une complémentarité de fonction et d’usages”; in italiano “Praterie: complementarietà di funzioni e usi”) che – prendendo come spunto i molti e diversi prati del Massiccio Centrale francese – ci aiuta a capire una risorsa fondamentale “per affrontare le sfide del cambiamento climatico e della transizione agroecologica”.
“Negli ultimi anni”, spiegano i ricercatori francesi, “la visione del valore di un pascolo incentrato esclusivamente sulla resa annuale di foraggio o sulla densità energetica e proteica dell’erba si è evoluta. Un numero crescente di lavori scientifici e studi tecnici hanno mostrato l’interesse dei prati seminaturali a flora diversificata, per la loro flessibilità d’uso, la loro appetibilità, il loro contributo al valore organolettico e tecnologico dei prodotti animali (formaggi, latte, carne), ma anche alla salute degli animali e dell’uomo”.
“Un recente lavoro in ecologia”, continua l’articolo dell’Inrae, “mostra anche che gli ecosistemi con un’elevata diversità tassonomica o funzionale hanno una migliore efficienza nell’uso delle risorse (acqua, minerali, luce) grazie alla complementarietà delle strategie delle specie che li compongono. Questa complementarietà biologica è anche alla base della loro resilienza, cioè della loro capacità di “riprendersi” a seguito di un “disturbo”, come ad esempio un evento climatico estremo. Questa proprietà è particolarmente importante per gli allevatori dal punto di vista del mantenimento della funzione produttiva”.
L’articolo, di grande rilevanza per chi sia minimamente interessato a questa materia, dipana la sua narrazione trattando delle diversità e specificità di vari tipi di pascolo, dell’interazione tra fattori ambientali e fattori gestionali, del ruolo-chiave che in questo senso esercita l’allevatore (con fertilizzazioni, metodo di pascolamento, specie allevate, calpestamento, etc.).
Allo stesso tempo la variabile della biodiversità delle praterie andrà considerata in funzione dei processi ecologici che sottendono alla fornitura di servizi ecosistemici di cui beneficiano le società umane: una questione che incide sulla stabilità della qualità del foraggio (un fronte su cui si può decidere di operare in un modo piuttosto che in un altro in ragione della tipologia di prato e del tipo di foraggio che se ne vuole ottenere, considerando i vari margini di rischio legati ad esempio al cambiamento climatico) e sulla qualità dei prodotti finali (le varie tipologie di prato si adatteranno di più e meglio, ad esempio, alle varie tipologie di formaggi che si vorranno ottenere).
“Prati molto diversificati, spesso tardivi”, spiega l’articolo, “danno formaggi a pasta più soda, mentre prati più giovani o precoci danno formaggi a pasta più fondente”.
Il lavoro e le tesi addotte mostrano quindi l’importanza della modalità di utilizzo del pascolo, che può essere pascolato e/o sfalciato, incidendo ad esempio sulla percentuale delle specie più ricche di composti aromatici. “Ad esempio i terpeni”, spiegano i ricercatori dell’Inrae, “molto presenti nelle specie dicotiledoni delle praterie permanenti (finocchio alpino, achillea, petit boucage, timo selvatico) incidono sull’attività dei microrganismi durante la stagionatura dei formaggi. Il risultato è un’interessante tipicità nel gusto”. La composizione botanica inciderà quindi sul legame oggettivo con il “terroir” e potrà garantire quelle caratterizzazioni naturali tanto apprezzate da una parte dei consumatori (e apprezzabili laddove il produttore e/o il rivenditore sappia/sappiano valorizzare, con la narrazione, le tipicità peculiari dei propri prodotti con tutti i valori che esse portano con sé).
Il pezzo si conclude evidenziando i molti progetti scientifici sviluppati a favore delle comunità locali e dei consumatori, attraverso vari strumenti offerti agli allevatori. Sono messi a loro disposizione ad esempio miscugli di sementi autoctone per rigenerare le praterie, laddove necessario (video, qui di seguito).
26 settembre 2022
Per approfondire (fonti Inrae):
Aromatic and microbiological signature of natural grasslands (“Firma” aromatica e microbiologica delle praterie naturali)
Prairies et changement climatique (Praterie e cambiamento climatico)
Sécheresse : focus sur les prairies permanentes (Siccità: concentrarsi sulle praterie permanenti)