Il Parco Archeologico di Pompei apre i battenti alle pecore e lancia l’”eco-pascolamento”

Pecore nel Parco Archeologico di Pompei
foto Parco Archeologico di Pompei©

Ci sono centocinquanta pecore, da giovedì soccorso, 24 novembre, nell’area verde degli scavi di Pompei, in una porzione non ancora scavata dagli archeologi. Brucano sopra ad uno strato di cenere e lapilli mai ispezionato sinora, dove nei secoli s’è depositato un consistente strato di terra e dov’è cresciuta una estesa vegetazione da manutenere.

«A volte», spiega il direttore del parco archeologico, Gabriel Zuchtriegel, «l’innovazione più grande è il ritorno alle nostre radici. Così Pompei, attraverso il recupero della più antica ed efficiente tecnologia di tradizione, la “natura”, affronta in maniera sostenibile la gestione e la manutenzione degli spazi verdi del sito».

Il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel
Il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel

L’accordo per un periodo di prova per le attività di “eco-pascolo” (così vengono definite dalla direzione del parco, ndr) ha una durata di nove mesi e consentirà il mantenimento a costo zero delle superfici a prato, nel pieno rispetto delle caratteristiche naturalistiche delle aree, assicurando il contenimento della crescita delle erbe e la concimazione naturale dei terreni.

“Si tratta”, spiega una nota stampa dell’ente, “di un metodo alternativo e altamente efficace, che sfrutta la capacità delle greggi di ripulire e bonificare i prati, garantendo risparmio e al contempo influendo sull’ impatto ambientale. Le pecore non necessitano di energia elettrica quanto un macchinario, pertanto non c’è nessun costo né alcun inquinamento”.

In sostanza, oltre alle emissioni generate da motori a scoppio di tagliaerba e decespugliatori, si eviterà di dover gestire erba che, se tagliata con macchinari, è a tutti gli effetti un rifiuto da smaltire.

“Una pecora, invece”, spiegano alla direzione del parco, “ingerisce l’erba che rumina, e la ricicla fertilizzando il prato che, ricco di materia organica e microrganismi è la migliore assicurazione contro allagamenti e siccità. Del tutto superflui, inoltre, gli erbicidi”.

Un’attività agricola, quindi, che si aggiunge alle precedenti avviate nel sito archeologico più importante della Campania, dove da anni i vigneti producono vino e gli ulivi olio extravergine d’oliva, in collaborazione con Unaprol e Aprol Campania. Sempre nello stesso territorio, un programma di rimboschimento, avviato con Arbolia (il “Bosco antico di Piazza Anfiteatro”, presso la Villa di Diomede) si affianca ai progetti di agricoltura sociale, con la raccolta della frutta curata dai bambini e ragazzi con disabilità varie.

Nell’ambito poi dei percorsi formativi, l’associazione Il Tulipano cura i progetti di avviamento al lavoro presso il Vivaio della Flora Pompeiana, che riproduce specie ed essenze secondo precisi riferimenti storici e archeologici. Tutte queste attività, quindi, insieme al pascolamento – o come si chiama qui, eco-pascolo – si inseriscono nel più ampio progetto di Azienda Agricola Pompei, che il Parco archeologico ha così messo in campo.

Quello dell’area non ancora scavata del Parco Archeologico di Pompei diventa così un progetto di riferimento per tutte le aree archeologiche del Paese e per gli enti che le amministrano. Un progetto finalizzato ad una gestione autosufficiente dell’immenso patrimonio naturale di cui le aree archeologiche sono custodi, avendo tra gli altri, l’obiettivo di portare queste attività produttive ad essere il motore dello sviluppo economico locale, sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale e legale.

28 novembre 2022