Iatp: “Si intervenga su industrie di latte e carne prima che sia tardi”

La zootecnia intensiva secondo lo Iatp
immagine Institute for Agriculture & Trade Policy©

Le quindici major mondiali del lattiero-caseario e della carne inquinano come tutti i Paesi dell’Ue, o poco meno. Ad affermarlo, martedì scorso 15 novembre, attraverso la pubblicazione del report “Emissions impossible, Methane Edition”, è l’Iatp (Institute for Agriculture & Trade Policy), Istituto per l’agricoltura e la politica commerciale, un’organizzazione senza fini di lucro che promuove sistemi alimentari, agricoli e commerciali sostenibili.

“La misura in cui queste quindici aziende stanno inquinando il nostro pianeta”, spiegano i responsabili dell’istituto, “è sconcertante, e le loro emissioni sono in aumento. Chiediamo ai Governi di emanare regole efficaci per regolamentare le emissioni dei produttori di carne e latticini e sostenere gli allevatori in una giusta transizione dall’agricoltura industriale all’agroecologia”.

La mappa delle big del food, leader dell’inquinamento mondiale
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Il rapporto – elaborato su cinque dei più grandi produttori di carne e dieci delle maggiori industrie lattiero-casearie – evidenzia che il metano generato da queste aziende corrisponde all’11% del totale mondiale prodotto (12,8 milioni di tonnellate) dal bestiame e al 3,4% di tutte le emissioni globali di metano antropico. “Il potere climalterante del metano”, spiega il documento, “è 82,5 volte maggiore rispetto a quello dell’anidride carbonica, nei primi venti anni in cui resta in atmosfera”. Per questo motivo intervenire oggi sulle emissioni di metano permetterebbe di raggiungere risultati apprezzabili già nel breve periodo, incidendo positivamente sul riscaldamento globale di qualche decimo di grado: un obiettivo intermedio rilevante anche ai fini del raggiungimento degli obiettivi climatici al 2030.

La scorrettezza delle grandi aziende

La scorrettezza con cui operano queste aziende – a partire da una trasparenza inesistente – lascia intendere che le medesime sono consapevoli di ciò che stanno causando al futuro del pianeta: i dati ufficiali che le medesime hanno sinora reso disponibili non permettono di misurare con precisione le loro emissioni di gas serra. Appena sei di esse dichiarano integralmente le proprie emissioni. “Nessuna”, sostengono i ricercatori di Iatp, “pubblica informazioni sulle emissioni di metano delle proprie filiere. I risultati sono stati quindi stimati sulla base dei dati disponibili pubblicamente sulla produzione di carne e latte e sulle pratiche di allevamento regionali”.

La scienza del metano
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“Il cambiamento climatico”, sottolinea il documento dell’Iatp, “sta provocando il caos a livello globale attraverso eventi meteorologici più frequenti ed estremi (inondazioni, incendi) e processi climatici a lenta insorgenza, come siccità, desertificazione e innalzamento del livello del mare. La perturbazione climatica sta già colpendo gli agricoltori di tutto il mondo, poiché i nostri sistemi agricoli dipendono in modo univoco da condizioni climatiche stabili. Più le temperature globali aumentano, più allarmante diventerà la compromissione della produzione alimentare”.

Per intervenire su questa drammatica situazione servono tagli immediati su queste criticità, e i tagli delle emissioni di metano sono ritenuti decisivi per evitare sia il superamento della temperatura che i pericolosi punti di non ritorno. “Secondo il Global Methane Assessment del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente”, sottolinea il report, “le emissioni di metano dovrebbero essere ridotte di almeno il 40-45% in questo decennio. L’allevamento è la principale fonte singola di metano, responsabile di circa il 32% delle emissioni antropogeniche di metano”.

Le responsabilità dei Governi

A causa dell’endemica mancanza di trasparenza e di un profondo vuoto di responsabilità in cui operano le grandi industrie del settore, le analisi indipendenti relative alle emissioni dei loro allevamenti possono essere intese solo come stime elaborate sulla base delle informazioni disponibili. “Questo è un motivo fondamentale”, insistono gli estensori del rapporto, “per cui i Governi devono richiedere una comunicazione coerente e completa delle emissioni e operare una verifica indipendente di tali emissioni. Sebbene si possano adottare ipotesi ragionevoli sui giorni operativi e sull’utilizzo della capacità sulla base di informazioni pubbliche limitate sulle norme del settore dell’allevamento, solo le aziende stesse sanno quanti animali effettivamente macellano e quanta carne producono effettivamente ogni anno”.

“Per questo motivo”, concludono i responsabili dell’Iatp, “chiediamo ai governi di richiedere alle industrie di divulgare i dati sulla macellazione degli animali, la loro portata completa delle emissioni e la verifica indipendente di tutti i loro rapporti sul clima”.

Cosa deve fare la politica per il cambiamento

Cinque in sostanza i punti che il documento chiede ai Governi di affrontare:

  • fissare obiettivi vincolanti di riduzione dei gas serra e del metano per il settore agricolo in linea con l’obiettivo globale di limitare l’aumento della temperatura a 1,5°C;
  • richiedere alle aziende di rendicontare in modo coerente e completo le proprie emissioni di gas serra e fissare obiettivi di riduzione delle emissioni in linea con i dettami della scienza, compreso un sistema di verifica indipendente da parte di terzi (le emissioni di metano, protossido di azoto e CO 2 devono essere comunicate separatamente);
  • attuare una transizione graduale e dal basso verso l’alto per le aziende agricole per ridurre il numero di animali, in linea con una giusta politica di transizione per la trasformazione del settore dell’”agricoltura animale”;
  • regolare tutti gli inquinanti (oltre al metano) dalla produzione industriale di massa di bestiame per facilitare una transizione da questo modello di agricoltura animale verso l’agroecologia;
  • riformare la politica agricola (Pac nell’Ue, Farm Bill negli Usa, etc.) per sostenere risultati ambientali e sociali più elevati e guidare una trasformazione agroecologica del settore, allontanandosi dalla produzione di bestiame industriale di massa verso sistemi di allevamento sani per il pianeta e le persone (ciò include l’eliminazione dei sussidi per la produzione di massa di cereali da foraggio e la subordinazione del sostegno all’agricoltura a risultati ambientali e sociali positivi).

Le quindici big analizzate nel rapporto

Le quindici big analizzate nel rapporto (raggruppate per settore è in ordine alfabetico) sono Arla (Danimarca), Danone (Francia), Dfa (Usa), Dmk Group (Germania), Fonterra (Nuova Zelanda), Friesland Campina (Olanda), Lactalis (Francia), Nestlé (Svizzera), Saputo (Canada) e Yili (Cina) per il lattiero-caseario; Danish Crown (Danimarca), Jbs (Brasile), Marfrig (Brasile), Tyson (Usa) e Wh Group (Cina) per il settore della carne.

21 novembre 2022

Qui è disponibile la versione originale del report “Emissions impossible, Methane Edition””; qui la sua traduzione con Google Translate