Il clima mina produzione e salute del bestiame: la soluzione arriva dalla genetica

Vacca di razza Frisona
foto Università Cattolica di Piacenza©

Gli animali – da latte e da carne – hanno trovato nel caldo torrido di queste ultime estati uno dei principali fattori di rischio per i loro livelli produttivi e per il loro stesso benessere. A studiare questa criticità si sono cimentati, di recente, i ricercatori dell’Università Cattolica, Campus di Piacenza, che al termine di una sperimentazione nell’ambito della genomica hanno diffuso i risultati in un articolo pubblicato sulla rivista scientifica “Animals”.

In sostanza gli studiosi si sono messi a “caccia” di geni in grado di rendere bovini e ovini – tra le razze allevate nel nostro Paese – resistenti al cambiamento climatico, al caldo torrido e alla siccità.

A renderlo noto è un comunicato stampa dello stesso ateneo, che sottolinea quanto sia “a rischio la sopravvivenza stessa di molte razze locali” e “quanto ingenti siano le perdite economiche per la filiera produttiva”. Non da meno, un terzo rischio incombe su questi animali, tutt’altro che trascurabile, ed è legato all’”arrivo di nuove malattie che possono colpire seriamente il bestiame”.

Pecora di razza Noir de Thibar
Pecora di razza Noir de Thibar – foto dal sito web del progetto Scala-Medi©

La soluzione, dicevamo, è quindi nei geni che controllano l’adattamento al caldo, presenti nel Dna di alcuni capi e razze di bestiame più “fortunati”. L’obiettivo della ricerca è quello di individuarli, riprodurli e trasferirli nel genoma delle razze maggiormente diffuse nel nostro Paese.

“La genomica”, spiega il Prof. Paolo Ajmone Marsan del Diana (Dipartimento di scienze Animali, della Nutrizione e degli Alimenti) dell’Università Cattolica di Piacenza, “può aiutare a salvare gli allevamenti dai cambiamenti climatici. Da alcuni anni i programmi di miglioramento genetico nazionali hanno cambiato gli obiettivi di selezione delle specie zootecniche, favorendo animali più robusti, oltre che molto produttivi”.

“La selezione tradizionale”, spiega Ajmone Marsan, “produce ottimi risultati ma in tempi lunghi, almeno di cinque anni. La genomica, cioè lo studio dettagliato del Dna degli animali, ha quasi triplicato la velocità della selezione”.

“Attraverso lo studio del Dna”, spiega il professore del Diana, “sono stati già individuati geni che aiutano gli animali ad adattarsi meglio a climi ostili. Ad esempio in alcuni bovini dei Caraibi è stato isolato il gene “slick”, che determina l’accorciamento del pelo e una serie di cambiamenti fisiologici che rendono gli animali estremamente resistenti al caldo”.

“Questa mutazione”, conclude Ajmone Marsan, “è stata introdotta nella razza Holstein in Florida e ha dimostrato di essere efficace. Un obiettivo potrebbe essere l’inserimento di “slick” negli allevamenti italiani, utilizzandolo nei programmi di selezione”.

Altri studi si stanno occupando della stessa materia, in campo internazionale; tra di essi va menzionato lo Scala-Medi, che vede coinvolti centri di ricerca europei (Francia e Italia, proprio con l’Università Cattolica di Piacenza, oltre che Agris Cmcc, Cnr-Ibba, Nat4) e nordafricani (Algeria, Marocco, Tunisia), intenti a studiare la genetica dell’adattamento in ovini e avicoli nordafricani e del bacino del Mediterraneo.

L’obiettivo principale di Scala-Medi è quello di studiare e valorizzare la capacità di adattamento delle razze locali nordafricane a climi estremi, in particolare molto caldi e secchi, come quelli sahariani. “La comprensione dei meccanismi genetici ed epigenetici di adattamento al clima”, spiegano gli studiosi, “è importante per pianificare programmi di miglioramento genetico e genomico che aumentino l’efficienza delle produzioni delle razze locali, senza comprometterne le caratteristiche adattative”.

3 ottobre 2022